Fase 2, ripartiamo con i bambini. Loredana Poli: “L’estate sarà un banco di prova”

C’è stata – e ancora c’è – l’emergenza sanitaria, a cui si sta rapidamente sovrapponendo quella economica e imprenditoriale; la situazione in cui si trovano milioni di bambini e di adolescenti da quando sono state chiuse le scuole ha però ricevuto finora, da parte della “politica alta”, meno attenzione (anche se il presidente del Consiglio Conte ha accennato recentemente all’eventualità di riaprire a titolo sperimentale i nidi e le materne). Loredana Poli, assessora all’Istruzione del Comune di Bergamo, ha invece pubblicato in Internet una sua riflessione su questo tema: per accedere al testo, intitolato La scuola nell’emergenza COVID19, a Bergamo ripartiamo con i bambini, potete cliccare qui.

Assessora, ricordiamo che il Comune è competente per le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Nel testo che ha pubblicato lei sostiene che nei prossimi mesi, a Bergamo, le attività educative e ricreative per i bambini potrebbero costituire una «prova estiva» in vista della riapertura delle scuole, per evitare che si arrivi a settembre impreparati. Prima di affrontare questo punto, ci potrebbe ricordare quali iniziative avete già avviato in questo periodo di lockdown?

«Tra le altre cose, abbiamo organizzato un’assistenza educativa a distanza per ragazzi e bambini con disabilità, su richiesta delle famiglie. Collaborando con altre analoghe iniziative, prima fra tutte quella della Caritas, abbiamo aiutato le scuole a provvedere di device e connessioni Internet quegli alunni che altrimenti avrebbero rischiato di restare esclusi dalla didattica online. Per i ragazzi dagli 11 ai 19 anni, gli educatori degli Spazi Giovanili di Quartiere propongono Close(d) to you, un programma di attività in orario pomeridiano che vanno dal fitness alla musica, dalla cucina ai giochi a quiz».

L’impressione è che a livello governativo, dopo aver deciso la «serrata» delle scuole, si sia rimasti perlopiù in attesa di vedere come evolvesse la situazione dei contagi. Concorda con questo giudizio? 

«Le posso dire come ci si è mossi a livello di amministratori locali. Con la “commissione istruzione” dell’ANCI, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, ci si è posti da tempo la questione dei modi per venire incontro ai bisogni dei bambini e delle loro famiglie, sia dal punto di vista pratico (pensiamo a quei genitori che dovendosi recare al lavoro non sanno bene a chi affidare i figli), sia da quello propriamente educativo. È naturale – mi sembra – che gli amministratori locali abbiano una percezione diretta, più chiara delle esigenze concrete dei cittadini. Anche a seguito delle richieste dell’ANCI, il governo sta predisponendo un “piano per l’infanzia” a cui saremmo felici di portare un ulteriore contributo. Colpisce comunque che precedentemente, nei decreti ministeriali relativi all’emergenza coronavirus, la parola “bambini” proprio non comparisse».

In effetti, si è introdotto il bonus baby sitter, per i genitori che non hanno nessuno a cui lasciare i figli…

«È vero, e si è prevista la possibilità del congedo parentale, che però non potrà essere rinnovato indefinitamente. Credo che si dovranno inventare altri strumenti. Pensiamo, a titolo di esempio, alle proposte di “welfare aziendale” che da molte parti erano state avanzate negli scorsi anni. Mi rendo conto che attualmente molte aziende si trovano in una situazione critica, per mancanza di liquidità. Penso però che varrebbe la pena di unire le forze e di immaginare insieme dei modi inediti per venire incontro alle esigenze dei lavoratori con figli. Facendo così, magari si renderebbero anche disponibili delle risorse che, procedendo isolatamente, non sarebbero accessibili».

A proposito di decreti: si è discusso e ironizzato molto sulla possibilità, a partire dal 4 maggio, di spostarsi per incontrare dei «congiunti». Lei ha pubblicato, in Facebook, una sua considerazione su questo punto.

«Mi domando se questa formula degli “spostamenti per incontrare congiunti” non sia stata inclusa, nel DPCM dello scorso 26 aprile, anche per lasciar intravedere ai padri e alle madri che lavorano la possibilità di accompagnare i bambini da parenti e nonni, al mattino, per poi andarli a riprendere alla sera. Questo anche se gli anziani – come si sa – andrebbero particolarmente preservati dai rischi di contagio. Il mio timore è che le responsabilità relative all’accudimento e all’educazione dei bambini vengano sempre più scaricate sui singoli nuclei familiari, lasciandoli di fatto soli. Anche da alcuni segnali che mi sono giunti da ambienti del ministero dell’Istruzione, mi pare che qualcuno stia già mettendo le mani avanti, in vista di settembre: si accenna al fatto che la scuola dell’infanzia non è scuola dell’obbligo e che assicurare le misure di distanziamento, in presenza di bambini piccoli, è assai complicato… Spero però che si tenga conto della necessità di trovare una soluzione».

Che non sia quella di tenere le scuole dell’infanzia chiuse, a settembre?

«Non ritengo che questa sia una soluzione accettabile. Non possiamo limitarci a coprirci le spalle: il problema di che cosa fare con i bambini va affrontato dalla collettività, non solo dalle famiglie. Tutti insieme dovremmo domandarci: quali potrebbero essere le strategie per assicurare, nei mesi a venire, un’effettiva fruizione del servizio scolastico ed educativo? Potremmo immaginare risposte diversificate, anche alternative, variabili nei contesti territoriali e flessibili nel tempo in rapporto all’andamento della pandemia. Troviamoci, discutiamone».

Lei aveva accennato a un «piano per l’infanzia» elaborato dal governo. 

«L’ANCI, con un approccio molto collaborativo, ha avanzato diverse proposte e segnalato alcune criticità che andrebbero risolte. A livello locale, avendo dei parametri organizzativi e di sicurezza su cui ragionare, potremmo procedere a una riorganizzazione dei servizi, anche stabilendo delle “alleanze di territorio” che coinvolgano più soggetti, con le rispettive risorse. Pur nella negatività del momento, questo sarebbe un passaggio interessante, di prospettiva. Potremmo istituire un patto educativo di territorio con enti, cooperative e associazioni qualificate; potremmo valorizzare, per esempio, il filone dell’outdoor education, utilizzando degli spazi all’aperto».

I prossimi mesi estivi rischiano di risultare «vuoti» per molte famiglie con bambini: se anche verranno allentati i vincoli agli spostamenti, ci sarà gente che, per ragioni economiche, non potrà permettersi di andare in vacanza. 

«Io ho rivolto un appello a tutti soggetti che si occupano, a Bergamo, di educazione dei bambini e dei ragazzi: si tratta di elaborare un palinsesto che parta da una mappatura di tutti gli spazi che abbiamo a disposizione in città, dalle scuole ai parchi, dagli spazi ricreativi agli impianti sportivi. Questa idea ha già raccolto molte adesioni: ricordo, tra le altre, quelle di diverse scuole paritarie, di tante piccole associazioni, del Consorzio Sol.Co Città Aperta, dell’ufficio diocesano per la Pastorale dell’età evolutiva, del Centro Sportivo Italiano e dell’Unione Italiana Sport per Tutti. In molti, insomma, mi hanno voluto dire: “Noi ci stiamo”. Credo che, nella loro autonomia, anche le scuole statali potrebbero aderire al progetto, promuovendo attività di recupero o laboratoriali. Però – ripeto – abbiamo bisogno di precise indicazioni a livello organizzativo e sanitario: non sappiamo ancora se le attività dovranno essere svolte entro gruppi piccolissimi, di tre-quattro bambini, o su una scala un po’ più ampia. In ogni caso, le attività comprese in questo nostro progetto potrebbero anche costituire un bel banco di prova, in vista di settembre».

Ecco, il mese di settembre: il presidente Conte e la ministra Azzolina hanno assicurato che le scuole riapriranno. Bisognerà però pianificare per tempo la cosa, tenendo conto di molte variabili. Non solo: sarebbe anche bello se i piani in vista di una riapertura venissero resi noti in tempi brevi. Le persone sono più disponibili ad adattarsi e a collaborare, se vengono informate della direzione in cui si vorrebbe procedere.

«Personalmente sono rimasta molto colpita dal discorso che il ministro francese dell’istruzione, Jean-Michel Blanquer, ha tenuto pochi giorni fa in videoconferenza, rivolgendosi a una commissione dell’Assemblée Nationale: oltre ad annunciare l’adozione di una serie di misure di sicurezza in vista della riapertura delle scuole, ha anche detto quali provvedimenti potranno essere presi “in corso d’opera”, a seconda dell’andamento della curva dei contagi. Credo che anche noi, in Italia, dovremmo predisporre diversi possibili percorsi, percorsi che andranno rimodulati a seconda delle circostanze e dei progressi delle conoscenze scientifiche sui comportamenti di questo coronavirus. Non possiamo più permetterci, dopo aver chiuso tutto, di rimanere senza programmazioni, anche flessibili».