La pandemia e i rapporti tra le generazioni. Adulti, anziani e l’impegno di preparare il futuro

Pubblichiamo una riflessione di Ivo Lizzola su “Generazioni e pandemia, tempi diversi bussano alla porta” tratta dal numero monografico della rivista mensile Dialoghi di Azione Cattolica nazionale dedicato a “Fede e pandemia”. Offre chiavi di lettura e spunti di approfondimento per il momento complesso che stiamo vivendo. 

La pandemia vissuta nelle nostre comunità cosa apre tra le generazioni? Quali solchi, quali canali? Quale sguardo e quale sentire attiva, quale rispecchiamento? Quale distanza, quale riconoscimento? Quale desiderio, quale attesa?
Va bene osservato e ascoltato cosa passa tra le generazioni in questi giorni. Cosa è passato in queste settimane, in questi mesi. Cosa si è andato sciogliendo delle relazioni tra giovani, giovanissimi ed adulti, e anziani. Occorre vegliare dove avvengono i nuovi coaguli delle relazioni tra loro. Sono coaguli mossi dal sentire (un nuovo sentire?), e dall’incontro di tempi diversi (gli agostiniani tempi vissuti) delle diverse generazioni. Tempi che bussano alla porta, si ospitano, si allontanano, si separano…

Tempo sospeso, come se il mondo trattenesse il fiato

Un evento rompe sempre il tempo, le continuità, e le immaginazioni, le memorie. A maggior ragione un evento drammatico come una pandemia, che sospende i tempi, e il tempo del mondo. Come ne trattenesse il fiato, ne bloccasse un poco, per un “momento”, le tensioni e le energie. Per quel “momento” sincronizza i tempi. Anche tra le generazioni i tempi paiono “sincronizzarsi”, quanto meno sono messi uno di fronte alla porta dell’altro.

Cosa attendono le generazioni nel tempo della pandemia? Le generazioni adulte e più anziane in questi mesi hanno atteso e attendono anzitutto cura, protezione, sostegno per il passaggio. Sono quelle che son finite in ospedale, che sono state così rapidamente “sfoltite”, in alcune zone decimate, nelle nostre società “anziane” d’Europa. Sono quelle il cui lavoro (o la cui impresa) è messo a rischio, quelle che possono perdere le stabilità, le tutele e le “coperture” del passato. I più vecchi temono che avranno meno servizi.

La loro è attesa di non perdere, attendono delle attenzioni alla loro fragilità. Hanno colto che prestazione e cura non sono proprio la stessa cosa, che servizi e prossimità neppure. Che i loro diritti resi effettivi da tante dedizioni, dalla bontà del lavoro, dagli sguardi di riconoscimento, dalla visita, dall’ascolto prestato.

Corpi carichi di anni, un po’ sommersi un po’ salvati

I loro sono corpi ormai carichi di anni, un po’ sommersi un po’ salvati, comunque esposti, e tenuti a distanza. Corpi rinchiusi che si sentono a volte senza riparo. Che sentono quasi di non appartenersi più. Si son trovati ad affidarsi all’improvviso in tanti. Chi resisteva era chiamato a manifestarsi affidabile. Erano (sono) in mani d’altri, spesso più giovani; mani forti e mani incerte, mani attente e un po’ ansiose. Ora sentono il timore di perdere: di perdere il passato e il presente nel futuro proprio.

Alcuni certo, forse un certo numero, mentre il contagio agiva in loro o lì presso, mentre la chiusura toglieva da ruoli, luoghi professionali o sociali, potere e autonomia, hanno riflettuto, ospitalo domande, ascoltato un senso diverso. Si sono chiesti che cosa restava, sono riandati, ricapitolando tante storie e scelte, ai momenti di festa e di fierezza, di pace e di gratitudine vissuti. Quelli nei quali sono stati adulti, cioè capaci di aver cura del futuro di altri. E sono stati capaci di promessa, sapendo che vi giocavano loro stessi, generosamente capaci di fare spazio, di coltivare con altri. Hanno setacciato quel che era la loro consegna, il lascito; il dono che resisteva al tempo. Alla sua consumazione, che oggi pare così accelerata!

In un certo numero hanno colto ciò che avevano da offrire ai tempi giovani che bussano alla porta. Con la consapevolezza (quanto riuscirà a consolidarsi?) che un evento lascia macerie, anche cattive nostalgie, e può avvelenare la speranza. E che è duro e grande impegno quello di pulire il futuro, di tenerlo aperto al nuovo ed alla generazione. Perché sia un cammino di vita, e di giustizia: e nessuno sia escluso, scartato perché “incapace” o pesante.

Adulti e anziani tesi al futuro, capaci di futuro. Sapendo che lo abiteranno come futuro anteriore, come seminato. Ma saranno stati capaci, avranno avuto desiderio d’augurio e d’anticipo.

1 – Continua. Leggi qui la seconda parte.