Le fiabe della città deserta. Il canto del grillo verde

Stiamo riconquistando una nuova “normalità”, familiarizzando con le abitudini di indossare la mascherina e mantenere le distanze. Le città si sono ripopolate, la gente ha ricominciato a uscire, i negozi riaprono, si ricomincia a pensare al futuro. Continuiamo però ad addentrarci in un in un mondo diverso, nella vita “ai tempi della pandemia” e a raccontare anche questo nelle nostre fiabe in cui entra la nostra nuova quotidianità. Un modo per guardarla con altri occhi, con un pizzico di incanto e di speranza. La foto è © di Giovanni Diffidenti). Vi ricordiamo anche tutte le altre fiabe in cui abbiamo raccontato avventure di conigli, ibis sacri, agnelli, galli, cerbiatti, oche, germani reali e gatti.

Ci sono due ali unite da uno spigolo nella “v”. E’ una lettera dell’alfabeto ma anche un oggetto volante. Quando non la guardi scappa dal quaderno, si solleva nell’aria e osserva il mondo dall’alto.

V come Verde. Verde come l’insalata, come una foglia di geranio, come gli spinaci, verde come la matita. Anche il prato è verde.

Luca sbuffa. Come si fa a scrivere una storia su un solo colore? La maestra gli ha dato un compito troppo difficile. Butta il quaderno sul prato. I fogli restano aperti come le ali della “v”.

La matita sospira e ne approfitta per nascondersi sotto una foglia, ai piedi di un papavero. Da quando Luca non va più a scuola e segue le lezioni a distanza è intrattabile.

Non ha mai voglia di fare i compiti, né di scrivere “qualcosa di bello” come chiede la maestra. Le nuvole, in cielo, si rincorrono. “Beate loro” pensa lui, e se ne sta lì, sdraiato in giardino, e le guarda.

C’è una farfalla bianca che continua a svolazzargli intorno alla testa. E’ bellissima. “Tu sei libera” pensa Luca. Lui invece non può invitare a casa i suoi amici, da tanto tempo vede la maestra e i suoi compagni solo attraverso lo schermo del computer, e quando va a trovare i nonni deve mettere i guanti e la mascherina e non può neanche dargli un bacio.

A casa si sente un po’ solo. Fa caldo fuori, sembra già estate.

Dalla finestra guarda i giochi del parco: lo scivolo, l’altalena, la giostra, il dondolo. Sono tutti avvolti da un nastro bianco e rosso, perché non si possono usare.

“C’è troppo silenzio” pensa, ma proprio in quel momento si accorge che dalla siepe, poco lontano da lui, arriva un suono.

Si stende sull’erba e tende l’orecchio. E’ un canto argentino, leggero, che si ripete sempre uguale: “Cri, cri, cri”.

Luca guarda più attentamente: “Ci dev’essere un grillo, ma non lo vedo”.

“Il piccolo umano ti sta cercando” dice il papavero rosso con una voce sommessa, soffiata da un alito di vento.

“Davvero? – chiede il grillo, interrompendo la sua canzone – Come l’hai capito?”

“Guarda, si è steso sull’erba, è accucciato come un gatto che sta per spiccare un salto per mangiare un uccellino”.

“Oh, ma è terribile” rabbrividisce il grillo, pensando al povero uccellino. Che brutta razza, i gatti.

Poi riprende a cantare come se niente fosse.

“Grillo, poi non lamentarti se il bambino ti schiaccia” soffia ancora il papavero, un po’ spazientito. Quel cantastorie dalle lunghe antenne gli pesa sui petali soffici e leggeri, è un po’ stanco e quasi quasi vorrebbe che andasse via. Quando canta, però, è il momento più piacevole della giornata.

Nella sua voce vibrano le notti stellate, il sole e la luna, il cielo, i prati verdi, gli spazi aperti. Mentre ascolta il papavero sogna di vivere tante vite diverse. Come se ogni volta leggesse un libro fatto non di pagine ma d’aria, di luce, di suoni e immagini.

Il grillo continua il suo incantesimo sonoro e se ne resta lì, incurante del pericolo.

Luca non si annoia più. Ascolta anche lui la voce del grillo. Osservando meglio l’erba del giardino ha già trovato una lucertola, un’ape, una coccinella e una grossa ragnatela.

Esplora ogni centimetro del terreno e alla fine trova anche la matita verde, con la punta rotta: “Peccato, pensavo di riposare ancora un po’. Adesso mi tocca anche incontrare quel borioso del temperamatite” dice lei, infastidita. Proprio lì accanto ecco il papavero: è bellissimo, con i suoi petali di un rosso brillante. Luca vorrebbe raccoglierlo per portarlo alla mamma e allunga la mano con prudenza, per non rovinarlo.

“No, no, non farlo – sussurra il papavero con la sua voce fatta di niente, che il bambino non può sentire -. Ti prego, lasciami qui nel prato”.

Questa storia non è ancora finita, ma già il grillo incomincia a cantarla: “Cri cri, cri…C’è un bambino che vive in una casa e non può uscire: quando va a trovare i suoi nonni deve stare lontano senza poterli abbracciare. Non può andare a scuola, vedere i suoi compagni e invitare a casa gli amici. Non può nemmeno usare i giochi del parco. E’ arrabbiato con il mondo e con il virus incoronato che fa ammalare gli umani…Non vuole fare i compiti e si annoia. Ma poi, in giardino, trova un papavero…”

Luca si è fermato con la mano a mezz’aria perché ha visto il grillo. Si è seduto poco lontano ed è rimasto ad ascoltarlo. Quel suono lo rasserena. Gli è sembrato che il grillo volesse cantare proprio per lui, così alla fine si è dimenticato di raccogliere il papavero. Il fiore sussurra grato al grillo: “L’ho scampata bella…”.

Il bambino lo guarda con attenzione: le sue zampe scattanti, il suo corpo snello, le lunghe antenne. E finalmente se ne accorge “Sono verdi!”

Luca prende il suo quaderno con le ali, perché il grillo gli ha regalato una storia da scrivere e lui adesso può farla volare: “C’era una volta un grillo che cantava sui petali di un papavero rosso…”.

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© Foto di Giovanni Diffidenti