Diario del Ramadan: “Abbiamo riscoperto il valore della libertà”

Ultima puntata del “Diario del Ramadan” che ci ha accompagnato nell’ultimo mese, per raccontare questo periodo e capire meglio e più da vicino che cosa accade in questo periodo nelle comunità musulmane che vivono tra di noi. Questa proposta nasce in collaborazione con l’Ufficio diocesano per il dialogo interreligioso di Bergamo: un’iniziativa culturale a sostegno della conoscenza reciproca e del dialogo. Protagonista di questo “diario” è una giovane studentessa universitaria che vive e lavora nella nostra provincia. Leggi la prima puntata qui, la seconda qui. La terza qui, la quarta, la quinta e la sesta.

Prima che cominciasse il Ramadan pensavo, speravo, che sarebbe stato uno dei meno difficili di sempre. Credevo che, nonostante la crisi sanitaria, trascorrere più tempo a casa avrebbe aiutato a patire meno il digiuno, che stare in famiglia avrebbe aiutato a consolidare i rapporti e che avere più tempo libero a disposizione mi avrebbe permesso di dedicarmi meglio anche alle passioni, relazioni, fede e alla vita in generale. A dire il vero, sono tutte cose che con mille grovigli e contorsioni sono riuscita a incastrare. Col senno di poi, ho però rimpianto di aver sottovalutato le infinite variabili che lo hanno reso uno dei più ardui e ho anche appurato con certezza assoluta che non avrò mai un futuro nel fare oroscopi o previsioni.
Per un certo verso, non nascondo la felicità che sia finito. E per fortuna, è anche più facile farlo da sotto la mascherina! Non mi mancherà rompere il digiuno col suono di un’ambulanza al posto dell’adhan, durante una diretta del Presidente del Consiglio o il bollettino trasmesso con un’ora di fuso orario sulla TV marocchina. Tuttavia, come ogni anno, nel giorno dell’Eid Al-Fitr, ovvero il giorno in cui si interrompe il digiuno e ne si festeggia la fine sorgono puntuali un senso di nostalgia e di colpevolezza, strani da descrivere. La prima è una sensazione simile a quando si rimpiange di non aver ascoltato prima le parole di un vecchio insegnante severo. Il senso di colpevolezza, invece, lo si assapora col palato quando appena svegli si torna a far colazione coi dolci preparati apposta i giorni prima senza sentirsi il diritto di poter mangiare. La stessa sensazione l’ho provata durante la prima passeggiata dopo gli allentamenti delle misure di quarantena. Piccole cose ordinarie improvvisamente straordinarie. Serve a questo il Ramadan, almeno per quanto mi riguarda. L’uomo ha memoria breve e dimentica in fretta. Per questo è da secoli un’occasione per ricordare che nulla, nemmeno la goccia d’acqua più minuscola bisogna darla per scontata. Quest’anno è stato più difficile di altri perché misto ad altre privazioni che lo hanno reso un insegnante ancora più severo. Non era scritto da nessuna parte che bisognava rinunciare anche alla libertà di uscire di casa, non incontrarsi coi propri cari per condividere insieme l’iftar, una serata, una preghiera collettiva in moschea. Ci siamo ritrovati costretti a tutto ciò e a riadattarci. Ed ora che abbiamo riscoperto cosa è la libertà, non dobbiamo dimenticarlo mai più, o almeno non fino al prossimo anno!
Nadia El Ghaouat