Alcune verità preoccupanti dietro le allegre movide. Voglio, posso

L’immagine fa male, molto male. Sarà perché amo profondamente la mia città e quegli splendidi vicoletti di città alta, sarà soprattutto perché nelle mie comunità, compresa quella del mio borgo nativo, ai piedi di città alta, sono morte tantissime persone.

Non so. So però che fa malissimo l’immagine della Corsarola, la via principale di città alta, stracolma di gente, di cui molta porta la mascherina come fosse una collana (tanto varrebbe non metterla del tutto!). Sorgono inevitabili riflessioni.

Il coronavirus non ci cambierà

La prima, purtroppo, è la conferma di quanto ho sempre sostenuto, anche se speravo tanto di sbagliarmi. Non cambiamo, non ci cambia nemmeno questo dramma condiviso. Altro che “usciremo diversi da questa prova!”. Non ci ho mai creduto, perché non esiste alcun automatismo nella crescita della persona.

Il miglioramento, la crescita personale è frutto di un posizionamento della libertà individuale, pertanto, io cambio solo se voglio cambiare, se sono protagonista attivo del mio cambiamento. Al massimo quanto mi accade può costituire un’opportunità che favorisce il cambiamento, ma non attiva alcun passaggio esistenziale in automatico.

Certo, speravo tanto che la morte, che si è presentata come realtà potentissima nelle nostre città, distruggendo in un colpo solo la tendenza dell’uomo di oggi al suo nascondimento, che copre l’illusione di una sua possibile rimozione dalla vita, ci insegnasse qualcosa. Invece no.

Neppure la morte ci ha toccati. Era sempre la morte degli altri

Non mi stupirebbe, a questo punto, scoprire che molte di quelle persone in giro ammassate in Corsarola hanno condiviso sui social l’immagine degli Astra militari che portavano via le bare, magari con tanto di “RIP”, o frasi strappalacrime e emoticons con faccine tristi.

Ecco uno dei problemi del virtuale: il distacco dalla vita. Siccome su quei camion militari non c’erano né mio padre, né mia madre, né i miei fratelli, né cari amici, allora posso accontentarmi di scrivere un bel post che porta tanti likes e , nel contempo, dimostrare con le mie scelte che in fondo non me ne frega niente di quei morti e del dolore di chi resta.

Intanto i poveri idioti osservano le regole

Ecco il pensiero di molti che, accecati dal loro egoismo, per il quale “voglio, quindi posso”, si riversano in strada, ridendo di quei poveri idioti che rispettano le regole.

Non mi stupisco allora dell’adolescente un po’arrogante che mette il muso al don che non gli fa fare quello che vuole e se ne va con l’idea che il prete ce l’ha con lui. Il problema sta sempre lì, nel mondo adulto, in chi dovrebbe essere l’esempio per la vita. Questa foto lo attesta chiaramente.

Quindi, che si fa? Per me, c’è un’unica soluzione: ripristinare la rete educativa, mettere da parte le differenze e tornare a remare dalla stessa parte, per faticare insieme nell’impresa dell’educazione. Perché qualcuno, a questa gente, le cose deve pur farle capire. E se non lo fanno le istituzioni educative, chi potrà farlo?