E gli uomini continuano a non saper morire. Appunti e spunti

La grande estranea prima e dopo il coronavirus

Una delle conseguenze della pandemia è una certa assuefazione alla morte. Strana assuefazione che è figlia della assenza, da una parte, e della eccessiva presenza, dall’altra. In effetti, si parla continuamente dell’oblio della morte. Oggi la morte è la grande assente, si sente ripetere. Ma la grande assente, durante la pandemia, è diventata la grande presente. Si è visto morire ogni giorno, più volte al giorno, i vicini di casa, i parenti, tanti, tantissimi. Alla fine, la dimenticanza si è assommata all’abitudine. E la grande assente diventata troppo presente si è conferma prepotentemente come indigesta, estranea, cosa che non ci appartiene, o perché non c’è mai o perché c’è troppo. E gli uomini continuano a non saper morire. 

Circa il vocabolario della pandemia

“Ripartire insieme”, “insieme ce la faremo”, “non abbassare la guardia”, “insieme uniti”… esiste un vocabolario della pandemia. Si è creata una esigenza, l’esigenza ha creato i suoi modi di dire, questi sono stati ripetuti continuamente fino a diventare stilizzati, stereotipati, una specie di liturgia verbale. Succede sempre così quando ci si trova in una situazione di emergenza. Questa preme e le stesse parole diventano un lusso. Non si ha tempo di ricamarci sopra e si prendono quelle che capitano a portata di mano, le più semplici, le più usate. La pandemia che finisce, che forse sta finendo, segnerà anche la fine di questa piccola valanga di parole e la nuova vita dovrebbe essere segnata anche da un nuovo vocabolario. Vita nuova parole nuove

In compagnia anche da soli. Soli anche in compagnia

Si torna a viaggiare. Dalla prigionia all’evasione. L’equilibrio si era rotto, ora si cerca di ristabilirlo. Siamo animali liberi e il fatto di essere costretti a stare fermi ci ha fatto nascere la voglia uguale e contraria di muoverci. Strani animali liberi che, quando sono a casa, desiderano uscire e poi, dopo, quando finalmente sono fuori, desiderano tornare a casa. Alla fine, ritrovato il respiro dopo la lunga prigionia, rifletteremo sulla possibilità di essere liberi anche quando si è in prigione: liberi di pensare, di desiderare, di leggere, di scrivere… e rifletteremo sulla possibilità di essere prigionieri anche quando si è liberi: prigionieri delle nostre ansie, delle nostre paure, delle nostre ossessioni. Anche l’ossessione della libertà, infatti, può essere una paradossale forma di prigionia