L’agricoltura italiana è un modello unico per tutela di biodiversità e territorio. Ma deve fare i conti con clima e mercati.

L’agricoltura e l’agroalimentare italiani costituiscono qualcosa di prezioso che, tuttavia, è sottoposto sempre alle bizze dei mercati e del clima.

Agricoltura contro tutto e contro tutti. Questione di condizioni produttive, ma anche di concorrenza sleale, di mercati bizzosi, di un clima che non risparmia le sue staffilate periodiche a campi che, pur con tutte le tecnologie a disposizione, possono venire danneggiati e azzerati nelle loro produzioni nel giro di pochi minuti. Eppure, quello agricolo, continua ad essere un comparto di primo piano per l’intera economia, capace di generare guadagni milionari e, tra l’altro, essenziale per una corretta alimentazione che vada di pari passo con la tutela dell’ambiente e del territorio.


Per capire quanto può accadere in agricoltura, basta guardare agli ultimi giorni. Stando ad una serie di stime effettuate da Coldiretti, per esempio, sono ormai saliti a diversi milioni di euro i danni nelle campagne a causa di pioggia, grandine e vento che hanno colpito l’Italia da nord a sud distruggendo raccolti, sventrando serre, sradicando alberi, allagando campi, scoperchiando tetti e provocando frane e smottamenti. I tecnici hanno parlato di una “ultima spallata del clima impazzito in una maledetta primavera” che – sempre secondo i coltivatori diretti – è iniziata con il gelo che ha compromesso le fioriture ed è proseguita con il caldo torrido e la siccità per andare a concludersi con le tempeste di vento e grandine.
Il risultato di quanto accaduto in queste ultime settimane è la perdita a livello nazionale di più un frutto su tre con il crollo dei raccolti, dalle pesche alle nettarine (-28%) fino alle albicocche (-58%), ed un rincaro dei prezzi al consumo. Certo, gli strumenti per una difesa ci sono anche – dalle reti antigrandine alle polizze assicurative passando per l’ovvia accurata manutenzione di canali e reti di scolo delle acque -, ma quanto accade ha radici ormai ben chiare e che sinteticamente vengono indicate come tropicalizzazione del clima e degrado dell’ambiente.

A questo proposito, basta pensare al dissesto idrogeologico che interessa in Italia con il 91,3% dei comuni (il 100% in Toscana) che si trovano in zone a rischio per frane o alluvioni dove vivono 7 milioni di persone. L’agricoltura, insomma, deve fare i conti non solo con la concorrenza sleale ma con eventi che vanno ben al di là delle capacità di controllo normali degli agricoltori.
Eppure, proprio in tema ambientale, gli ultimi dati indicano quanto alta sia l’attenzione della produzione agricola alla tutela della biodiversità e del territorio. Certo, gli affari sporchi si nascondono anche nei campi, ma i numeri dicono chiaramente pure altro.
In tema di biodiversità, l’agricoltura nazionale detiene più di un primato: 504 varietà iscritte al registro viti, per esempio, contro le 278 dei cugini francesi e alle 533 varietà di olive contro le 70 spagnole; senza dire delle centinaia di prodotti a denominazione di origine. In tema di tutela dell’ambiente la situazione è altrettanto buona. I campi e le stalle producono appena il 7,2% di tutte le emissioni a livello nazionale con 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti in Italia, contro i 76 milioni di tonnellate della Francia, i 66 milioni di tonnellate della Germania, i 41 milioni del Regno Unito e i 39 milioni della Spagna. Il Belpaese – precisa la Coldiretti – è anche il quarto produttore mondiale di biogas con oltre duemila impianti di cui ben il 77% con residui di origine agricola.

E’ per tutto questo e altro ancora che molti, con ragione, parlano dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiani come di un modello di sviluppo praticamente unico al mondo. Prezioso anche in termini economici (basta pensare che il solo valore aggiunto agricolo arriva ormai a sfiorare i 32 miliardi di euro), ma soprattutto prezioso perché globalmente capace di tenere da conto buoni risultati non solo di mercato ma anche in termini di vivibilità.