Estate oratori post – covid 19. Intervista a don Michele Falabretti

Tra le tante emergenze scaturite dal Covid-19 c’è quella educativa, che in estate si traduce  nel ruolo fondamentale degli oratori, che mai come in questa stagione estiva 2020 tutta da inventare, saranno “aperti per ferie”. 

Ne parliamo con Don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della CEI (Snpg), nato a Bergamo in Borgo Santa Caterina ma vive a Roma dal 2012 dopo molti anni di servizio alla Chiesa e ai giovani bergamaschi in particolare con l’impegno negli oratori. 


“Aperto per ferie. Progetto per l’estate ragazzi in tempo di pandemia”, è l’iniziativa messa in campo dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg) condiviso con le associazioni e le realtà della vita consacrata che siedono al tavolo del Forum Oratori Italiani (Foi) . Di che cosa si tratta?

«In questo tempo così particolare c’è il problema di sapere cosa fare delle nostre attività educative, un tempo così difficile che non ci permette di fare quello che abbiamo sempre fatto. Quindi cerchiamo di mettere in pratica quello che attualmente si può fare, la richiesta è quella di impegnare tutte le energie possibili per accompagnare le famiglie da una parte (la maggior parte dei genitori sono tornati al lavoro dopo il lockdown, le scuole sono chiuse ormai da mesi e i servizi educativi non ci sono). Dall’altra parte dobbiamo accompagnare i ragazzi che hanno bisogno di trovare una socialità nuova, di tornare a costruire i legami con i loro coetanei. Dobbiamo anche sostenere il lavoro che hanno sempre fatto gli adolescenti nel grande servizio alla comunità».


Qual è l’obiettivo principale di questa iniziativa nella realtà nella quale stiamo vivendo e che ha trovato molti impreparati in ogni campo? 

«A me sembra che non ci siamo subito accorti che il distanziamento fisico avrebbe creato anche un distanziamento sociale. Mi rendo conto che questo è necessario, e lo è particolarmente in Lombardia, tengo a sottolinearlo, Bergamo soprattutto, perché quello che è accaduto è stato un dramma. Nello stesso tempo, però, ci si accorge che il distanziamento fisico fa male dal punto di vista mentale, soprattutto alle giovani generazioni. Non possiamo fare la battaglia solo per ritrovare la dimensione della liturgia, dobbiamo anche mostrare la nostra disponibilità a un servizio, che è quello alla comunità, alle singole persone e il servizio è alla loro umanità, al loro bisogno di tornare a ricostruire dei legami, che si erano interrotti. Questo tema della Chiesa che si fa vicina alle famiglie, lo ritengo fondamentale e a me sta molto a cuore. Soprattutto adesso. Le famiglie sono andate molto in sofferenza, pensiamo alla perdita del lavoro, alla crisi economica, alla fatica di restare chiusi in casa per circa due mesi. C’è il pensiero ora con la ripartenza di non sapere a chi affidare i propri figli. In questa particolare estate 2020 la Chiesa può prendere in mano le famiglie e accompagnarle dentro questo tempo difficile». 


“Estate Ragazzi”, un oratorio estivo in Vaticano. Ce ne vuole parlare? 

«Anche in Vaticano si vive il clima del quale parlavo nella risposta precedente. La ripresa è difficile, ma va fatta, e per molti non prevede ferie, si torna al lavoro con orari diciamo “strani”, più lunghi che iniziano a metà mattina e terminano semmai la sera dopo le venti. Settimane dove occorre trovare chi si prende cura dei più piccoli. “Estate Ragazzi” è un oratorio estivo in Vaticano, per espresso desiderio di Papa Francesco, che vuole aiutare le mamme lavoratrici della Santa Sede. Per questo il Governatorato organizza un mese di attività educative e ludiche tra i Giardini vaticani, l’Eliporto e l’Aula Paolo VI. Fino a un centinaio saranno i bambini e ragazzi coinvolti, sempre nel rispetto dei protocolli anti-Covid, quindi il centro estivo animato dalla comunità dei Salesiani del Vaticano, va esattamente in quel senso». 


È vero che negli oratori attualmente si respira un clima da ricostruzione?

«Secondo me sì e per diverse ragioni. L’oratorio che vive di relazioni come la comunità cristiana, la parrocchia in genere, quando ha visto le relazioni interrompersi, sicuramente ne ha sofferto come tutti. I ragazzi escono da questa esperienza segnati nel profondo. Mai come in questi ultimi mesi, purtroppo, la morte è entrata in modo così violento in molte famiglie italiane, soprattutto lombarde. Era accaduto durante la II Guerra Mondiale, durante altre spaventose pandemie. La nostra generazione non aveva mai visto, almeno qui in Europa e in Occidente, entrare in modo così atroce la morte nelle nostre vite. Ciò vuol dire uscire da questo tempo con cicatrici nell’anima. Ho insegnato alle scuole medie negli anni Novanta, ricordo che a scuola arrivavano i primi studenti albanesi e dalla ex Jugoslavia che fuggivano dalla guerra. Tutti avevano uno sguardo “stranito”, mi chiedevo cosa mai si portassero dentro, comunicare con loro era difficile, non solo perché non conoscevano l’italiano. Oggi dialogando con i nostri ragazzi, mi sembra di vedere qualcosa di simile, il trauma è il medesimo che leggevo negli sguardi sperduti dei giovani albanesi e dell’ex Jugoslavia. La vita dell’oratorio è esperienza e cammino di educazione, quindi quello che fa l’oratorio può essere il tentativo di un recupero di queste dimensioni di vita così difficili che oggi hanno bisogno di essere lette e reinterpretate». 


Come si stanno preparando gli oratori della Lombardia all’estate 2020? 

«Sono sempre in contatto con i preti bergamaschi e loro mi fanno notare che nel territorio non c’è ancora solo paura ma soprattutto c’è la ferita per quello che è successo, per i tantissimi morti innanzitutto. Gli oratori lombardi hanno sempre avuto la caratteristica di essere un luogo di grande operosità, di grande cuore. Quindi mi rendo conto che gli oratori lombardi oggi possano apparire un po’ “storditi” per quello che è accaduto e hanno bisogno di orientarsi nuovamente. Vedo che c’è un’enorme voglia di non perdere l’esperienza educativa accumulata negli anni. C’è chi mi dice: “Non riesco, è troppo difficile”, perché l’esperienza educativa degli oratori lombardi è sempre stata vissuta in grande scioltezza e dinamicità. Scioltezza e dinamicità che ora non è più possibile. Ma c’è anche il cuore di chi dice: “Troviamo il modo di andare avanti”. Fino al 15 giugno gli oratori lombardi resteranno chiusi, penso che per la fine di giugno molti saranno aperti. Si tratterà di capire in quali forme far trascorrere l’estate 2020 ai ragazzi. Ma già gli oratori si stanno organizzando in tal senso».