C’è un nuovo “sentire” tra i cattolici?

Le persone coinvolte nella ricerca – avvisano i ricercatori – sono cattolici praticanti che utilizzano il web.

Come c’era da aspettarsi iniziano a moltiplicarsi le rilevazioni che hanno cercato di intercettare il “sentire” e gli atteggiamenti degli italiani durante il confinamento. D’altronde è stata un’esperienza eccezionale e unica.

Arrivano risultati di ricerche e sondaggi che affrontano i temi della famiglia, dei giovani, del lavoro a casa, dei comportamenti assunti e del rispetto delle regole. Un report, in particolare, attira l’attenzione sulla pratica religiosa durante la quarantena. Si intitola “Nella Chiesa che cambia? Il cambiamento del sentire, della pratica e delle abitudini religiose dei cattolici in Italia al tempo del Covid-19”.


La ricerca, condotta per l’Associazione Nipoti di Maritain da Piotr Zigulski in collaborazione con la sociologa della religione Carmelina Chiara Canta, affronta alcuni argomenti che guardano il comportamento dei credenti a partire dal disagio per la sospensione della possibilità per i fedeli di partecipare all’Eucaristia domenicale. Ma l’indagine si spinge oltre per intercettare le opinioni degli intervistati sulle prospettive nel futuro.


Le persone coinvolte nella ricerca – avvisano i ricercatori – sono cattolici praticanti che utilizzano il web. I risultati, quindi, ci offrono uno spaccato particolare della realtà, perché il campione non rappresenta gli italiani, ma una parte dei cattolici praticanti.
In questo periodo di “distanziamento dalla vita ecclesiale” emergono alcuni comportamenti dai credenti intervistati: è cresciuta molto per i praticanti più assidui la lettura e la meditazione sulla Parola, mentre i credenti che non frequentano abitualmente hanno sentito in questo periodo una maggiore vicinanza della Chiesa, per tutti quanti – anche per i credenti che frequentano in modo saltuario – questo tempo ha mostrato la “creatività imprevedibile dello Spirito Santo” e la “presenza amorevole di Dio”. Ovviamente l’importanza di ricevere la comunione e quindi il maggior disagio percepito è stato rilevato tra i praticanti più assidui.


Inoltre l’81% dei rispondenti legge la crisi nella prospettiva della speranza: l’81% è concorde nell’affermare che questo tempo è “un’opportunità da vivere nella creatività”, solamente il 2% condivide l’idea che l’epidemia sia “un castigo divino”.
Quando le persone esprimono un’opinione rispetto ad alcuni cambiamenti per la comunità ecclesiale, si riscontra che per il 70% in futuro la Chiesa sarà più ricca o molto più ricca spiritualmente, per il 69% sarà più vicina o molto più vicina al popolo, e infine per il 66% sarà più partecipata o molto più partecipata.


Insomma i risultati nel complesso mostrano che fisicamente i credenti non si sono potuti incontrare nei luoghi di culto, però i loro cammini sono proseguiti.

  1. Come detto in una Omelia, il nostro Vescovo, Francesco, durante l’intero periodo di grande sofferenza per la pandemia, la Chiesa c’è sempre stata, nei gesti e nelle relative opere di solidarietà dettati da quello spirito che un cristiano e non solo, ha espresso nei confronti degli ammalati, relazionandosi amorevolmente, non per dovere, con loro parenti e amici!(ci sentivamo tutti sulla stessa barca). Tutto ciò, anche con le lacrime e la morte nel cuore, ha profondamento cambiato il nostro modo di esternare la nostra fede, e soprattutto ha rinnovato il desiderio di “spiritualità”, che non riguarda solo chi ha sempre frequentato la chiesa, ma ha coinvolto persone che si sono allontanate e che in questa occasione hanno sperimentato un nuovo “Battesimo”.

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