Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. Dalla fragilità nasce un incontro

Verso l'alt(r)o, la meditazione della settimana a cura dei giovani collaboratori dell'ufficio diocesano Tempi dello spirito. Dalla fragilità nasce un incontro

Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana a cura dei giovani collaboratori dell’ufficio diocesano Tempi dello spirito.

Magnanimo figlio di Tideo, perché mi chiedi la stirpe?
Tal e quale la stirpe delle foglie è la stirpe degli uomini.
Le foglie il vento ne sparge molte a terra, ma rigogliosa la selva
altre ne germina, e torna l’ora della primavera:
così anche la stirpe degli uomini, una sboccia e l’altra sfiorisce.
Ma se vuoi sapere anche questo, per conoscere bene
la stirpe mia, molta è la gente che ne ha udito parlare (…)
Di Tideo non serbo ricordo, perché ero ancora assai piccolo
allorché mi lasciò, quando a Tebe perì l’esercito acheo.
Perciò adesso io sono per te ospite caro nel cuore di Argo,
e tu per me nella Licia, quando giungessi nel loro paese.
L’uno dell’altro evitiamo le lance anche in mezzo al tumulto (…)
Ma scambiamoci l’armi l’uno con l’altro, perché anche costoro
sappiano che vi vantiamo d’essere ospiti aviti.
(Iliade, VI, 145-151, 222-226, 230-231, trad. Cerri)

Il paragone tra la vita umana e la sorte delle foglie da questo celebre passo di Omero attraversa secoli e letterature, trovando interessanti interpretazioni negli autori di ogni epoca che risemantizzano nel proprio mondo concettuale questa immagine semplice ma efficace.
La precarietà e la caducità della vita ci vengono restituite nella loro ineluttabilità, al di là di ogni illusione di onnipotenza dell’uomo quando scopriamo che basta un virus invisibile a troncare sogni e progetti. È una realtà che possiamo percepire con disfattismo, ma che può anche aiutarci a ridare significato a ciò che stiamo vivendo.
Glauco e Diomede militano negli eserciti che si stanno affrontando sotto le mura di Troia. La morte è una prospettiva per loro quanto mai vicina. Sanno bene quanto la loro vita sia appesa a un filo, come le generazioni di guerrieri che combattono la guerra cadano periodicamente senza lasciare traccia di sé. Ma Glauco va oltre nella sua risposta e rivela che la propria identità non è solo quella di una foglia destinata a cadere, ma che essa ha dietro di sé una storia fatta di uomini, gesta, relazioni che ne sono parte costitutiva. Per dire chi è, ripete i nomi e racconta le imprese di chi l’ha preceduto. Proprio l’apertura di queste pagine di storia permette di scoprire la vicinanza che lega le famiglie dei due guerrieri avversari, che a prima vista erano solo carne da macello l’uno per l’altro. C’è un legame di ospitalità, qualcosa di sacro nella mentalità greca, e questa amicizia tra antenati si rinnova nello scambio di armi e nella promessa di ospitalità tra Glauco e Diomede. Uno scambio che si concretizza in un gesto fisico perché a sua volta resti nella memoria delle generazioni successive e vada oltre la caduta delle singole foglie.
Proprio nelle circostanze in cui percepiamo maggiormente la fragilità della nostra vita, ripercorrere le nostre radici, riscoprire con gratitudine la storia dentro cui nasciamo può aprire spazi inediti di relazioni. Non certo per vincere l’ineluttabilità della morte ma per vivere nel presente che ci è dato occasioni insperate.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.