L’oratorio, un luogo aperto a tutti. Il compito di educare non spetta solo al prete, ma alla comunità intera

Un saggio di Marco Giganti fa il punto sulla missione formativa delle parrocchie e sul compito delle équipe, tra presente e futuro

Roma, 15 giugno 2020. Centro estivo parrocchiale presso la parrocchia San Gaspare del Bufalo.

«All’oratorio il sacro s’incontra col profano, / gli offre una spuma e poi si stringono la mano»: così recitava il ritornello di Oratorium, composta nel 2004 da Elio e le Storie Tese. I versi di questa canzone sono citati da don Emanuele Poletti, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dell’età evolutiva della diocesi di Bergamo, nelle pagine della prefazione che ha redatto per il volume di Marco Giganti Oratorio, comunità educante (Marcianum Press, pp. 176, 16,50 euro): «L’oratorio – scrive don Poletti – è una tra le esperienze educative più antiche e a “bassa soglia” del nostro Paese. Da quasi cinquecento anni prova ad avere cura delle giovani generazioni non precludendo l’accesso ad alcuno. È un’esperienza che educa con una modalità particolare: in un mondo frammentato che tende a replicare la stessa dinamica con tutto ciò che incontra, guarda alle singole persone nella loro interezza». Per primo era stato san Filippo Neri, nella Roma del XVI secolo, a radunare attorno a sé un gruppo di ragazzi di strada, dando loro da mangiare e da dormire, in aggiunta ai rudimenti di un’istruzione religiosa e a momenti di svago; ma era poi stato Giovanni Bosco – il santo patrono degli oratori – a tradurre in atto, nella Torino di metà Ottocento, il suo vecchio sogno di un luogo preposto all’accoglienza e all’educazione dei «monelli», i giovani sbandati dell’epoca. Con il passare del tempo, l’oratorio ha assunto progressivamente altri compiti: alle prime sale cinematografiche parrocchiali si sono così aggiunte le compagnie filodrammatiche, le società polisportive e, più recentemente, gli «spazi compiti», i campi scuola, i centri ricreativi estivi. Oltre al baccalaureato in Teologia, Marco Giganti ha conseguito la laurea in Scienze dell’educazione e della formazione, esercitando poi l’attività di animatore, consulente pedagogico e di direttore in diversi oratori della diocesi di Bergamo: «Scrivendo Oratorio, comunità educante – ci spiega -, ho voluto realizzare uno strumento formativo e di riflessione che potesse essere utile alle parrocchie e, per il suo carattere interdisciplinare, ai professionisti della relazione d’aiuto».

La missione formativa delle comunità cristiane

In questo suo libro, diviso in due sezioni, Giganti prende in considerazione da un lato il significato e le forme di esercizio della «missione formativa» delle comunità cristiane, dall’altro le nuove sfide che l’oratorio è oggi chiamato ad affrontare. Pur essendo luoghi in cui si offre una precisa proposta educativa, gli spazi oratoriali sono aperti a tutti, senza «selezioni in ingresso» (nel Milanese, un quarto dei ragazzi che li frequentano provengono da famiglie musulmane). Questo stile, improntato al principio dell’accoglienza, ha una precisa giustificazione in chiave biblica: richiamandosi a un testo del teologo Giuseppe Colombo (1923-2005), l’autore sottolinea come si possa «scoprire l’umano nella forma del bisogno della società, senza che la Chiesa venga meno alla sua missione evangelizzatrice. Il Vangelo è il testo dal quale gli uomini attingono per farsi cristiani e dove ritrovano l’origine del prendersi cura del proprio prossimo con amore, anche nell’educarlo». Nella seconda parte del volume, Marco Giganti prende invece in esame una serie di trasformazioni, questioni, proposte riguardanti l’organizzazione attuale della vita oratoriale, soprattutto nel Nord Italia: si riportano i contenuti di tre interviste a don Poletti, a don Stefano Guidi (direttore della FOM, la Fondazione diocesana per gli oratori milanesi) e a don Marco Mori (già responsabile dell’Ufficio per gli oratori, i giovani e le vocazioni della diocesi di Brescia).

Il ruolo delle équipe educative

A seguire, il libro affronta una serie di questioni di ordine metodologico, psicologico e pedagogico attinenti al tema della «comunità educante», rimarcando come un’azione educativa ispirata cristianamente non dovrebbe mai ridursi a un’impresa individuale: «Per fedeltà al mandato originario dell’oratorio, il modello di regia che tenga conto di un’équipe educativa è il più indicato. […] Guidare un oratorio attraverso un’équipe educativa vuol dire innanzitutto valorizzare la corresponsabilità dei laici con i presbiteri (come indica il Concilio Vaticano II), rendere protagonista tutta la comunità cristiana ed evitare, infine, l’innescarsi di processi di delega tra i volontari stessi e verso coloro che vengono individuati come i responsabili unici». A seguire, vengono presentate le considerazioni emerse in tre focus group condotti con le équipe educative di tre parrocchie bergamasche (quelle di Longuelo, di Almè e di Leffe). «L’oratorio in questi ultimi anni ha vissuto una grandissima metamorfosi – spiega Giganti – e ha fatto sua la prospettiva di un lavoro in rete con il territorio e con la società civile. Allo stesso tempo ha assunto lo stile di una soglia bassa che permette di accogliere tutti coloro che desiderano affacciarsi alle sue attività o anche solo usufruire degli spazi che permettono di vivere l’informalità delle relazioni. Un altro aspetto sul quale l’oratorio sarà chiamato a rinnovarsi nei prossimi anni riguarda la sua conduzione. Siamo in un’epoca in cui le figure guida dell’oratorio, che erano rappresentate dal clero giovane, vengono sempre meno a causa della carenza delle vocazioni sacerdotali. Il futuro dell’oratorio non potrà essere solamente appannaggio del clero, ma tutti coloro che sono presenti in questo contesto educativo saranno chiamati a coordinarsi, riconoscersi e apprezzarsi. Le comunità cristiane saranno invitate a dare responsabilità concreta ai laici e a rinnovarsi in modo particolare a partire dai giovani. Tutto questo dovrà avvenire avendo cura di mantenere la vocazione originaria dell’oratorio: essere per tutti».