La scomparsa di mons. Eugenio Scarpellini, origini bergamasche, vescovo attivo in Bolivia

Una voce coraggiosa nella Chiesa di Bolivia

Era vescovo di una vasta e giovane diocesi. Come pastore del suo popolo, non ha esitato ad alzare la voce in difesa della popolazione, vessata da povertà, leggi autoritarie e anche dai gravi disordini seguiti alle votazioni, accusate di brogli, che avevano portato alla terza riconferma del presidente Evo Morales, poi riparato all’estero. Questo è stato monsignor Eugenio Scarpellini, 66 anni, dal 2013 vescovo di El Alto, in Bolivia. Ora la sua voce tace per sempre.

La mattina del 15 luglio, a causa di un attacco cardiaco, è spirato nell’ospedale della città. In precedenza era risultato positivo al covid.

Era nato a Verdellino l’8 gennaio 1954. Dopo l’ordinazione sacerdotale nel Duomo di Bergamo (17 giugno 1978) era stato vicario parrocchiale di Boltiere e di Nembro. Nel 1987 era partito come prete «Fidei donum» per la Bolivia, nell’arcidiocesi di La Paz, dove fu parroco, economo del Seminario maggiore, direttore di un collegio, presidente delle Pontificie opere missionarie boliviane e segretario generale aggiunto della Conferenza episcopale boliviana (2007-10). 

Il 15 luglio 2010 era stato nominato vescovo ausiliare di El Alto, diocesi fondata nel 1994, con un milione di abitanti. È una sede episcopale non facile, posta sull’altopiano andino. Per popolazione, a causa della continua immigrazione dalle campagne, è la seconda città più popolosa della Bolivia, dove è diffusa la povertà e una larga fascia della popolazione non ha ancora accesso all’acqua potabile. Come motto episcopale aveva scelto «In ministerio obediens» (Obbediente al servizio). Nel suo stemma fece inserire quattro simboli: un olmo, che richiama il santuario dell’Olmo nel paese nativo di Verdellino; un lago e le montagne, che rimandano alla Bolivia; la Bibbia e la stola, segno dell’essere sacerdote; il globo, simbolo della missionarietà. 


Consacrato vescovo nella Cattedrale di quella diocesi, aveva detto: «Sogno una Chiesa missionaria, attenta ai più lontani, capace di generare vocazioni missionarie e inviare missionari nel mondo intero». Il 27 luglio 2013 era diventato vescovo di El Alto, avviando un’attività pastorale e sociale molto dinamica e a largo raggio.

Non aveva esitato ad alzare la sua voce contro leggi che penalizzavano le popolazioni. Inoltre, era uno dei membri della commissione che cercava il dialogo fra le opposte fazioni politiche dopo la partenza del presidente Morales, mentre nella nazione divampavano violenze, vendette e tumulti. Lo scorso dicembre aveva affermato: «La boliviana manifesta una volta di più il suo appello al dialogo, alla pace e all’unità tra i boliviani, condannando qualsiasi tipo di violenza, provocazioni di gruppi che cercano lo scontro e dichiarazioni irresponsabili che incitano alla lotta e che vogliono riattualizzare antiche discriminazioni tra città e campagna. Chiediamo di ascoltare il grido del popolo e di rispettare la volontà popolare. Chiediamo il dialogo, la partecipazione sincera di tutti gli attori internazionali, nazionali, politici, partiti e società civile».

Costernato dall’improvvisa scomparsa anche monsignor Eugenio Coter, vescovo prelato di Pando, nativo di Semonte di Vertova. «Per la Chiesa e la nazione della Bolivia la sua morte rappresenta una gravissima perdita. La sua attività episcopale era un vulcano per intraprendenza, iniziative e proposte. Era di carattere forte, ma anche molto paziente e capace di dialogo. Anche grazie a lui, la Chiesa boliviana era molto ascoltata». 

Costernati anche vari sacerdoti bergamaschi che l’hanno conosciuto. «Era un missionario molto attivo, concreto, lungimirante, attento al sociale e al politico», racconta don Massimo Rizzi, direttore del Centro missionario diocesano. «Come grande uomo di azione, ha guidato una diocesi giovane e molto difficile — ricorda don Davide Rota, superiore del Patronato San Vincenzo e già missionario in Bolivia —. È toccata a lui l’opera di formazione ed espansione per iniziative pastorali e costruire strutture. Laggiù gli volevano bene tutti». Don Mario Marossi, parroco di San Francesco, ha condiviso 4 anni boliviani con il vescovo defunto. «Come segno di solidarietà, da vescovo viveva in semplicità in un centro per disabili da me avviato. Insieme a lui, come missionari, abbiamo costruito due centri sociali. Girava in moto, era abilissimo al computer ed era instancabile e pieno di idee». «Siamo stati compagni in Seminario — sottolinea don Mario Carminati, arciprete di Seriate —. Era un campione per nuoto, calcio e soprattutto rugby. Era venuto in Celadina a fare le Cresime e aveva parlato con cuore ai cresimandi. Era molto preparato, pastoralmente ed economicamente competente». Non è ancora stata decisa la data dei funerali e neppure se si terranno in forma pubblica, essendo proibite in Bolivia le esequie a causa della pandemia.

Costernato dall’improvvisa scomparsa anche monsignor Eugenio Coter, vescovo prelato di Pando, nativo di Semonte di Vertova. «Per la Chiesa e la nazione della Bolivia la sua morte rappresenta una gravissima perdita. La sua attività episcopale era un vulcano per intraprendenza, iniziative e proposte. Era di carattere forte, ma anche molto paziente e capace di dialogo. Anche grazie a lui, la Chiesa boliviana era molto ascoltata». Costernati anche vari sacerdoti bergamaschi che l’hanno conosciuto. «Era un missionario molto attivo, concreto, lungimirante, attento al sociale e al politico», racconta don Massimo Rizzi, direttore del Centro missionario diocesano. «Come grande uomo di azione, ha guidato una diocesi giovane e molto difficile — ricorda don Davide Rota, superiore del Patronato San Vincenzo e già missionario in Bolivia —. È toccata a lui l’opera di formazione ed espansione per iniziative pastorali e costruire strutture. Laggiù gli volevano bene tutti». Don Mario Marossi, parroco di San Francesco, ha condiviso 4 anni boliviani con il vescovo defunto. «Come segno di solidarietà, da vescovo viveva in semplicità in un centro per disabili da me avviato. Insieme a lui, come missionari, abbiamo costruito due centri sociali. Girava in moto, era abilissimo al computer ed era instancabile e pieno di idee». «Siamo stati compagni in Seminario — sottolinea don Mario Carminati, arciprete di Seriate —. Era un campione per nuoto, calcio e soprattutto rugby. Era venuto in Celadina a fare le Cresime e aveva parlato con cuore ai cresimandi. Era molto preparato, pastoralmente ed economicamente competente».Non è ancora stata decisa la data dei funerali e neppure se si terranno in forma pubblica, essendo proibite in Bolivia le esequie a causa della pandemia.