A-Dio profe Paola

Non ho imparato a tirare le righe diritte, ho imparato dalla mia prof cos'è la dolcezza

Il messaggio di Daniela, che conosco dagli anni delle scuole medie, giunge come un fulmine a ciel sereno. Mi comunica che la sua mamma sta morendo. La sua mamma è una delle insegnanti che porto nel cuore, la professoressa Paola Paganoni, che è stata mia docente di educazione tecnica alle scuole medie, presso la Scuola delle Figlie del Sacro Cuore di Bergamo, dal 1995 al 1998. Non mi capacito della notizia… solo un paio di mesi prima ho visto le foto postate da Daniela… stava bene la profe… giocava con la nipotina.

Ci sentiamo per telefono con Daniela e scopro che pochi giorni dopo quella bella giornata, la sua mamma, la mia profe, ha fatto un’ecografia, scoprendo un male che non lascia scampo. Nel pomeriggio, mi giunge la notizia che temevo sarebbe arrivata presto:

la profe non c’è più.

Provo un senso di profondo dispiacere, recito immediatamente una preghiera per lei, come avevo fatto quando avevo ricevuto il messaggio della fine imminente. Provo anche molta rabbia: perché? Un’altra persona giovane… 65 anni, ancora innamorata del suo lavoro… finchè ha potuto, fino a inizio maggio, infatti, la profe ha proseguito nel fare ciò che amava: insegnare.

Sì, insegnava ancora la profe Paola, a Torre Boldone, dove le volevano bene, come in ogni scuola dove aveva lavorato. Emergono i ricordi, quelli che poi, di getto, ho messo nero su bianco, immediatamente.

Sì, perché mi è stato fatto un dono. Il dono di salutare la profe con le parole della fede. Nella Chiesa di Ognissanti del Cimitero di Bergamo, splendida, divenuta tristemente famosa i mesi scorsi perché lì vennero depositate decine di bare di nostri concittadini uccisi dal maledetto COVID, in un pomeriggio con il sole splendente come il sorriso della profe, l’abbiamo salutata, insieme a don Gianangelo, parroco di Redona.

I ricordi, dolcissimi, perché la dolcezza era la prima caratteristica di Paola, erano davvero tanti.

Il primo ricordo, da appassionato del mondo della scuola, è stato… il test d’ingresso! Presi un onestissimo “sufficiente”. A salvarmi, ovviamente, fu la teoria, dove non sbagliai un colpo. Il problema fu la pratica: per me, ritagliare delle figure geometriche con precisione e tirare righe dritte, seppur armato di righello, equivale a scalare l’Everest a mani nude e senza ossigeno. Diciamo che le figure ritagliate vennero un po’… ondulate… ecco.

Poi, ho impressi nella memoria, perché li conservo ancora gelosamente, l’erbario, ossia due tavole di compensato colorate con del cartone in mezzo e chiuse da viti, utilizzato per conservare i fiori raccolti, e diversi tipi di scatole, sempre in compensato, che la profe ci faceva tagliare col seghetto per traforo, decorare col pirografo o colorare con tempera.

Un ricordo, poi, è per me indelebile e assume ora il ruolo di immagine fulcro del mio ricordo della profe. Durante una prova di verifica, una tavola da disegnare, che mi mandava in tensione come poche altre cose, si avvicinò la profe, mise le sue mani sulle mie e guidò il lavoro per alcuni istanti. Ricordo le parole che mi vennero rivolte: “Dai Alberto, niente paura, ognuno è portato per qualcosa e per qualcos’altro no… tu metticela tutta come sempre e stai tranquillo!”.

Quella dolcezza, che nulla toglieva alla giusta severità che la caratterizzava, la porterò con me, tra i ricordi più belli. Paola era così, non perché diventasse così in aula, ma perché come persona aveva questo dono. Con questa dedizione viveva nella sua famiglia, con le tre figlie, la mamma e, in questi ultimi anni, anche gli amati nipoti.

Mi sono chiesto cosa avrebbe potuto dire Gesù di una vita come quella della mia profe.

Credo che, dopo tante battaglie di cui talvolta i suoi occhi pieni di lacrime portavano i segni, il Signore non abbia fatto altro che fare quello che la profe ha fatto con me e con chi l’ha incontrata: ha preso tra le sue mani, quelle  che San Tommaso volle vedere da vicino, trafitte dai chiodi, le mani di Paola e, dopo averle ricordato che il dolore può trasformarsi in amore, l’ha portata con sé, là dove io spero tanto, un giorno, di incontrarla di nuovo.

Riposi serena profe, perché, come diceva lei al termine delle sue lezioni, “ci vediamo”!