Santa Chiara, ieri e oggi

11 agosto, festa di Santa Chiara

In tempi di Covid e di crisi della preghiera santa Chiara, la “vostra” santa ha qualcosa da dire a noi oggi, soprattutto ai giovani? Gianna

Cara Gianna, i santi sono sempre attuali e il loro esempio è “parola” significativa per ogni tempo. Non dobbiamo collocarli solo sopra gli altari come fossero irraggiungibili, dotati di qualche favore divino a noi escluso, ma considerarli amici e compagni di viaggio nel cammino della vita.

Il tempo di Chiara e di Francesco

Il tempo in cui Chiara è vissuta non era certamente migliore del nostro, ma essa lo ha abitato con fede, come pellegrina e forestiera, attingendo dalla relazione con il Signore la forza e la sapienza per rimanere nella realtà, assumerla e porvi segni di Vangelo che testimoniassero la presenza viva e operante del regno. Sin dalla sua giovinezza la sua esperienza spirituale ha avuto il sapore della continua ricerca del volto di Dio, cresciuto e incontrato come il Dio di Gesù Cristo, attraverso la parola e l’esempio di san Francesco, un fratello che si è posto accanto a lei per discernere il volere di Dio sulla sua esistenza.

La vita cristiana non è mai qualcosa di solitario, ma è sempre esperienza di fraternità, di Chiesa, come a dire che il volto di Gesù lo si cerca e lo si riconosce insieme a dei fratelli.

Chiara è stata una donna che ha dato voce ai suoi desideri più veri e profondi,

non li ha mai negati o taciuti, ma li ha portati alla luce e, tra i tanti, ha colto la sorgente da cui tutti gli altri scaturiscono e prendono vita: Dio. Un Dio vicino in Gesù, icona del volto d’amore del Padre delle misericordie, un Dio di amore, continuamente alla ricerca di ogni suo figlio, per renderlo partecipe della su stessa vita.

Come Chiara, abitare i luoghi dell’interiorità

Accostarsi a lei è mettersi in cammino, con passo leggero, abitando i luoghi dell’interiorità, dove incontrare e ascoltare la voce di Colui che sussurra nei cuori umani la sua dolce Parola. Ella per più di quarant’anni ha vissuto sempre nello stesso monastero di san Damiano, dedicandosi a una vita semplice e ordinaria, scandita dalla preghiera, dalla vita fraterna, dal lavoro. In questo scorrere di giorni ha alimentato il suo desiderio di Dio, la ricerca di Lui.

Chiara non ha lasciato la vita di ogni giorno per andare a Dio, ma l’ha portata nella preghiera, consapevole che Dio l’attendeva proprio lì; non ha scritto un trattato sulla preghiera, ma ci ha lasciato l’esempio che essa è un dialogo ininterrotto con l’amato, un fuoco divorante che l’ha consumata. Ella ha saputo contemplare la sua presenza, il suo volto nell’ascolto della Parola, nella preghiera silenziosa nella quale il Cristo povero e crocifisso ha trasformato il suo volto, la sua esistenza.

È diventata colui che ha contemplato!

La preghiera è stata uno sguardo amante e prolungato, che ha trasformato il suo, sino a renderla segno e strumento di un amore fraterno umile e caritatevole, un amore che ha travalicato le mura di san Damiano e ha illuminato la città di Assisi e tutto il mondo, coinvolgendo tanti fratelli abitati dal suo stesso desiderio.

La domanda per noi: che cosa cerchiamo realmente?

La domanda che Chiara ci rivolge è relativa alla autenticità della nostra ricerca: che cosa cerchiamo realmente? Quali sono i nostri desideri? Che cosa e chi cerchiamo realmente? Spesso la nostra vita è un subbuglio di tante cose, di tante voci che soffocano quelle più vere, le quali soltanto danno pienezza alla vita.

Allora, qualche evento drammatico come la pandemia, se lo vogliamo, possono essere tempi di grazia e non solo di dolore,

per aprire dei varchi nel nostro cuore e lasciare che le domande più vere sulla vita e sulla morte ci abitino. Occorre però un grande coraggio, e una grande tenacia per non soccombere e indietreggiare alla prima difficoltà, e continuare nella ricerca. Chiara ci insegna che la via da percorrere è quella del lasciarci provocare dalla vita, lasciarci impoverire, farci poveri, accettare che la vita ci spogli da ciò che non conta, dalle illusioni del mondo, per cercare il tesoro nascosto nel campo e vendere tutto per possederlo.

Questo è possibile in ogni stato di vita cristiana. Francesco aveva chiamato Chiara, “la cristiana” perché in essa aveva visto la realizzazione del Vangelo vissuto. La via che Chiara ha percorso, e ci invita percorrere, è quella del Vangelo vissuto e di una preghiera che si incarna nella vita e  non disdegna nulla di quanto la vita riserva, fatica, tribolazioni, infermità …, ma in Cristo trova la forza e il coraggio per viverla. È la via dell’incarnazione che Gesù ha scelto per salvarci!

Quando il cuore è abitato da questa esperienza, lo sguardo diventa capace di cogliere la bontà gratuita di Dio in ogni evento,

e come Chiara, divenire sorgente di benedizione per tutti, la mente si apre a una visione credente della vita che non si esaurisce nel contingente, ma che sa guardare alla meta: l’incontro con il Signore. Bisogna osare, avere dei sogni che trascendono e non appiattirsi su ciò che passa. Essere fedeli alla terra, alla vita, alla storia, per divenire “amanti di Dio, della propria anima e di tutti i fratelli e le sorelle”.

Chiara ci insegna che occorre avere una grande passione, si, un grande cuore, perché nel ritmo del tempo e delle stagioni della vita, nell’umiltà dei nostri compiti, scopriamo la vicinanza di un Dio che si fa mendicante del nostro amore: solo se cogliamo il suo amore, la vita si trasforma e diventa preghiera e fa sgorgare dal cuore la lode per il dono ricevuto: “E tu Signore, sii benedetto che mi hai creata!”