“Mamma, posso uscire a giocare fuori?”. Quanto è difficile imparare a fidarsi. E a lasciarli andare.

Quanto è difficile lasciarli andare. “Mamma, posso uscire a giocare fuori?”. Non sai mai, esattamente, quale sia l’età giusta. Per iniziare a fidarti, per esser certa che non si faranno male, che staranno attenti ad attraversare la strada, che torneranno. “Tommy, ricordati che hai un precedente pesante, quindi vedi di non farmi stare in pensiero”.

Il precedente, povero Tommaso, risale a quando eri piccolo, così piccolo che non puoi nemmeno ricordartelo. Ero venuta a prenderti alla scuola materna, avevi tre anni, dovevamo andare all’asilo nido a recuperare anche tua sorella, ci siamo fermati un attimo al bar in centro al paese a prendere da bere. Tempo di pagare alla cassa, di girarmi e tu eri scomparso.

“Me l’hanno preso”, pensi subito. Come spiegarsi in altro modo che un bimbo piccolo e in genere ubbidiente fosse riuscito in pochi secondi a correre, uscire dalla porta, sparire? E’ brutto, proprio brutto sentirsi persi, impotenti. Ricordo il panico, ricordo le persone che me l’hanno letto in faccia e, senza conoscermi, mi hanno aiutata. “Sarà andato al nido a prender la sorella”, ma al nido non c’eri. “Sarà andato a casa”. No dai, per arrivare a casa dal bar occorre attraversare due strade, sapersi orientare, mica è facile.

E invece sì, eri davvero andato a casa. Chissà perché, chissà quale desiderio di autonomia t’era scattato a tre anni. Mi aspettavi fuori dalla porta (pure il cancello avevi magicamente attraversato), con un sorriso, a braccia aperte. Credo di avertene dette di tutti i colori, ma tu mi guardavi sorpreso, nella tua testa non riuscivi a spiegarti il perché di tanta agitazione.

Da allora ho imparato tanto. Ho scoperto che sei un bambino che le cose vuole scoprirle da solo. Vuoi esplorare, sentirti responsabile, sai ripagare della fiducia che ti si dà. Eppure che ci vuoi fare, quell’ansia di tre anni fa non la dimentico. “Mamma non ti preoccupare. Facciamo così, tra un pochino torno qui a salutarti, riesco e poi ritorno. E comunque non vado sulla strada, promesso”.

Le prime volte ti seguivo di nascosto, non volevo che mi vedessi, ma proprio non ce la facevo a starmene col cuore in pace. Ti bastava poco: giravi nel cortile, raccoglievi foglie e fiori, esploravi muri in cerca di lucertole e lumache. Ti perdevi nei tuoi pensieri. Ho cominciato pian piano a darti fiducia, me ne stavo con l’orecchio teso per sentire la tua voce tra le urla di altri bimbi, ogni tanto gridavo il tuo nome dalla finestra e restavo in attesa di una tua riposta.

Ora ho finalmente deciso che sei grande e meriti la tua autonomia. A pensarci fa sorridere, una volta i bimbi si lasciavano star fuori coi coetanei tutto il giorno, vivevano mille avventure o si annoiavano, tornavano sporchi e sudati, magari anche con qualche taglio qua e là. Oggi facciamo fatica a farvi uscire da soli anche solo a pochi passi da casa. Peccato, non potersi fidare. Dei bambini, degli adulti, del mondo che li circonda. Chissà, forse devo solo imparare a lasciare andare. E a guardarti crescere.