“La compassione come virtù alimenta la giustizia sociale e l’attenzione ai più deboli”

“Il sentimento della compassione si illumina attraverso occhi che vedono il bisogno e la sofferenza del prossimo. Si rafforza attraverso mani che compiono i gesti della prossimità, della cura e del soccorso. Si radica in un cuore che riconosce la propria vulnerabilità e comprende la vulnerabilità del prossimo. Si trasforma in virtù civica e civile nel momento in cui viene connotata di una giustizia sociale attenta al più debole”.

La compassione quest’anno è filo conduttore della festa del Patrono di Bergamo Sant’Alessandro nel 2020: una scelta che ha proiettato una luce diversa sull’ombra lunga della pandemia attraverso le parole pronunziate dal vescovo, monsignor Francesco Beschi, durante la Messa solenne in cattedrale.

“Come ogni emozione – ha ricordato il vescovo Francesco – anche la compassione è destinata ad esaurirsi. Anche il bisogno di aiuto si esaurisce se trova risposta oppure quando drammaticamente non ne trova alcuna. La compassione è passione, amare e insieme soffrire. Perché diventi virtù, cioè scelta morale e stile di vita è necessario che si alimenti a qualcosa di più della passione e del bisogno, deve trasformarsi in un sentimento. Non si tratta quindi soltanto di valori e principi che determinano scelte e comportamenti, ma di qualcosa di più pervasivo, che caratterizza il nostro modo di fare, di pensare, vedere, giudicare, sentire. L’emozione evapora, il sentimento perdura e alimenta la virtù”. Commentando il Vangelo il vescovo ha messo in luce come l’amore di Cristo possa svelare anche le incomprensioni, le deformazioni, le resistenze a cui è sottoposto il sentimento della compassione. Essa, se diamo retta per esempio al Nibbio, servitore dell’Innominato nei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, “non è degna di un uomo vincente, che voglia raggiungere i suoi obiettivi”. Un altro ostacolo sul sentiero della compassione è l’indifferenza di cuore. Enzo Biagi, recentemente commemorato, la definiva come “legittima difesa di fronte ai dolori del mondo che attraverso i media ci investono ogni giorno”. “Il paradosso  – ha sottolineato il vescovo – sta nel fatto che un cuore indurito non reagisce alla sofferenza di chi è lontano, e neppure di chi è vicino. La durezza di cuore è un male antico a cui in modo non infrequente sono esposti gli uomini di religione”. Infine c’è lo sfruttamento della compassione: “Se è vero che la comunicazione e i suoi mezzi sono una ricchezza del nostro tempo – ha aggiunto monsignor Beschi -, è anche vero che spesso sono utilizzati per la loro capacità di suscitare emozioni forti, compresa la compassione, e di fomentarla per interessi economici, di controllo e di potere”. La compassione non può essere, ha chiarito il vescovo “compatimento di chi dall’alto compatisce lo sfortunato, il fallito o l’incapace. Non può essere nemmeno la giustificazione di comportamenti che alimentano confusione e indifferenza etica e morale. Il sentimento della compassione si illumina attraverso occhi che vedono il bisogno e la sofferenza del prossimo. Si rafforza attraverso mani che compiono i gesti della prossimità, della cura e del soccorso. Si radica in un cuore che riconosce la propria vulnerabilità e comprende la vulnerabilità del prossimo. Si trasforma in virtù civica e civile nel momento in cui viene connotata di una giustizia sociale attenta al più debole. La compassione non edifica la città ma la trasforma in una comunità fraterna”. Bergamo è ancora alle prese con il dolore, la paura, le ferite lasciate dal passaggio del coronavirus: “Se assecondiamo la volubilità delle emozioni – ha aggiunto monsignor Beschi – ciò che abbiamo provato nei giorni della pandemia è destinato a sparire. Se lasciamo che le emozioni provate diventino sentimenti e virtù potremo dire di aver imparato una grande lezione. La compassione non è la degnazione di chi sta bene rispetto al meno fortunato, piuttosto è la virtù di coloro che sentono la sofferenza del prossimo, la fanno propria, e insieme lottano per arginarla e superarla, sorpresi dal fatto che condividere la prova è già una vittoria. Il vescovo Francesco ha espresso l’auspicio che “la testimonianza eroica di Sant’Alessandro ci renda capaci di esercitare la virtù della compassione nella Chiesa e nella città”. I prossimi mesi saranno impegnativi, segnati dalla crisi sanitaria, sociale ed economica: “La nostra forza morale non è diminuita – ha sottolineato monsignor Beschi – credo anzi che si sia rafforzata, e la fede contribuisce certamente a nutrirla. Ne abbiamo bisogno per i grandi impegni che attendono la nostra comunità e il nostro Paese. Ci auguriamo che l’emergenza sanitaria non debba essere più così dura come è già stata, ma ci attendono impegni che investono il mondo del lavoro, della scuola, della fragilità e della vita comunitaria. Ci auguriamo che i cristiani possano con gli altri alimentare quell’interiore forza spirituale che diventa energia morale, per condividere gli impegni, le fatiche e le soddisfazioni che potremo perseguire camminando insieme”.