Scuola e pandemia: “Maria Montessori avrebbe messo al centro i bisogni dei bambini”

A centocinquant’anni dalla nascita di Maria Montessori, nata a Chiaravalle in provincia di Ancona il 31 agosto 1870 e scomparsa a Noordwijk nei Paesi Bassi il 6 maggio 1952, nota a livello internazionale per il metodo educativo che prende il suo nome, Valeria Rossini racconta la vita, le idee e il metodo della grande educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, nel volume “Maria Montessori. Una vita  per l’infanzia. Una lezione da realizzare” (Edizioni San Paolo 2020, Prefazione del professor Andrea Bobbio, pp. 256, 22 euro).

Emblematica la vita di Maria Tecla Artemisia Montessori, una delle prime donne a laurearsi in medicina in Italia. Valeria Rossini, autrice di questo interessante saggio a lei dedicato a 150 anni dalla nascita, è professoressa associata di Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, è formatrice all’interno dei Corsi di specializzazione e di differenziazione Montessori e ha pubblicato saggi e articoli sulla pedagogia montessoriana.

Professoressa Rossini, desidera brevemente tracciare il percorso esistenziale, formativo e culturale di Maria Montessori?

«Maria nacque nel 1870, unica figlia molto amata di due persone di spicco nel contesto marchigiano, Alessandro Montessori e Renilde Stoppani. Fin dalla più tenera età Maria decise di intraprendere gli studi di matematica e di biologia. Riuscì finalmente a iscriversi al terzo anno della Facoltà di Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma, ricordiamo che la Montessori fu la terza donna italiana a laurearsi in medicina e a esercitare la professione di medico in un contesto non favorevole alla carriera professionale delle donne. Nonostante ciò, la Montessori ottenne la nomina di assistente presso la clinica psichiatrica dell’Università di Roma. Si impegnò in altri contesti professionali, per esempio, oltre all’impegno a favore delle donne, nello studio e nel trattamento delle malattie psichiche infantili. Questo aiutò la Montessori a entrare in un circuito scientifico internazionale, che la portò poi a perfezionare il suo metodo, la sua pedagogia scientifica, partendo proprio dagli studi di igiene, di fisiologia, che condussero la Montessori a tracciare un metodo educativo, che nello specifico applicò nelle case dei bambini, modello di scuola, che fu inaugurato nel 1907 nel popolare quartiere di San Lorenzo a Roma».

Maria Montessori, donna complessa, caparbia e geniale, oltre che ostinata e anticonformista, contribuì con il suo impegno all’emancipazione femminile e si è guadagnata il rispetto del mondo scientifico con genialità, competenza e il proprio impegno. Ce ne vuole parlare?

«Questo è un profilo sintetico ma efficace per far capire la personalità di questa donna che definisco “rivoluzionaria” e dal carattere particolare. Maria era nello stesso tempo rigida e severa ma anche solare, vitale ed entusiasta nei confronti della vita. Soprattutto Maria aveva uno sguardo molto premuroso nei confronti dei bambini. Maria Montessori lavorò moltissimo per cercare di coniugare approcci scientifici e culturali molto diversi, come il paradigma scientifico e la fede, la religione. Maria si è guadagnata il rispetto di moltissime personalità, come Freud e Gandhi, la sua azione aveva un respiro cosmopolita, aperta a questioni molto diverse. Per esempio, la questione dello sviluppo delle popolazioni più svantaggiate, attraverso metodi di istruzione specifici, e il discorso dei bambini con difficoltà non solo psichiche ma anche comportamentali. Soprattutto anche nella sua vicenda personale, Maria ha sempre dimostrato questo suo anticonformismo, che si esprime ai massimi livelli nella sua vicenda di madre, che decide di portare avanti la gravidanza senza essere sposata con il suo compagno, che peraltro non sposò mai. Una scelta per quell’epoca rivoluzionaria, ma Maria fu costretta a adattarsi ad alcuni stereotipi, ad alcune convenzioni sociali, che la portarono a vivere lontano da suo figlio Mario per molti anni, senza mai interrompere i rapporti con lui. Quando Mario compì 17 anni, la Montessori decise di vivere con lui, senza mai più abbandonarlo per il resto della sua vita».

Quali sono le principali caratteristiche del “metodo Montessori”?

«Il metodo Montessori nasce dall’osservazione dei bambini, quindi non è un metodo strutturato a priori. Nasce dal basso, dal lavoro quotidiano con i bambini e si sviluppa in funzione dei loro bisogni educativi. Le sue caratteristiche principali sono la predisposizione di un ambiente a misura di bambino, a partire dagli oggetti, arredi, materiali, suppellettili, che devono essere utilizzabili prontamente dai bambini. La Montessori chiama la docente “direttrice”, perché deve dirigere dall’esterno con il suo sguardo il percorso educativo del bambino. Senza interferire o sostituirsi a lui, senza punirlo né premiarlo. La caratteristica più nota del metodo Montessori è il cosiddetto materiale scientifico, questo materiale di sviluppo, che la Montessori sperimentava sulla base degli studi nei confronti dei bambini con disabilità e poi applicava nelle sue scuole con i cosiddetti bambini a sviluppo tipico. Materiali ad hoc, che possono favorire lo sviluppo, innanzitutto sensoriale, muscolare, motorio e poi intellettuale nei bambini».

Quale aspetto della personalità della pedagogista l’ha più colpita?

«La caparbietà. Era una bambina molto determinata. Maria ebbe una grave influenza da piccola, stava quasi per morire. Si racconta che la piccola disse alla madre di stare tranquilla, lei non sarebbe morta, da grande avrebbe avuto tanto da fare. Fu proprio la caparbietà, che condusse Maria Montessori a conseguire traguardi rivoluzionari per una donna di quel tempo. Ad aprirsi a diverse esperienze di vita, credo che questa determinazione sia la cifra di un percorso complesso e nello stesso tempo tenuto insieme da questo amore profondo per il “fare bene”, che tra le altre cose la Montessori applicò all’educazione dei bambini. Fare non tanto per fare, come accade spesso oggi, ma fare bene. Dare il massimo. Sempre. Ostinata? Certamente, perché Maria aveva in mente traguardi autentici, non ideologici, da perseguire in “una direzione ostinata e contraria”, come direbbe De André. Maria Montessori non si è mai arresa, perché solo così si può trasformare il mondo. È utopia, forse, ma la pedagogista ha dimostrato che è possibile».

La lezione della grande pedagogista marchigiana fa ancora parte della moderna scienza dell’educazione, ma c’è qualcosa che deve ancora essere realizzato del suo vasto progetto?

«Sicuramente. Tanto si è scritto intorno a Maria Montessori e al suo metodo, tuttavia i tempi sono cambiati e il lascito della Montessori, benché imperituro, deve essere aggiornato a questa nuova realtà sociale profondamente diversa da quella in cui visse. Sicuramente la lezione ancora da realizzare, che io tratteggio nell’ultima parte del volume, riguarda la gestione della classe montessoriana e in particolare anche alcuni aspetti relativi all’educazione alla cittadinanza e alla pace (durante il suo soggiorno in India Maria Montessori aveva lavorato lungamente per la pace), temi molto caldi oggi. Altre lezione da realizzare è quella del metodo dell’educazione speciale in una scuola inclusiva, attenta a una pluralità di bisogni educativi speciali, non solo relativi alle condizioni di disabilità ma ai disturbi dell’apprendimento che Maria Montessori non aveva potuto studiare ai suoi tempi, perché non emersi all’attenzione scientifica».

Secondo Lei, la Montessori come avrebbe affrontato l’emergenza Coronavirus in ambito scolastico e educativo?

«È difficile mettersi nella testa di Maria Montessori, perché la pedagogista possedeva una mente acutissima. Posso immaginare che la Montessori non avrebbe mai trascurato i bisogni dei bambini. Quindi non li avrebbe mai chiusi o repressi in qualsiasi forma. La Montessori avrebbe trovato sicuramente uno spazio e un metodo educativo in grado di mantenere i canoni e gli standard di sicurezza senza però disperdere le potenzialità dello sviluppo infantile, che dopo più di due mesi di lockdown è stato messo alla prova. Maria Montessori si sarebbe battuta a livello politico per mantenere sempre alta l’attenzione verso i bisogni dell’infanzia, i bisogni di movimento e di socialità dei più piccoli, che una pandemia sicuramente blocca».