Migliori di così a Nembro: un progetto “giovane” per rinascere

Mercoledì 24 giugno. Con una passeggiata serale raggiungo Nembro. In Piazza della Libertà è tutto pronto, molte sedie sono già occupate ma la gente continua ad affluire da ogni direzione. Come tanti non ho trovato i biglietti, tutti esauriti. Così, come tanti, mi fermo fuori dalle transenne in piedi. Molti ragazzi con la maglietta rossa si occupano con visibile emozione di accogliere il pubblico e sistemare gli ultimi dettagli per inaugurare Migliori di Così, il Festival delle Rinascite: nove serate, nove dialoghi con ospiti di spessore per riflettere insieme al pubblico sul tempo che stiamo vivendo.

A posteriori, tra altri progetti in corsa, don Matteo Cella trova il tempo per raccontarmi ciò che è stato, perché il Festival non finisca con il Festival: «Migliori di Così è un progetto che ha avuto origine da una riflessione: durante la pandemia abbiamo visto molta sofferenza e solitudine, squilibri nei rapporti sociali tra ricchi e poveri, sani e malati. In tutto questo i ragazzi, i più giovani sono stati dimenticati. C’era bisogno di intraprendere un percorso collettivo che aiutasse a riflettere suglle provocazioni che questo tempo ha fatto sorgere. La prima è proprio quella educativa. Ma non si tratta di un interrogativo rivolto solo alla scuola e ai genitori, sono questioni che coinvolgono tutti!»

Avete pensato quindi a un itinerario aperto a tutti in cui ognuno si sentisse invitato a lasciarsi toccare…

«Sì, abbiamo cercato di coinvolgere tutti gli ambiti messi in crisi dalla situazione creatasi a causa del Covid: la cultura, la salute, i rapporti sociali, l’economia. Ci siamo accorti che il mondo è in un certo senso interconnesso, ma non unito. I fragili sono diventati ancora più fragili. L’obiettivo delle serate era chiedersi quali scelte possiamo mettere in atto, dando ai dialoghi sempre un taglio educativo»

Perché avete scelto il titolo Migliori di Così?

«Avevamo la sensazione che non ci potessimo più permettere di essere uguali a prima. La domanda: ne usciremo migliori? La risposta: sì, ne sentiamo l’esigenza, ma non sappiamo qual è la strada da seguire, come possiamo rileggere tutto l’accaduto. L’intero festival è quindi un tentativo di risposta, da dare insieme»

Da chi sono nati questi pensieri?

«Le provocazioni iniziali sono partite da un confronto tra adulti, ma poi abbiamo concordato di rilanciare la proposta ai giovani: queste cose riguardano loro! Si è creato quindi un comitato di giovani con il coinvolgimento della redazione del Nembro Giovane (il supplemento curato dai ragazzi al mensile della Parrocchia di Nembro), degli Scout, della cooperativa sociale Gherim e di un gruppo di ragazzi impegnati nella comunità. Avevamo proprio il desiderio di interagire con loro e che anche gli ospiti invitati lo facessero. I giovani coinvolti si sono occupati anche della gestione pratica, ma la cosa più bella, la soddisfazione più grossa è stata vederli donare il loro tempo e il loro pensiero per progettare il Festival: ci hanno messo la testa, con serietà».

Sebastiano, uno dei giovani che si è messo in gioco, mi racconta: «La prima volta che ho sentito parlare dell’iniziativa è stata a maggio, durante una riunione del Nembro Giovane. Mi è piaciuta subito l’idea, eravamo in tanti giovani coinvolti. Siamo partiti da un brain storming poi, man mano si delineava il progetto, ognuno di noi assumeva il proprio compito. L’impegno è stato tanto sia nel periodo precedente il Festival per preparare al meglio le serate, sia durante gli eventi»

Di cosa vi siete occupati nello specifico voi giovani e qual è stato il tuo ruolo?

«Ci siamo dovuti innanzitutto preparare sulle misure anti-Covid e metterle in atto durante gli eventi; ci siamo occupati dell’accoglienza, io in particolare segnavo la presenza degli insegnanti perché la loro partecipazione valeva anche come corso di formazione. Inoltre abbiamo preparato i dialoghi con gli interlocutori attraverso letture e contributi video per conoscere meglio gli ospiti e pensare alle domande più adatte da sottoporre loro, per me è stato molto bello contribuire a strutturare il dialogo con Stefano Laffi. Qualcuno di noi si è occupato del sito e della grafica del Festival, altri del servizio di regia per trasmettere le serate sul canale Youtube dell’Oratorio. La prima serata è stata la più complessa perché ci siamo trovati molto presto per montare il palco e sistemare del materiale che poi sarebbe servito anche per gli eventi successivi»

Come ti ha segnato questa esperienza?

«Per me è stato emozionante che si parlasse di cultura con contributi di qualità nel nostro paese così provato da questa situazione, ho preso a cuore l’idea e mi sono divertito e appassionato molto nel progettarla. Mi ha incentivato e soddisfatto vedere le sedie sempre piene, fino alla fine degli incontri, il pubblico desideroso di ascoltare parole di speranza. Ho avuto la percezione che la gente abbia apprezzato. Per noi giovani è stata sicuramente una bellissima esperienza, ha creato un forte spirito di gruppo, ci siamo trovati molto bene tra noi».

Grazie per le idee, per l’mpegno, per la condivisione che ci permette lasciarci ri-generare dalle riflessioni che hanno trovato spazio a Nembro durante l’estate, perché davvero il Festival non finisca con il Festival e ognuno di noi possa chiedersi: come posso essere migliore di così?

Chi volesse vedere o rivedere le serate del Festival può trovare i video sul canale Youtube Oratorio Nembro. Di seguito i link diretti.

24 giugno, con Mario Calabresi:

1 luglio, con Alberto Pellai:

3 luglio, con Gigi Riva:

8 luglio, con Stefano Laffi:

10 luglio, con Franco Nembrini:

15 luglio, con Chiara Giaccardi e Mauro Magatti:

17 luglio, con Telmo Pievani:

22 luglio, con Saverio Tommasi:

29 luglio, con Martina Caironi e Michela Moioli: