L’inizio della scuola tra incognite e paure. La speranza è questa: ripartire

Mi è sempre piaciuto l’inizio della scuola. Quando ero piccola lo aspettavo sfogliando le pagine dei libri nuovi e aspirando il profumo della carta, dell’inchiostro. Lo aspettavo scrivendo il mio nome sulla copertina dei quaderni e immaginando come fossero cresciuti i compagni durante l’estate.

La stessa poesia l’ho vissuta negli anni scorsi con i miei bambini. Ma in questo 2020 no. Proprio non ci riesco. Lo zaino di Tommaso è esattamente come l’avevamo lasciato a febbraio, temo ci sia ancora dentro la merenda dell’ultimo giorno in cui è andato a scuola. Ha fatto la prima elementare. Ha fatto si fa per dire, giusto il tempo d’imparare a leggere e scrivere, poi è iniziato il delirio delle videolezioni con un crescendo di perdita di lucidà al quale la sottoscritta non è riuscita a sottrarsi.

Alice deve andare in prima elementare ora. E non le ho ancora comprato nulla. Mi è arrivato solo oggi l’elenco via mail del materiale necessario: quel che una volta si teneva nell’astuccio ora andrà chiuso in una scatola da scarpe, libri e quaderni si riporteranno sempre a casa, una sacca col cambio, una con le scarpe da ginnastica e stop. La lista dei materiali di Tommy dello scorso anno era lunga due fogli A4.

Pochi giorni fa si è finalmente saputo qualcosa in più sull’orario delle lezioni: solo al mattino, dal lunedì al venerdì. Alle 12.45 escono e si riportano a casa, non c’è servizio mensa. “Tale orario potrà essere prorogato fino al 3 ottobre 2020 in caso di tardiva assegnazione dell’organico docente ed Ata alle nostre scuole”. A me basta leggere la parola “tardiva” per sentir salire una vampata. Ma come tardiva. Sei mesi hanno avuto. Sei mesi. Ci provo anche, a essere ottimista. Ce la faremo, è solo questione di ripartire. Poi penso al fatto che i bambini si ammalano, per forza. Raffreddore e tosse, giusto per star leggeri e positivi. E penso a ciò che leggo ogni giorno, tra LEAD e DAD, carenze di organico, docenti che potrebbero esser dispensati perché lavoratori fragili, incognite sui supplenti, caos sugli insegnanti di sostegno, quarantene di classe se un alunno risulta positivo al Covid.

Mentre incrocio le dita sperando che davvero quanto meno si riparta e cerco la forza per leggere le lunghe circolari su “come preparare con i propri figli il rientro in sicurezza”, arriva l’avviso che dal 19 al 22 settembre le lezioni saranno sospese per i seggi elettorali del referendum. E boh, non ho parole. Voglio credere, profondamente e fortemente, che ai bambini venga finalmente riservata l’attenzione che meritano. Mio figlio ha perso un intero anno scolastico, perché parlare di DAD (fatta pure male) a sei anni è assurdo. Spero solo che di anni non finisca col perderne due. Spero solo di non dovermi ritrovare ancora con addosso la responsabilità di dover fungere, oltre che da madre, anche da insegnante. Perché no, con due figli alle elementari e la stanchezza che non mi abbandona mai, da sei mesi a questa parte, no, non ce la farei.