Un problema della scuola. Insegnare ciò che non si conosce?

L'insegnante. Competenza e capacità didattiche

Qualche giorno fa, chiacchiero tranquillamente con una ragazza che conosco da anni. La vedo particolarmente euforica e, prima che le domandi il motivo di questa euforia, mi anticipa e mi dice: “Don, sai che ho fatto domanda di entrare nella graduatoria per insegnare filosofia? Spero mi prendano”. Il sottoscritto, preso alla sprovvista, risponde con un lapidario: “Beh, io veramente.. non te lo auguro…”. Mi guarda sorpresa, forse non capendo se scherzo o sono serio. Per questo decido di motivare immediatamente la mia affermazione, che è decisamente seria.

A proposito di un’euforia fuori posto

La guardo e le dico: “Sono serio… e lo dico per il tuo bene e per quello dei ragazzi. Io credo che questo sia un serio problema della nostra scuola, che permette di inserirsi in graduatorie per insegnare ciò che non si è studiato…

col rischio di far del male alla persona che insegna e ai ragazzi”.

La mia affermazione, che sembrerà dura e perfino cattiva, si lega al fatto che questa ragazza ha un diploma di scuola tecnica, dove non ha affrontato studi di filosofia, ha poi frequentato l’Università, conseguendo la laurea magistrale in scienze pedagogiche, affrontando due soli esami di filosofia: un esame di base di storia della filosofia, con i testi, abbastanza semplici, che permettevano di capire cosa fosse la filosofia, e uno di filosofia della scienza, con un testo sulla struttura delle rivoluzioni scientifiche e uno sugli utilizzi fatti dall’uomo delle armi e dell’acciaio nella storia.

Kant chi è? E Hegel?

Quindi, le chiedo: “Se io ti dico Kant, cosa mi dici? “Qualcosa mi dice, ma ho letto solo poche pagine su un manuale di questo filosofo”; “Hegel?” “Sentito nominare, ma non so chi sia.. anche di Aristotele so giusto giusto il nome e che è un filosofo greco”; “Schopenhauer, Popper, Heidegger?” “Non ho idea di chi possano essere”.

Hegel (1770-1831)

Proseguo: “Ok, allora dimmi.. ammettiamo che avvenga che davvero una scuola ti chiami. Tra dieci giorni tu entri in una quinta liceo e devi spiegare Hegel, che fai? È uno dei filosofi più complessi anche per chi conosce bene la filosofia. Come pensi di fare? Leggi il manuale il pomeriggio prima e il giorno successivo ripeti quello che hai capito agli studenti? E se un alunno di quelli bravi ti fa domande e fa riferimento a un altro filosofo per capire se vi siano connessioni, risponderai che non sai di chi lui stia parlando?

Oppure, entri in una terza superiore, dove iniziano a studiare filosofia… e devi farla comprendere tu… spiegando bene Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito.. Socrate, Platone, Aristotele…

Come puoi fare, se non hai mai studiato tutto questo nemmeno alle superiori?”. La mia interlocutrice mi guarda con l’aria di una persona che è appena scesa da una navicella spaziale… mi accorgo che sono stato un po’ duro.

Socrate (470-399 a. C.)

Tuttavia proseguo, cercando di far capire che non intendo smorzare l’entusiasmo di nessuno, ma cercare di dare consigli che permettano di non farsi male nell’impatto con la realtà. “Vedi, conoscendoti bene io so che, tempo poche settimane, andresti in difficoltà, perché percepiresti che al momento non sei in grado di far fronte a questo incarico… con il rischio che i ragazzi, da buoni adolescenti, ti sbattano in faccia questa realtà in modo anche un po’ brutale… e se poi saltano in campo i genitori… sono dolori. Non ti sto incolpando, lo sai, anche perché la colpa non è tua, ma di chi permette alla gente di iscriversi a graduatorie per insegnare ciò che non ha studiato, col rischio di rovinare la persona e gli alunni, che hanno diritto di avere di fronte un docente che conosce la materia che insegna!”.

La laurea non basta

La chiacchierata poi passa ad altri temi e il clima si fa più gradevole. Tuttavia ero convinto, una volta tornato a casa, di aver fatto cosa buona a dirle la verità, o almeno quello che sentivo il bene per lei.

Altri discorsi si potrebbero fare, aprendo tante questioni su questo tema. Si potrebbe, ad esempio, citare il critico d’arte Philippe Daverio, scomparso qualche giorno fa, che è da tutti riconosciuto come uno dei massimi esperti italiani di arte e che ha insegnato questa disciplina nelle università senza aver mai conseguito alcuna laurea (superò infatti tutti gli esami di economia e commercio, ma senza mai discutere la tesi. Quindi non solo non si laureò, ma non studiò nemmeno mai storia dell’arte in ambito accademico!): certamente la citazione sarebbe significativa, ma non possiamo dimenticare che egli, seppur senza titolo accademico, studiò fino a diventare uno dei massimi esperti di storia e critica dell’arte, quindi egli conosceva bene ciò che insegnava!

Raffaello, La scuola di Atene, Vaticano

Un altro ragionamento che potrebbe emergere potrebbe essere spunto per un articolo interessante, che un giorno credo scriverò: la questione di chi, pur in possesso del titolo adeguato per l’insegnamento, non è in grado di insegnare o non si aggiorna adeguatamente nei contenuti e nei metodi. Certo, è verissimo che una persona potrebbe insegnare filosofia, essendo in possesso della laurea in filosofia, senza essere in grado di farlo adeguatamente. Ci sarà allora da riflettere sul fatto che la laurea nella disciplina è un prerequisito, ma non può essere l’unica caratteristica di chi svolge la funzione di docente nelle nostre scuole: serve altro e, soprattutto, serve un serio controllo in itinere del percorso non solo degli studenti, ma anche degli insegnanti. Insomma, sulla scuola c’è proprio da lavorare, molto da lavorare.  

  1. mi riferisco alla domanda posta nel titolo dell’articolo, e ponendo un altro grave problema che ci insidia nella pratica quotidiana del “fare”, tanto per fare, senza la cura necessaria, affinché ciò che produciamo in seno a qualsiasi attività, sia prodotto da grande impegno e competenza. Un’altra problematica che nell’articolo si mette in evidenza, è quella della ormai sorpassata validità del “pezzo di carta” che, come nei fatti possiamo constatare, non è più corrispondente ad una vera e provata capacità nello svolgere con competenza i ruoli assegnateci nella società. Concordo che lo studio e la preparazione deve comunque essere prioritario con qualsiasi mezzo, compreso quello tecnologico, che deve essere, però, in sussidio ma non unico mezzo nel raggiungimento dei nostri obiettivi di futuro lavorativo compreso quello dell’insegnamento. Einstein comprese che il nostro cervello è elastico e deve, come un paracadute, aprirsi, se lo si vuole “usare”, nutrendolo ed in continua progressiva evoluzione espansiva, fino a quando i nostri “occhi”(morte) si chiuderanno…P.s. Quella ragazza da lei citata però, ha il diritto di fare esperienza basata anche dagli stessi propri errori e che sono da imputare anche a chi è preposto a determinate scelte fatte su personale non idoneo, che ogni giorno ci troviamo di fronte, dietro ad uno sportello pubblico, ad una scrivania, come seduti sullo scranno del potere politico-amministrativo! E’ vero! c’è tanto cammino da fare…

  2. La nostra società è paradossale. Io sono laureato in Scienze Filosofiche:laurea magistrale, con 36 CFU in Storia e 24 in pedagogia. Quest’anno mi è stato proposto di insegnare educazione civica. Ho avuto qualche perplessità. Avevo bisogno di pensare, perché è una materia che non ho mai studiato. Sono una persona seria, con esperienza di insegnamento nelle mie materie. L’anno scorso facevo scuola da casa mia durante la didattica a distanza. Con il mio PC. Conosco molto bene i Filosofi. Democrito, Hobbes, Kant, Erasmo, Galileo, tutti li ho studiati. Stesso discorso per la Storia. Mi sono laureato in Storia Romana scrivendo una tesi in Latino. Ho sostenuto esami di 2000 pagine. Nell’ultimo mese ho mandato 700 CV senza risposta e pur inserito nelle graduatorie provinciali non ho trovato lavoro. Adesso sono disoccupato.

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