Custodire il creato, non dominarlo. Mauro Ceruti: la lezione della Laudato sì e la complessità di metterla in atto

Un impegno che coinvolge tutti, ad ogni livello, dai piccoli gesti quotidiani alle strategie politiche internazionali

Lo scorso 27 marzo, nel corso di una preghiera «in tempo di epidemia» che aveva condotto in una deserta piazza San Pietro, Papa Francesco aveva detto: «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda». Richiama questo concetto il titolo di un piccolo volume del filosofo della scienza Mauro Ceruti,  Sulla stessa barca. La “Laudato si’” e l’umanesimo planetario, disponibile tra pochi giorni nelle librerie(Qiqajon, pp. 102 con una prefazione di Edgar Morin e una postfazione di Francesco Bellusci, 10 euro). Con questo suo scritto Ceruti, ordinario all’Università IULM di Milano, ha voluto accogliere la richiesta della Comunità di Bose di commentare dal punto di vista della «teoria della complessità» il testo della seconda enciclica di Papa Bergoglio – la Laudato si’, appunto -, a cinque anni di distanza dalla sua promulgazione.

«C’è una profonda convergenza – afferma Ceruti – tra il magistero di Papa Francesco sulla questione ecologica (“sulla cura della casa comune”, come leggiamo nel frontespizio dell’enciclica) e la prospettiva della “filosofia della complessità”».

Vogliamo partire dalle condotte quotidiane delle persone? Negli ultimi anni, è cresciuta una sensibilità ecologica che si manifesta nei comportamenti di ogni giorno, dalla raccolta differenziata dei rifiuti all’adozione di misure di risparmio energetico nelle abitazioni. Questi atteggiamenti «virtuosi» non bastano?

«Intendiamoci, le pratiche di ecologia minima quotidiana sono tutte importanti e lodevoli, per due motivi: in primo luogo, costituiscono la via più immediata a una sensibilizzazione sulla nostra responsabilità nei riguardi della natura; inoltre, la somma di tante forme di impegno individuali ha un’incidenza pratica sulla salvaguardia dell’ambiente. Tuttavia occorre compiere un passo ulteriore, verso una formulazione corretta della questione ecologica: non si può trovare una soluzione a una crisi radicale, a livello ecologico e antropologico, semplicemente facendo affidamento sulla buona volontà dei singoli, rimanendo comunque legati a un modello di sviluppo prevalente dagli inizi dell’età moderna a oggi. Nella Laudato si’, ma anche in altri suoi interventi pubblici, Papa Bergoglio ha sottolineato l’esigenza di un cambiamento di paradigma, nel nostro modo di pensare le realtà naturali. Non possiamo accontentarci di piccoli gesti volti a lenire i sintomi di una malattia nel nostro rapporto con la natura: bisogna andare alle radici del problema. La malattia – come afferma Bergoglio – è causata dall’egemonia di un modello “tecnocratico” nel rapporto con i fenomeni naturali e umani. Nella Laudato si’, Francesco scrive che questo approccio “tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale”».

Un dubbio: nella ricerca di soluzioni adeguate ai problemi ambientali, non risulta importante anche il contributo della tecnologia? Nella ricerca di fonti di energia rinnovabili, per esempio?

«La tecnologia non va demonizzata. Parlando della prevalenza nella nostra cultura di un paradigma “tecnocratico”, però, intendo dire che alla tecnica viene delegata non solo la ricerca di soluzioni, ma la stessa formulazione, l’interpretazione dei problemi che la realtà pone. D’altra parte, ciò che chiamiamo “tecnica” si basa su alcuni principi fondativi della moderna civiltà occidentale, recentemente divenuta globale. Il primo di questi principi consiste, con le parole di Descartes, nella proclamazione dell’uomo come maître et possesseur de la nature: la natura è soggetta a uno sfruttamento sempre più intenso, come presupposto del progresso delle società umane. Che le applicazioni di questo principio però siano state fallimentari, è ormai entrato nella consapevolezza comune. Un secondo principio della moderna tecnocrazia afferma che il reale può essere conosciuto per via analitica, scomponendolo in frammenti separati: questa convinzione è stata prevalente negli ambienti scientifici dell’Ottocento, ma in epoca recente si è dimostrata sempre più inadeguata a dar conto di situazioni complesse, caratterizzate da una forte interdipendenza delle componenti costitutive. La filosofia della complessità afferma, proprio come dice Papa Francesco, che “tutto nel mondo è intimamente connesso”».

Su questo punto, il meteorologo Edward Lorenz e il matematico Philip Merilees avevano coniato un’immagine famosa: il battito d’ali di una farfalla in Brasile potrebbe anche provocare un tornado in Texas.

«Recentemente, un evento accaduto in un “mercato umido” della città cinese di Wuhan ha avuto conseguenze impressionanti in Italia, a Bergamo, oltre che nel resto del mondo. Sia l’enciclica Laudato si’, sia la filosofia della complessità hanno come punto di partenza il riconoscimento che non è possibile intervenire su un elemento senza che l’intero sistema ne risenta; nell’ambito delle azioni umane, gli effetti dei comportamenti individuali si estendono a tutti i nostri simili e al mondo circostante. Proprio per questa lucidità d’approccio, la Laudato si’ è stata giudicata da alcuni l’enciclica più importante degli ultimi cent’anni. Com’è nello stile di Bergoglio, il testo non parte da alcuni principi dogmatici deducendone norme impegnative per i soli fedeli cattolici: Papa Francesco si rivolge invece a “ogni persona che abita questo pianeta”, la Terra, richiamandosi all’esempio di Giovanni XXIII, che nel 1963 aveva indirizzato la Pacem in terris “a tutti gli uomini di buona volontà”. Bergoglio fa appello a tutti, particolarmente agli scienziati e agli intellettuali, perché si approfondisca la comprensione del ruolo dell’umanità nell’epoca della globalizzazione: “Abbiamo bisogno – scrive – di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti”».

Alcuni esponenti della cosiddetta deep ecology accusano però proprio la Bibbia e il cristianesimo di aver giustificato ideologicamente lo sfruttamento sistematico degli ambienti naturali. Dopo l’episodio del diluvio, nel capitolo 9 di Genesi Dio dice a Noè e ai suoi figli: «Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere».

«Io penso che oggi tutte le grandi tradizioni culturali e religiose debbano cercare dei punti di incontro e di accordo: in questo confronto, occorre valorizzare ciò che di meglio è presente in tali tradizioni, evitando di rinfacciarsi a vicenda gli errori del passato. Anche Papa Bergoglio richiama frequentemente la necessità di favorire un dialogo tra differenti posizioni, perché le sfide dell’epoca presente non possono essere affrontate in modo unidirezionale, da una sola prospettiva. Indubbiamente, un’interpretazione letterale di certi brani biblici porterebbe a giustificare un dominio indiscriminato dell’uomo su tutti gli altri esseri viventi. Questa interpretazione è stata sostenuta da molti agli albori dell’età moderna, nella cornice di una filosofia cartesiana che di per sé – come già ho accennato – tendeva a esaltare un primato assoluto dell’uomo sulla natura».

Degli stessi testi biblici si possono però dare anche letture differenti?

«Sì, non improntate al modello di un “antropocentrismo assoluto”. Tra i meriti di Bergoglio, vi è anche quello di aver sottolineato tale aspetto, per cui all’uomo è assegnato il compito di custodire la natura, non di dominarla con un atteggiamento dispotico. Del resto, la tradizione francescana – chiaramente richiamata sin dal titolo della Laudato si’ – ha fatto propria questa interpretazione. Ancora riguardo all’opportunità di privilegiare, nel confronto reciproco, gli elementi più positivi di diverse tradizioni culturali: oggigiorno, nel mondo, non si sta verificando uno “scontro di civiltà”, secondo la formula resa celebre dal politologo Samuel Huntington; notiamo invece come all’interno di ogni civiltà, di ogni cultura si stiano formando delle faglie tra chi è propenso a dialogare e chi è attestato su una rivendicazione arcigna, intransigente della propria appartenenza. Un’attitudine fondamentalista è presente un po’ ovunque, non solo nell’islam ma anche nel cristianesimo: lo dimostra pure, in alcuni ambienti cattolici, un atteggiamento di polemica astiosa contro Papa Francesco, costantemente accusato di annacquare i contenuti della dottrina tradizionale».