Pregare, dopo la pandemia

Le chiese vuote e le liturgie da reinventare

Tutti dicono che “niente sarà come prima”. La pandemia, secondo te, ha cambiato il nostro modo di pregare? Si prega di più o di meno? Che cosa si chiede? Secondo te si può dire che il nostro modo di pregare non sarà più come prima? Elisabetta.

Cara Elisabetta, le domande che poni sono molto impegnative e dal mio osservatorio credo di non avere elementi di valutazione sufficienti per offrirti risposte esaurienti. Cerco di aprire qualche sentiero di riflessione che poi potrai personalmente approfondire.

Il grande sconquasso

La pandemia ha sconvolto il vivere quotidiano personale e sociale, evidenziato fragilità e impotenza di fronte a un nemico invisibile che ha mandato in fumo i nostri deliri di onnipotenza, ha cambiato abitudini, posto interrogativi sul senso della sofferenza e della morte.

Il ritorno alla “quasi “normalità, poiché il virus continua ad essere presente, pone la questione sulla verità del nostro pregare, ancor più sulla pandemia è stata anche
una grande prova per le liturgie cristiane

e.

In questa diffusa paura e incertezza si è innalzato verso il cielo un fiume di preghiere da parte di singoli, di famiglie e comunità. I mezzi di comunicazione e le nuove tecnologie hanno trasmesso messe e rosari favorendo la partecipazione dei fedeli e facendoci sentire tutti uniti in questa supplica per salvare il paese e l’umanità da questa sofferenza.

Le grandi domande

Tutto quanto abbiamo vissuto ha accresciuto la fede nel Signore morto e risorto per noi, la certezza che siamo da Lui amati e custoditi e che nulla ci può separare dal suo amore? Siamo certi che la pandemia non è un castigo di Dio, come da qualche profeta di sventura è stato annunciato, e che il Signore crocifisso per noi ci accompagna nelle vicende della storia guidandoci verso il Regno? La sofferenza che abbiamo attraversato ha approfondito la nostra vita spirituale, la nostra relazione con il Signore o ha scoperto il vuoto del nostro cuore? Il nostro pregare di figli verso il Padre, elevando a Lui il nostro grido di aiuto e il nostro bisogno di salvezza, ci ha coinvolti solo nel tempo della fragilità e della paura ed ora ne possiamo fare a meno ? L’enfasi sul “non sarà più come prima” trova veramente forma in un cambiamento radicale del vivere quotidiano personale e sociale o è stata solo un’espressione relegata al momento drammatico che abbiamo vissuto?

Un dato di realtà evidente è che dopo la fase del lockdown la partecipazione all’Eucarestia è diminuita, tanti forse continuano la preghiera ascoltandola alla televisione o in streaming. Questo rileva purtroppo che l’Eucarestia è vissuta come preghiera e devozione personale poiché, forse, non si è ancora compreso che essa è l’atto supremo della Chiesa, dei credenti in Cristo e che non si può essere cristiani senza appartenere ad essa. L’Eucarestia fa la Chiesa e la costituisce, nasce da quel Corpo spezzato di Cristo che continua ogni volta che i cristiani si radunano insieme per spezzare il pane e per rinnovare in Cristo la loro donazione. Le celebrazioni virtuali non possono essere autentiche liturgie, ma strumenti di devozione e di aiuto alla preghiera personale che preparano la partecipazione alle liturgie comunitarie.

”Il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa”

Mi chiedo quanto la Parola di Dio sia stata ed è anche ora il riferimento per i credenti a cui attingere luce, sapienza per vivere l’oggi della storia, per alimentare la preghiera e formarci a un’autentica profondità spirituale. La preghiera cristiana è innanzitutto ascolto di Dio che parla a ciascuno di noi e alla Chiesa affinché, ispirati dalla forza interiore che Egli ci dona, possiamo essere certi della sua vicinanza e vivere ogni evento secondo la sua volontà.

La fase che stiamo vivendo dovrebbe essere caratterizzata dalle scelte che la pandemia ha ispirato perché non sia passata invano. Così papa Francesco affermava in quella bellissima omelia pronunciata in una piazza san Pietro vuota, in cui spiccava il crocifisso e l’icona della madre di Dio: “Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di te, Signore, e verso gli altri.” Oggi è il tempo di scegliere, se non l’abbiamo fatto ancora: scegliere una preghiera autentica che attinge all’esperienza della propria comunità e della Chiesa, che dà spessore alla vita e le dona di attraversare con fede le tempeste della storia perché attinge alla certezza che l’Amore è più forte di ogni morte.