La fuga in Egitto da Giotto a Bansky: arte e preghiera per la Giornata Mondiale del Rifugiato

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di don Tarcisio Tironi, direttore del Macs di Romano, e una preghiera a cura dell’Ufficio diocesano migranti in vista della Giornata Mondiale del Rifugiato che si celebra il 27 settembre. Una cavalcata nell’arte da Giotto a Bansky,

Nel Vangelo secondo Matteo (2,13-15) si legge che, appena partiti i Magi dall’incontro con Gesù, Giuseppe fu avvertito in sogno da un Angelo del Signore. Poche righe per riferire un comando deciso e una risposta pronta: «“Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio”». 

Il viaggio della cosiddetta «Fuga in Egitto», citato esplicitamente solo in questo dei quattro Vangeli, ha avuto una grande diffusione grazie ai testi apocrifi (quelli cioè non inclusi nell’elenco dei libri sacri della Bibbia) presenti nel mondo latino, portatori di molteplici e curiosi dettagli circa l’infanzia di Gesù. Gli artisti di ogni epoca hanno attinto e attingono dagli apocrifi («Vangelo dello pseudo-Matteo», «Vangelo arabo-siriaco dell’infanzia», «Il Vangelo armeno dell’infanzia») e da altri testi, come le varie «Omelie» del cristianesimo orientale e occidentale, per narrare della Santa Famiglia che ha dovuto allontanarsi da Nazareth sino alla morte di Erode.

Fra i numerosi autori che, attraverso mosaici, pitture murali, affreschi, miniature, incisioni, vetrate, rilievi di capitelli, scene scolpite su portali di chiese, sculture, quadri hanno dato origine a opere d’arte, ci sono Antelami, Giotto, Lucas Cranach il Vecchio, Jacopo della Quercia, Gentile da Fabriano, Carpaccio, Pieter Bruegel il Vecchio, Annibale Carracci, Nicolas Poussin, Rembrandt, Gianbattista Tiepolo, Orazio Gentileschi; poi quelli recenti come Marc Chagall, Georges Rouault, Renato Guttuso, Arcabas, Marko Rupnik, fino a giungere a Banksy. 

Il consistente numero di opere artistiche nate a commento di questo episodio citato da Matteo, testimonia la diffusione e la popolarità della «Fuga della Santa Famiglia» nel corso dei secoli, considerata un’esperienza tipica di ogni famiglia rifugiata. 

Gli artisti hanno evidenziato di volta in volta diversi aspetti della «Fuga in Egitto»: il sogno di Giuseppe, la partenza, l’inseguimento dei soldati di Erode, i vari miracoli, l’attraversamento di regioni, il cammino, il riposo, l’arrivo e la dimora in Egitto e, quello più raro, del Ritorno dall’Egitto caratterizzato dalla presenza del Bambino non più infante ma già grandicello. Essi narrano del viaggio dei tre Famigliari, al sicuro perché scortati da angeli che confortano e distraggono dalle fatiche o caratterizzato da miracoli oppure dalla cordiale accoglienza delle popolazioni locali. 

Maria è presentata come ogni mamma che con amore protegge e si preoccupa del Figlio che, il più delle volte, compare rannicchiato fra le braccia della madre o addormentato nella fascia a tracolla allacciata alla spalla materna. In altre opere la Vergine seduta sul dorso dell’asino con il turbante piatto tipico delle zingare o sotto una palma o un sicomoro, allatta il Bambino oppure lo disseta porgendogli dell’acqua con una ciotola.

Giuseppe di solito appare vecchio mentre, con un fardello sulle spalle, conduce l’asino su cui siede la Mamma col Figlio controllando che non ci siano ostacoli o, più raramente, porta Gesù sulle spalle, oppure offre frutta a Gesù e a Maria. Durante il Riposo egli veglia oppure dorme, è intento a far giocare il Bambino o contempla in ginocchio il Figlio di Dio o, più raramente, è seduto, intento a leggere un libro. 

Dalla fine del Medioevo, alcuni artisti raffigurano il tema del Riposo durante la fuga, contraddistinto da concerti di violino o di flauto, da palme che si piegano per offrire datteri, dal grano che cresce così velocemente da salvare la Santa Famiglia dai soldati di Erode e altri raccontano delle fatiche e del smarrimento dei genitori di Gesù durante la permanenza in Egitto. Molto rara ma anche assai curiosa, è la descrizione dell’incontro della Santa Famiglia con una zingara indovina nell’atto di leggere la mano a Gesù o di predire a Maria le sofferenze che l’aspettano.

Come tutta l’arte cristiana pure l’iconografia della «Fuga in Egitto» cambia decisamente dopo il Concilio di Trento che si conclude nel 1563. Sono quasi del tutto aboliti i dettagli suggeriti dai Vangeli Apocrifi e l’impianto generale si fa più decoroso. La fuga avviene spesso di notte, come sta scritto nel brano dell’evangelista Matteo. L’asino scompare nella quasi totalità delle opere e, di conseguenza, sia la Vergine sia Giuseppe sono a piedi, con Gesù che cammina tra loro che lo tengono per mano. Alla Santa Famiglia sempre più frequentemente s’accompagna un gruppo di angeli, festanti o musicanti, cucinieri o abili nel giocare con il Bambino. Compare poi una nuova tipologia iconografica molto utilizzata dagli artisti: la Santa Famiglia attraversa un fiume (il Giordano o il Nilo) su una barca condotta da un angelo che tiene il timone. 

Anche per la quantità delle opere su quel viaggio forzato – solo nelle chiese bergamasche ce ne sono più di duecento, dal XII secolo fino ai primi anni del duemila – è impossibile commentarle singolarmente. Mi limito a evidenziare poche interpretazioni tra le tante interessanti e curiose, partendo da quella che sembra essere la più antica.

Tra i mosaici dell’arco trionfale, realizzati tra il 430 e il 440, nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma, compare nel primo registro a destra, la scena dell’angelo che, in nome di Dio, ordina a Giuseppe di partire. Nel secondo registro, sempre a destra, è raffigurato l’episodio – tratto dall’apocrifo «Vangelo dello pseudo-Matteo» – di Afrodisio, governatore della città egiziana di Sotine, che si fa incontro al Cristo, riconoscendone la divinità dopo che al passaggio del Figlio di Dio, tutti gli idoli del tempio caddero a terra. Da notare che Gesù è rappresentato già fanciullo, in piedi, con sopra il capo una piccola croce dorata, e accompagnato da due angeli, mentre altri due angeli stanno dietro a Giuseppe e Maria, vestita come un’imperatrice.

La fuga in Egitto di Giotto

Giotto, affresca tra il 1303 e il 1305 le pareti Cappella degli Scrovegni a Padova, lasciando uno dei più grandi capolavori. Dipinge la “Fuga in Egitto” sulla parte meridionale rifacendosi nei particolari al «Vangelo dello pseudo-Matteo». Giuseppe, il primo del gruppo, si volta a controllare che Maria e il Figlio stiano bene. Un giovane vestito di nero (simbolo della morte di Gesù) e con una corona di edera sul capo (riferimento alla vita eterna donata da Gesù ai credenti), conduce l’asino seguendo le indicazioni dell’angelo che sta sopra. Al centro è raffigurata una dignitosa Maria con il Bambino seduto su un asino dipinto da Giotto in modo identico a quello su cui sta Gesù mentre entra a Gerusalemme. Dietro ci sono due ragazzi e una ragazza secondo quanto sta scritto nell’apocrifo: «con Giuseppe c’erano tre ragazzi e con Maria una ragazza che faceva la stessa strada». Per l’artista, questo viaggio si fa simbolo della vita di ogni persona e di ogni famiglia in cammino per raggiungere la libertà e la vita eterna.

L’artista e writer inglese, Banksy, considerato il maggior esponente della Street Art, che nei suoi murales tratta specialmente argomenti di critica alla nostra società, in occasione del Natale del 2017 ha raffigurato un fatto della Fuga in Egitto in maniera provocatoria rispetto alle tradizioni, ai riti, alle festività, divenute quasi completamente consumistiche. Di fronte alla «Grotta del Latte», luogo di pellegrinaggio e di preghiera, vicino alla Chiesa della Natività a Betlemme, dove si narra che, durante la Fuga, la Santa Famiglia abbia fatto una sosta per permettere alla Madonna di allattare il bambino Gesù, l’artista pone il suo intervento intitolato «Peace On Earth» (Pace sulla Terra). Grande sintesi d’arte composta da questa scritta e da un’altra che sta sotto, di dimensione minore: «terms and conditions apply» (Termini e condizioni di utilizzo) che si rifà a una formula di contratto. Evidente è il messaggio che sbugiarda i numerosi proclami di pace e gli infiniti pretesti burocratici che fingono di invocare la pace.

Fuga in Egitto di Ester Gaini

Sono molto rare le donne che hanno creato opere d’arte sulla Fuga in Egitto. Per quanto è possibile sapere, nella terra di Bergamo ne risulta una sola: Ester Gaini (1929 -2007), nata e vissuta in Val Cavallina che, tra l’altro, ha trattato almeno tre volte il tema biblico. Un olio su tavola sul celebre episodio della Santa Famiglia, realizzato nel 1977, si trova al Museo d’Arte Contemporanea-Donazione Meli di Luzzana. Di qualche anno precedente è l’altra opera sul tema – un delicato ed efficace monocromo di colore marrone su piastrellina bianca – visibile al Museo d’Arte Sacra di Romano (M.A.C.S.). La terza opera, in collezione privata, con pennellate sciolte e corpose, presenta in modo essenziale la difficoltà e la fatica non solo fisica dei genitori di Gesù. Giuseppe con lunghi capelli e barba bianca, vestito di scuro, guida pensieroso l’asino su cui siede Maria in manto rosso che, rivolta all’indietro, rilegge in silenzio quanto ha lasciato e il senso di ciò che sta vivendo a motivo del candido divino Infante a lei abbracciato. Il paesaggio spoglio e dai colori spenti conferma la situazione dolorosa.

Le opere dedicate dagli artisti all’episodio menzionato da Matteo e quasi completamente ignorato dalla riflessione teologica dei primi secoli cristiani, sono il punto di riferimento delle famiglie sradicate dal loro ambiente. La Chiesa cattolica affrontò esplicitamente il problema con la costituzione apostolica «Exsul Familia», pubblicata (1.8.1952) da Pio XII che scelse, già dal titolo, il riferimento esplicito alla Famiglia di Nazareth costretta a migrare. Il documento si inizia così: «La Santa Famiglia rifugiata di Nazareth, che fugge in Egitto, è l’archetipo di ogni famiglia rifugiata. Gesù, Maria e Giuseppe, in esilio in Egitto per scappare dalla furia di un re cattivo sono, per tutti i tempi e tutti i luoghi, l’esempio e i protettori di ogni migrante, straniero e rifugiato di qualsiasi tipo, che forzato dalla paura di persecuzioni o da necessità, è costretto a lasciare il suo paese natale, gli amati genitori e parenti, gli amici più stretti, e cercare un paese straniero».

Nel messaggio «Come Gesù Cristo, costretti a fuggire», inviato per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato di quest’anno, domenica 27 settembre, Papa Francesco scrive: «Vorrei partire dall’icona che ispirò Papa Pio XII nel redigere la Costituzione Apostolica Exsul Familia. Nella fuga in Egitto il piccolo Gesù sperimenta, assieme ai suoi genitori, la tragica condizione di sfollato e profugo “segnata da paura, incertezza, disagi. Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà» (Angelus, 29 dicembre 2013). In ciascuno di loro è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella. Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire».

Le opere artistiche ci aiutino a vivere di persona e nelle comunità questi messaggi, sicuri che la Santa Famiglia accompagna, nel dolore e nella speranza, la famiglia umana. 

don Tarcisio Tironi

Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2020

PREGHIERA

Padre, Tu hai affidato a San Giuseppe ciò che avevi di più prezioso: il Bambino Gesù e sua madre, per proteggerli dai pericoli e dalle minacce dei malvagi.

Concedi anche a noi di sperimentare la sua protezione e il suo aiuto. Lui, che ha provato la sofferenza di chi fugge a causa dell’odio dei potenti e il vivere da straniero, fa’ che possa confortare e proteggere tutti quei fratelli e quelle sorelle che, per diversi motivi,  lasciano la propria casa e la propria terra per mettersi in cammini pieni di speranza.

Aiutali, per la sua intercessione, ad avere la forza di andare avanti, il conforto nella tristezza, il coraggio nella prova.

Dona a chi li accoglie un po’ della tenerezza di questo padre giusto e saggio, che ha amato Gesù come un vero figlio e ha sorretto Maria lungo il cammino.

O Signore, aiutaci a riconoscerci “sulla stessa barca” e sostieni le nostre comunità nell’impegno di reciproci gesti di prossimità e benevolenza che possono far crescere la comunione.

Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore, pellegrino e ospite in mezzo a noi. 

Amen.