La Chiesa, la povertà, il caso Becciu

Riflessioni dal monastero

Voi fate il voto di povertà. Come avete visto il caso del cardinal Becciu? Andrea.

Caro Andrea la vicenda del cardinal Becciu è un capitolo molto triste di questo tempo e della storia della Chiesa. La giustizia farà il suo corso, ma notizie come queste sfigurano la bellezza di una testimonianza evangelica che ogni credente, e in particolare gli uomini e le donne consacrate, danno al mondo.

Ci abita tanta sofferenza perché amiamo la Chiesa

Direi innanzitutto che ci abita tanta sofferenza perché amiamo la Chiesa e mai la vorremmo ferita dai suoi figli. Siamo ben consapevoli della fragilità che ci caratterizza, anche se siamo stati chiamati a cose tanto grandi nel sacerdozio o nella vita consacrata, e crediamo che la nostra vocazione, ogni vocazione, è solo dono del Padre delle misericordie, pura grazia ed elezione per cui rendere grazie.

Non siamo migliori degli altri, né esenti da peccato, ma solo donne e uomini graziati!

Questo non ci esime dal giustificare debolezze, fragilità e peccati, ma ci chiede un’ assunzione maggiore di responsabilità nei confronti delle nostre intenzioni e azioni. Anche se viviamo in clausura e, come tu dici abbiamo fatto voto di povertà, non viviamo fuori dal mondo e non possiamo fare a meno dell’uso del denaro. Il voto di povertà è una scelta che afferma che solo Dio è l’unica ricchezza a sufficienza, ma che nella storia, esso è necessario affinché la vita sia dignitosa.

“Non viviamo fuori dal mondo
e non possiamo fare a meno del denaro”

Siamo amministratori dei beni che ci sono stati affidati, non ci appartengono, e dobbiamo amministrarli con sapienza evangelica.

Il rapporto con il denaro rimane sempre qualcosa di estremamente delicato perché, se tenuto solo per sé, diventa una forma di prestigio personale, potere, sfruttamento e i frutti di queste cattive ed egoistiche amministrazioni delle ricchezze sono evidenti nei segni di povertà che affliggono uomini e donne in tanti parte del mondo.

La saggezza nell’uso del denaro. Il voto di povertà

Non scandalizziamoci troppo per le odierne vicende, ma impariamo a considerare le piccole ingiustizie e le cattive amministrazioni dei nostri beni, della mentalità imperante che mira a uno smodato uso di beni. Sembra che si debbano possedere un’infinità di cose superflue e che bisogna produrre per consumare a getto continuo senza mai fermarsi,

ma forse possiamo imparare che le cose necessarie sono molto poche, quelle utili ancor meno.

Il voto di povertà ha un’accezione molto ampia: san Francesco e santa Chiara ci esortano a vivere senza nulla di proprio. È veramente povero, e vive senza nulla di proprio, colui che riconosce che tutto ciò che c’è di buono o fatto, viene da Dio e non gli appartiene, deve renderlo, restituirlo al suo proprietario, in rendimento di grazie. Noi siamo amministratori, utenti temporanei dei suoi beni. Vivere senza nulla di proprio non significa essere indigenti, ma consapevoli di ciò che si possiede e ci possiede, poiché il cuore sta negli atteggiamenti che definiscono le nostre relazioni con il Signore, con noi stessi, coi fratelli e le sorelle. Questo esige la trasparenza ad essere adeguatamente aperti e onesti su chi siamo, cosa e quanto abbiamo, nella responsabilità a rendere conto, in modo accurato e veritiero, su ciò che ci viene affidato nel piccolo e nel grande.

Il monastero delle Clarissi di via Lunga

Da questo può nascere la capacità di vivere secondo i nostri reali bisogni, sapendo ciò che è sufficiente e necessario e vigilando sulla nostra umana tendenza ad accaparrare cose, denaro…, disposti rinunciare a qualcosa per condividerlo con i fratelli.

Una vita così manifesta la fiducia incondizionata nel Padre dei cieli, la sequela appassionata nel Signore Gesù che si è fatto povero per noi, per arricchirci con la sua povertà, la docilità allo Spirito che ci rende poveri perché possiamo diventare capaci di accogliere e rimanere nella vita di Dio.

Caro Andrea, ogni piccola o grande ingiustizia che compiamo nell’uso dei beni, non è solo un peccato contro i poveri, ma è anche peccato contro il Dio che in Gesù si è fatto povero,

rinunciando alle sue prerogative divine per assumere e salvare la nostra fragile carne. Tutto questo non può lasciarci indifferenti e deve interrogarci perché la nostra vita personale e quella delle comunità cristiane ritorni ad essere annuncio del Regno presente in mezzo a noi.