Avere fede in tempi cupi. Il teologo Tomáš Halík: con Dio ci vuole pazienza

La proposta di lettura della Biblioteca diocesana del Seminario questa settimana riguarda il saggio di Tomáš Halík, «Pazienza con Dio» (Vita e Pensiero).

Nel corso della storia, come anche in questo nostro tempo disincantato e disorientato, sono tanti i motivi sociali e personali, come l’angoscia del vivere quando il male e la sua assurdità sembrano avere la prima e l’ultima parola, che possono portare a concludere che Dio sia lontano, nascosto, o che semplicemente non esista, non ci sia.

La copertina del volume

È questo il punto di partenza del saggio Pazienza con Dio di Tomáš Halík, sacerdote ceco, docente di filosofia e sociologia della religione all’Università statale di Praga: Dio è mistero, e sia l’ateismo sia la fede intransigente sia l’entusiasmo di una fede troppo facile impattano di fronte ad esso perché mostrano tutta l’impazienza che hanno di risolverlo. Troppa impazienza.

La figura evangelica che accompagna queste riflessioni è quella di Zaccheo, il ‘piccolo’ pubblicano che cerca da lontano Gesù ed è però pronto quando il Signore lo chiama per nome e si invita nella sua casa. Il teologo Halík, nato e vissuto in uno dei Paesi considerati più atei del mondo, chiede di riconoscere gli Zacchei di oggi, quei ‘cercatori’ non credenti o anche credenti ma accompagnati dal dubbio, chiede di chiamarli per nome, di avvicinarli, di cercare e di interrogarsi insieme a loro, di portarli dai ‘margini’ al ‘centro’, al cuore, come ha fatto Teresa di Lisieux (ma l’intero testo è intriso di riferimenti e aneddoti legati a moltissimi testimoni e filosofi), scelta come esempio del farsi prossimo al fenomeno dell’indifferenza religiosa, avendo sperimentato in prima persona la notte oscura della fede con una povertà di spirito tale da non considerare più nulla come estraneo e non amato, nemmeno l’esperienza dell’assenza di Dio.

Di fronte a un mistero così grande, assoluto, occorre soffermarsi sulla soglia a piedi scalzi, serbarlo nel cuore come Maria, attraversare il deserto e l’oscurità come Israele nell’esodo. Occorre avere pazienza con Dio, che ci viene incontro in questo cammino di ricerca e di attesa, perché Lui stesso per primo è paziente con l’uomo che chiama. In fondo fede e dubbio coesistono entrambe dentro ciascuno, non sono contrapposte, gli stessi teologi sono i ’dubbiosi di professione’. E l’autore individua, con ottimismo, nella crisi della fede odierna il Venerdì Santo necessario per arrivare alla Pasqua, per non confondere il Dio cristiano con l’idea infantile di un Dio magico, di un Dio dalle facili consolazioni, ridotto a idolo funzionale e al nostro servizio.

L’autore conclude questa sua riflessione mostrando come la forma più alta di pazienza, con Dio, e da Lui stesso voluta, e con gli altri, è l’amore: l’amore è paziente, come dice san Paolo e, ancora, chi non ama non ha conosciuto Dio, come afferma la Prima Lettera di Giovanni. Ed è l’amore la prima risposta ai bisogni di questo nostro tempo: occorrono infatti voci e braccia per andare a stanare quell’epidemia sotterranea di solitudini di-sperate. 

Silvia Piazzalunga

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