Aiuto donna: “Tante violenze nel lockdown sono rimaste nascoste”

Sono stati mesi di silenzio per i centri anti violenza, da marzo a maggio. Un silenzio che non prometteva nulla di buono: “Eravamo preoccupate – spiega Oliana Maccarini, presidente dell’associazione Aiuto Donna -: sapevamo che la violenza non era sparita, ma era semplicemente nascosta. Le donne si erano ritrovate in compresenza col loro maltrattante, non avevano la libertà di chiamarci ed intraprendere qualche iniziativa. Qualche chiamata arrivava, in orari strani, ma erano per lo più donne che avevano già conosciuto i centri e avviato un percorso di uscita. Non le abbiamo lasciate sole: i nostri numeri telefonici sono stati convogliati su un solo canale, attivo 24/24”. Finito il lockdown, il telefono ha ripreso a squillare, i casi di violenza hanno avuto un andamento progressivo ed esponenziale, come indicano i dati raccolti al Centro Antiviolenza di Aiuto Donna riguardanti il territorio di Bergamo e provincia in cui sono presenti: nel 2020 sono 602 le donne che si sono rivolte a loro, tra le cinque sedi operative (Bergamo, Dalmine, Seriate, Vigano San Martino e Terno d’Isola). Un dato che conferma il trend del 2019, dove le donne erano state circa 600. “Durante il lockdown come centro antiviolenza – prosegue Maccarini – sapevamo che molte donne  stavano stringendo i denti, sopportando ancora più del solito tutte le forme di violenza, per via dell’isolamento forzato. Quando i nostri telefoni hanno ripreso a suonare molte hanno riferito, più di altri periodi, la paura di morire. Oggi ritroviamo donne sfinite, stanche e disilluse. Molte di loro si aspettavano, davanti al dramma collettivo dell’emergenza Covid, un ridimensionamento dei comportamenti maltrattanti del proprio partner. La nostra percezione è che le donne si ritrovino oggi in condizioni più gravi rispetto ai propri percorsi di autodeterminazione: alcune hanno perso il lavoro, altre sono ancora in bilico nella precarietà assoluta e sono più impaurite ed isolate”. Nei mesi di settembre ed ottobre i centri di Aiuto Donna hanno riattivato l’apertura delle sedi, con appuntamenti cadenzati per non creare assembramenti; anche ora, con questo secondo lockdown, le sedi rimangono aperte, non su accesso libero, ma previo appuntamento. Durante il lockdown si è anche concluso, a distanza, un progetto contro la violenza sulle donne promosso dalla Provincia di Bergamo, Aiuto Donna e La Svolta, associazione accreditata nella Rete Antiviolenza, punto di riferimento per quegli uomini che vogliono intraprendere un percorso di cambiamento rispetto ai comportamenti violenti messi in atto nelle relazioni affettive. Il progetto mirava alla sensibilizzazione degli studenti delle scuole superiori professionali: “Manca una riflessione da parte dei giovani: non sanno individuare quale è il limite del rispetto e del controllo. Per loro il controllo, il sapere dove sei, con chi sei, cosa fai, è una manifestazione d’amore, non una mancanza di fiducia che può sfociare in altro”. Un progetto che sperano di poter riproporre più avanti, anche se l’obiettivo è che questi temi vengano trattati sin dalla scuola dell’infanzia: “A livello nazionale sollecitiamo affinché non siano i singoli centri antiviolenza ad operare, ma che possa diventare una materia all’interno del progetto educativo scolastico: in alcuni Paesi è già realtà. Bisogna far crescere i bambini con questi concetti dentro di sé, partendo dalla scuola dell’infanzia, per far sì che maschi e femmine crescano in parità”. “Pensi di essere stupida, perché ti fai picchiare – testimonia Romina Foresti in un video realizzato dalla Rete Interistituzionale Antiviolenza degli Ambiti Territoriali di Bergamo e Dalmine. Innamoratasi a 23 anni, sposata a 26, uscita dalla spirale di violenza a 30 anni -. Non ne parli con nessuno, anche perché lui in qualche modo allontana tutti. Le allontani le persone, perché hai paura e hai vergogna di ciò che ti sta accadendo. Alla fine sei veramente sola. Lui era una persona che dal di fuori era la perfezione. Dopo che ci siamo sposati ha cominciato a picchiarmi per quasi tre anni, non tutti i giorni, ma spesso. C’è sempre qualcosa che non va, fino a farti sentire inadeguata, in qualsiasi situazione. Il Centro Antiviolenza mi ha veramente aiutata e dato molto, senza mai spingermi, le operatrici mi hanno accompagnato alla consapevolezza di quello che sono diventata e sono oggi. Ho avuto il coraggio di risalire, di farcela e di raccontare la mia testimonianza”. “L’appello che lanciamo in occasione di questo 25 novembre non è diverso dagli altri anni – conclude la presidente di Aiuto Donna -, ma è più carico di sofferenza e fatica per tutte. Bisogna uscire dal silenzio riaprendo in sicurezza i luoghi per le donne e creare opportunità di lavoro e abitazione a canone agevolato”.