Papa all’udienza: “Per Dio siamo più importanti noi di tutti i peccati che possiamo fare”

“Per Dio siamo più importanti noi di tutti i peccati che possiamo fare”. Perché “lui è padre, lui è madre, lui è amore puro, e non smetterà mai di benedirci”. Ad assicurarlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming e dedicata alla preghiera di benedizione. Parlando a braccio, come ha fatto a più riprese nella catechesi, Francesco ha evocato l’immagine delle mamme che fanno la coda per entrare in carcere ed andare a trovare i loro figli. “Non smettono di amare il figlio”, ha commentato:  “Sanno che la gente che passa dirà: ‘Ah, questa è a mamma del carcerato’, ma per loro è più importante il figlio che la vergogna”. Leggere i testi biblici di benedizione in un carcere, o in una comunità di recupero, ha testimoniato il Papa, è un’esperienza forte: “Far sentire a quelle persone che rimangono benedette nonostante i loro gravi errori, che il Padre celeste continua a volere il loro bene e a sperare che si aprano finalmente al bene. Se perfino i loro parenti più stretti li hanno abbandonati perché ormai li giudicano irrecuperabili, per Dio sono sempre figli”. “Dio non può cancellare in noi l’immagine di figli”, ha ribadito a braccio Francesco: “ognuno di noi è figlio, è figlia”. “A volte si vedono accadere dei miracoli”, la tesi del Papa: “uomini e donne che rinascono, perché trovano questa benedizione che li ha accolti come figli. Perché la grazia di Dio cambia la vita: ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo”. Al termine dell’udienza, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana collegati in streaming, il Papa ha ricordato nella preghiera la strage di sabato scorso in Nigeria – con oltre 140 vittime tra cui molti bambini – e le quattro missionarie uccise in El Salvador, rapite e assassinate 40 anni fa.

Nei racconti della creazione, “Dio continuamente benedice la vita, sempre”, l’esordio della catechesi: All’inizio del mondo c’è Dio che ‘dice-bene’, benedice, e quando arriva all’uomo, e la creazione si compie, riconosce che è molto buona. Da lì a poco quella bellezza che Dio ha impresso nella sua opera si altererà, e l’essere umano diventerà una creatura degenere, capace di diffondere nel mondo il male e la morte; ma nulla potrà mai cancellare la prima impronta di Dio, un’impronta di bontà che Dio ha posto nel mondo, nella natura umana in tutti noi: la capacità di benedire e di essere benedetti”.

“Non c’è peccato che possa cancellare completamente l’immagine del Cristo presente in ciascuno di noi”, afferma il Papa: “Nessun peccato può cancellare quell’immagine che Dio ha dato a noi, quell’immagine di Cristo. La può deturpare, ma non sottrarla alla misericordia di Dio. Un peccatore può rimanere nei suoi errori per tanto tempo, ma Dio pazienta fino all’ultimo, sperando che alla fine quel cuore si apra e cambi”. “Dio è come un buon padre e come una buona madre”, l’immagine scelta da Francesco: “non smettono mai di amare il loro figlio, per quanto possa sbagliare. Sempre”.

“Dio ci ha insegnato a benedire, e noi dobbiamo benedire: è la preghiera di lode, di adorazione, di ringraziamento”.  Nella parte finale della catechesi, il Papa spiega che “la preghiera è gioia e riconoscenza”:  “Noi possiamo solo benedire questo Dio che ci benedice, dobbiamo benedire tutto in lui”.

“Questa è la radice della mitezza cristiana”, spiega Francesco: “la capacità di sentirsi benedetti e la capacità di benedire. Se tutti noi facessimo così, non esisterebbero le guerre. Questo mondo ha bisogno di benedizione, e noi possiamo dare la benedizione e ricevere la benedizione.

Il Padre ci ama. E a noi resta solo la gioia di benedirlo e di ringraziarlo, e di imparare da lui a non maledire, ma benedire. noi abbiamo un cuore benedetto, e da un cuore benedetto non può uscire la maledizione.
Il Signore sempre ci insegni a mai maledire, ma a benedire”.