Maria “Immacolata concezione” e modello di donna credente

L'Avvento, l'attesa e la figura incomparabile della "piena di grazia"

Abbiamo appena celebrato la festa dell’8 dicembre. Il titolo della festa – “Immacolata concezione della beata vergine Maria” – mi intimorisce un po’. In che senso un’immagine siffatta ci fa sentire vicina la nostra sorella e madre Maria? Laura

Cara Laura, la festa dell’Immacolata celebra una verità fondante la nostra fede: afferma che Maria di Nazareth non è stata toccata dal peccato originale fin dal suo concepimento.

Il catechismo della Chiesa cattolica così dice. “Dio ha scelto gratuitamente Maria da tutta l’eternità perché fosse Madre di suo Figlio: per compiere questa missione è stata concepita immacolata. Questo significa che, per la grazia di Dio e in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento”.

Una creatura ricolma dell’amore di Dio

Come poteva Dio non preparare un madre degna di accogliere suo Figlio, l’amato, il prediletto, il totalmente santo? Dio l’ha pensata e voluta da sempre, nel suo imperscrutabile disegno, come una creatura piena di grazia, cioè ricolma del suo amore. Ella pur vivendo nel mondo, inserita nella storia di Israele suo popolo, non è stata però toccata dal male e dal peccato. Anzi, il male in lei è stato sconfitto perché Dio l’ha ricolmata di ogni grazia, salvandola per sua sola misericordia.

Guardando a lei possiamo vedere l’immagine di ogni donna e uomo, ogni creatura, come Dio aveva pensato e creato al principio, prima del peccato: possiamo scorgere il nostro vero volto di figli amati, la nostra vera immagine non sfigurata dal male e dal peccato.

“Maria è la donna del ‘sì’, dell’’eccomi’,
ecco-me, pronunciato in modo
totalmente consapevole e fiducioso”

Il dogma che la definisce può incutere, a un primo sguardo, un po’ di soggezione e rendere la sua persona distante dalla nostra vita, ma in realtà dobbiamo guardarla come ci viene presentata dai Vangeli e riconoscerla, prima ancora che madre di suo Figlio, come vera discepola, modello di donna credente.

Maria si è formata alla scuola dei poveri di Jhwè, una corrente spirituale all’interno dell’ebraismo; si è nutrita dell’ascolto delle scritture dalle quali ha appreso tutta la sapienza ispirata del popolo d’Israele, l’obbedienza amorosa alla legge e alla ricerca della volontà di Dio. Maria è la donna del “sì”, dell’“eccomi”, ecco-me, pronunciato non in modo sdolcinato o passivo, ma totalmente consapevole e fiducioso, consegnato al Dio fedele, ritenuto credibile e affidabile. In lei la grazia e la volontà si sono uniti in una danza armoniosa, sino a divenire spazio accogliente nel quale lo Spirito ha potuto compiere le sue meraviglie. Ella ha scelto di scommettere sul Signore, docile alle sue sorprese, per compiere solo ciò che a Lui piace.

Maria non pone limiti a Dio, non lo sceglie quando gli fa comodo o quando desidera miracoli o doni, ma lo accoglie nella sua vita sempre e vive fidandosi di lui.

Maria e l’arte della sospensione

La sua esistenza non è stata facile o priva di prove. Stare con il Signore non significa essere esenti da difficoltà o problemi. Pensiamola sotto la croce di suo figlio, oppure nella fatica di comprendere le sue parole, i suoi gesti, in quel continuo “ruminare” la Parola affinché si svelasse.

“L’angelo, dopo l’annuncio si allontanò da lei,
cioè, la lasciò sola con quella chiamata misteriosa
che ha capovolto i suoi progetti”

A noi che vogliamo tutto e subito, che non comprendiamo più il significato dell’attesa e della pazienza, Maria ci insegna l’arte della sospensione, del rimanere, dello stare in ogni situazione senza fuggirla, per attraversarla e abitarla nella fede, nella certezza che Dio è con noi.

Non dimentichiamo che l’angelo, dopo l’annuncio si allontanò da lei, cioè, la lasciò sola con quella chiamata misteriosa che ha capovolto i suoi progetti; un mistero da comprendere giorno dopo giorno, da spiegare a Giuseppe, di cui portarne il peso di fronte ai commenti del vicinato. Noi leggiamo la sua vicenda quando ne conosciamo l’esito, lei, come noi, ha dovuto viverla, nella fatica di portare la vita: solo la fede l’ha sostenuta dall’annunciazione al calvario, fede come continuo affidamento, consegna nel tempo del giorno e della notte: sempre.

Il suo io ha lasciato il posto a Dio

Maria non ha dubitato di Dio e della sua promessa, ha camminato come pellegrina, si è lasciata plasmare dalla vita in cui ha riconosciuto la sua presenza viva e operante. Tutto di lei è stato apertura, il contrario del peccato che porta alla chiusura e all’isolamento: il suo io ha lasciato il posto a Dio. Ha vissuto nell’ascolto di Dio fino a che in lei la Parola si è fatta carne. Guardiamo a Maria, cara Lura, perché ci aiuti a fare spazio a Dio nella nostra vita, convinte che il nostro “eccomi” quotidiano non impoverirà la nostra libertà, ma anzi, ci renderà gravide di vita vera.

Maria ci insegna che la bellezza della vita è racchiusa in un “sì” che dice la scelta di una appartenenza: la libertà non è non appartenere a nessuno o a niente, ma scegliere a chi e a cosa donare tutto sé stesse nell’amore, certe di essere avvolte dalla benedizione e dal favore di Dio. Un’esistenza radicata in questa certezza non può che divenire dono verso i fratelli, annuncio della misericordia del Signore che ci ha raggiunto e ha preso “carne” in noi.

“Qualcuno ha paragonato Maria a una perla di incomparabile splendore, formata e levigata dalla paziente accoglienza della volontà di Dio attraverso i misteri di Gesù meditati in preghiera. Che bello se anche noi potremo assomigliarle un po’ a nostra madre! Con il cuore aperto alla Parola di Dio, con il cuore silenzioso, con il cuore obbediente, con il cuore che sa ricevere la Parola di Dio e la lascia crescere come un seme del bene della Chiesa”. (papa Francesco).