Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana: il Natale è luce che scalda il silenzio delle case

“Una donna ogni giorno va a lavorare in macchina percorrendo una cinquantina di chilometri tra andata e ritorno. Il momento più difficile della sua giornata è quando al ritorno si ritrova sulle strade di casa, e si mette ad ascoltare il tempo che passa (…) La donna dice che in giro si vedono macchine, ma non si vedono cani né bambini. Come se l’unico loro scopo nella vita fosse di mettersi al riparo da seccature, imbarazzi o complicazioni, gli abitanti vivono nascosti in quelle villette, uscendo allo scoperto solo per andare al lavoro o fare la spesa in quel supermercato. Nessun ricorda neanche più cosa potrebbe esserci là fuori, a parte le ore del giorno, il tempo che passa. Allora nello spazio riempito da quel silenzio residenziale c’è solo tempo che passa, percepibile solo perché il silenzio lo rende così lento che sembra non passi mai”

Gianni Celati, “Tempo che passa” in “Narratori delle pianure”

È una sensazione che Celati registra spesso, nella sua esplorazione lungo il corso del Po all’inizio degli anni ’80, e riporta costantemente nelle sue pagine: il silenzio residenziale. È l’atmosfera triste che si respira tra strade deserte e villette geometriche tutte uguali, frutto di un pensiero astratto sui modi di abitare. Eppure Celati, al pari dell’amico fotografo Luigi Ghirri, ama puntare lo sguardo proprio su quei piccoli segni che testimoniano una presenza umana dietro la standardizzazione spersonalizzante. Talvolta è solo un piccolo vaso di fiori sul davanzale a dare valore ad abitazioni altrimenti tristemente uguali a tutte le altre.

Il silenzio e la solitudine hanno invaso anche le nostre città e le nostre case negli ultimi mesi. Se la fine dell’anno è solitamente il momento opportuno per tracciare un giudizio sul tempo trascorso, per molti il rischio è che il tempo del 2020 sia stato troppo spesso sola attesa del tempo che passa. Un tempo non vissuto ma passato ad attendere di vivere. Un tempo sull’argine della vita, fuori dal suo corso. Il protrarsi così lungo di un periodo così strano rischia di far perdere proprio il nostro desiderio di vivere, di consegnare la nostra esistenza ad una sala d’attesa in cui non si aspetta più nulla. Solo il tempo che passa.

Il mistero del Natale ci raggiunge proprio in questa condizione. Tra le mille preoccupazioni sull’orario delle celebrazioni e i confini entro cui muoversi, abbiamo una certezza: Dio viene ad abitare in mezzo a noi. Dio vuole fare casa con noi. Anche se viviamo sospesi in un silenzio residenziale che ha anestetizzato i nostri desideri, è Lui che viene ancora una volta a trovarci. Ad abitare quella solitudine, a dare senso a quei silenzi. È alla luce di questa certezza che acquisiscono valore e bellezza quei piccoli segni che addobbano le nostre case e le nostre strade in questi giorni. Testimonianze di una presenza che ha il sapore della novità, di un amore che si rinnova e squarcia la solitudine, di una luce che scalda il silenzio.