Natale con la Croce in un dipinto di Lorenzo Lotto

Natività – Lorenzo Lotto : 1523

Natività – Lorenzo Lotto / 1523 – olio su tavola cm.46×38
Washington – National Gallery of Art – collezione Kress
La piccola tavola è firmata e datata “L. Lotus 1523”.

Lotto la esegue durante la permanenza a Bergamo dal 1514 al 1525 – uno dei momenti più intensi della sua opera – dove il suo spirito inquieto, la sua devozione tra fede e apostolato e il locale genius loci troveranno reciproci stimoli.

La tavola, probabilmente destinata alla devozione privata, si trovava inizialmente a Bergamo nella collezione del conte Morlani, poi in quella Bonomi a Milano.

Passata alla Contini Bonacossi, viene acquistata nel 1937 da Samuel Kress che la donerà alla National Gallery nel 1941.

Chi guarda il quadro, anche Lorenzo quando lo dipinse, vede la scena da un androne oscuro di un portico con solenni stipiti di gusto classico in controluce.

Sullo stipite di sinistra una rozza mensola, un asse sorretto da due pioli, regge un crocefisso devozionale, quasi una santella, fiocamente rischiarata da un non visibile lume di strada.

Sulla soglia del portico esplode una luce zenitale; Giuseppe e Maria contemplano il Bambino. 

“Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.” (Luca 2,7)

Nella provvisorietà di un giaciglio di fieno, il Bambino agita le gambe e, indifeso, apre le braccia rivolto alla Madre con uno sguardo che ricerca protezione; le sue dita articolano uno slancio d’affetto.

Maria contempla il figlio a braccia incrociate sul petto; il volto di profilo è concentrato in un pensiero profondo “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.” (Luca 2,19).

Giuseppe, non più in disparte come nella consolidata tradizione dei presepi, partecipa con gioia e commozione all’avvenimento. 

Nella Bergamo del tempo è infatti in atto la rivalutazione della sua figura e viene invocato come patrono speciale della città: Giuseppe, che aveva protetto Gesù e Maria dalle stragi di Erode, proteggerà anche Bergamo nelle tribolazioni delle guerre d’Italia.

In primo piano una borraccia e un fardello sono appoggiati alla cesta del Bambino. Il fardello è una bisaccia per il viaggio, ma è il sacco della misericordia. Per San Bernardo “…Dio ha inviato sulla terra un sacco pieno di misericordia…strappato a pezzi durante la Passione perché ne uscisse il prezzo del nostro riscatto…”.

A destra lo scorcio di una stalla con il tetto di paglia lascia intravedere bue e asino: gli idoli antichi sono in ombra, vinti dalla nuova luce.

Una scala a pioli è appoggiata al muro per salire al fienile: è la scala del contadino, ma anche la scala di Giacobbe che unisce terra e cielo

Nella stalla e nel fienile l’ombra è percorsa da fasci di luce che piovono da non visibili aperture, così lo spazio si dilata, oltre il limite fisico del quadro.

Due tortore bianche, simbolo di fedeltà, sono appollaiate alle travi del tetto.

Una recinzione di ramaglie intrecciate, secondo l’antico uso dei contadini lombardi, ancora nell’ombra, chiude la scena su un paesaggio aperto di colline sfumate dove un pastore sorveglia il suo gregge.

Poco spostato un pezzo di legno riporta la firma di Lorenzo Lotto e una data semi nascosti da un pannolino bianco: è una pialla del falegname Giuseppe o una trappola per topi? Per Agostino ”…la nascita di Cristo fu la trappola da cui il demonio ricevette definitiva sconfitta.”

Nel cielo sopra la stalla tre angioletti volano portando uno spartito: uno canta, quello al centro allunga la vista per leggere meglio, il terzo trattiene il cartiglio mosso dalla brezza.

E’ l’annuncio di “…pace in terra agli uomini che egli ama.” (Luca 2,14)

Nel piccolo quadro della Natività pensata a Bergamo nei tribolati anni del primo ‘500, Lorenzo Lotto compone una sua personale e originale meditazione in un crescendo di significati evocati dalle vibrazioni chiaroscurali.

Nel buio del porticato, all’esterno del quadro, stanno coloro che guardano la nascita di Cristo nel tempo della storia: siamo noi, qui e ora.

Ancora nella penombra, il crocefisso, immagine nell’immagine, racconta il doloroso destino che attende il Bambino; è un semplice oggetto di devozione, nei pressi di una stalla, per pregare, meditare, sciogliere dubbi, accogliere tribolazioni. 

In piena luce in uno squarcio di limpido, su un orizzonte leggermente velato, tre angeli che sembrano giocare annunciano l’alleanza nuova ed eterna.