Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. A Natale l’umanità rinasce in Dio

È un bambino! L’Onnipotente ha manifestato la sua grazia per renderci capaci di amore vero, principio di vita deiforme, dandoci così la potenza di operare animati dalla carità. […] Per giungere a tanto, il Divino infante già ci ammaestra, nella Sua immacolata povertà di ogni cosa terrena, a rifiutare lo spirito di questo mondo per vivere sobriamente e giustamente e pienamente, facendoci una cosa sola, e unirci così in una grande Famiglia, intenta alle buone opere, nella beata speranza della Sua finale manifestazione. 

Clemente Rebora

Clemente Rebora fu poeta, scrittore e sacerdote. Possiamo pensare che questo passo, scritto a commento del Vangelo del Natale, fosse una nota, un appunto, magari la chiusa di un’omelia in cui condensare l’essenza del Natale. 

Prima di tutto, un bambino. Questo richiamo suona ancora più forte oggi, che del Natale siamo costretti a rinunciare a tutto, tranne che a quel bambino. Ora che abbiamo capito cosa significhi non avere corpo, restare a distanza, potremo percepire ancora più intensamente la grandezza di un Dio che, dopo una storia di presenza a distanza con il suo popolo, decide di farsi uomo, di farsi carne, di venirci a trovare faccia a faccia.  E, quando avremo capito l’amore di Dio per noi, saremo anche noi capaci di amare lui e gli altri: infatti saper amare non è dote innata, si può imparare solo se prima qualcuno ce l’ha mostrato, amandoci, e quel bambino ci ha amato per primi, prima ancora che fossimo un desiderio di chi ci ha dato vita.

E Dio non perde un secondo della sua vita in mezzo agli uomini per insegnarci l’amore: nella povertà in cui nasce, quasi da senzatetto, ci mostra come lui venga solo per servire, e non per ricevere gli onori da re che pure gli spetterebbero. La logica che ha portato Dio a camminare tra gli uomini non è una logica umana: pur amando gli uomini di questo mondo egli rifiuta il mondo, rifiuta la sua legge egoista e materiale e ci insegna a desiderare qualcosa di più.

Chi impara a vivere secondo la sua logica di amore, prosegue Rebora, non sarà più solo, ma unito a Dio e per mezzo di lui ad ogni altro uomo. Il Natale allora non è solo Dio che si fa corpo, ma è anche tutta l’umanità che rinascendo in Dio si fa una cosa sola. Il bambino ci insegna l’unità. Ed è solo immersi nell’amore e nell’unità che possiamo attendere e desiderare la venuta di Dio, quando finalmente incontreremo pienamente quel bambino di cui nel Natale pregustiamo la presenza, nella fiducia che, quel giorno, potremo unirci anche noi a quel canto pieno di gioia che accompagnò il primo Natale.