2020. Le cose buone di un anno funesto

Non tutto è andato male nell'anno che ci lasciamo alle spalle

Tutti parlano delle molte cose andate storte durante questo “disgraziato” 2020. Secondo te e nella tua personale esperienza mi potresti dire invece le cose che sono andate bene? Così mi tiri un po’ su di animo. Giuditta.

L’anno che sta per concludersi è stato difficile e drammatico, cara Giuditta: esso passerà alla storia come uno dei tempi più sofferti a causa della morte, del dolore, dello smarrimento e della povertà notevolmente aumentata soprattutto tra le fasce già deboli e precarie della società. I nostri posteri studieranno questa epoca come una delle più tragiche nella quale l’umanità intera ha sperimentato una grande impotenza, di fronte al dilagare di un’epidemia sconosciuta anche ai grandi luminari della scienza.

Ci siamo risvegliati

Impossibile, dunque, dimenticare questo 2020, che ci ha colti impreparati, intontiti da torpori esistenziali. Questo anno, dunque, definito da molti funesto, ha avuto, tuttavia, il “pregio” di averci risvegliati da questi assopimenti per “fare i conti” con la dura realtà della nostra fragilità e tentare di dare un orientamento nuovo alla vita personale, sociale ed ecclesiale. 

“È allora venuto spontaneo invocare il Signore
come i discepoli durante la tempesta: Signore, Salvaci».

Questo è un primo dato reale positivo dell’anno che ormai va concludendosi, una “cosa” paradossalmente “andata bene”: poveri e ammalati, smarriti e confusi abbiamo alzato il nostro sguardo al Cielo, invocando l’aiuto divino come unica àncora di salvezza; dinanzi allo svanire dei nostri sogni di onnipotenza, ci siamo ritrovati poveri, feriti, incapaci di bastare a noi stessi, bisognosi dei fratelli e dell’aiuto del Signore. È allora venuto spontaneo invocare il Signore come i discepoli durante la tempesta: «Signore, Salvaci». Ci siamo accorti, cammin facendo, che il Signore non ci aveva abbandonato alla furia del mare, ma era presente proprio dentro le pieghe di quei giorni tristi, rispondendo in modo misterioso, ma reale al nostro grido. 

Una vicinanza misteriosa e paterna

Molti sono stati i segni della sua presenza accanto a noi, ne ricordiamo alcuni: il nostro papa Francesco, i nostri vescovi, i nostri sacerdoti, fatti intercessori presso Dio nel chiedere le grazie necessarie per superare questa tempesta; la riscoperta della preghiera domestica familiare, dimensione che stavamo ormai dimenticando: privati dalla possibilità di partecipare, in presenza, all’Eucarestia, abbiamo imparato a pregare in famiglia, celebrando proprio fra le mura di casa anche le più grandi solennità dell’anno liturgico. Proprio come il popolo di Israele in “esilio”, – ebbe a dire il nostro vescovo Francesco – eravamo senza tempio, senza sacrificio, senza comunità! Ma non ci siamo arresi! Lentamente abbiamo “inventato” nuove modalità per esprimere la nostra fede e per sentirci parte della Comunità, Corpo di Cristo. 

“Nella dedizione dei medici,
degli operatori sanitari, degli infermieri
abbiamo intravvisto il chinarsi concreto del Signore
sulle nostre membra deboli e ammalate”

La vicinanza e la presenza di Dio hanno preso il volto concreto della solidarietà e della vicinanza, informale od organizzata, di molti fratelli e sorelle impegnati nel soccorrere le persone sole e le famiglie seriamente in difficoltà; nell’impegno concreto dei giovani che si sono rimboccati le maniche dandosi da fare, là dove maggiore era la necessità. Nella dedizione dei medici, degli operatori sanitari, degli infermieri abbiamo intravvisto il chinarsi concreto del Signore sulle nostre membra deboli e ammalate, per portare guarigione, conforto, consolazione o per accompagnare nell’ultimo viaggio verso la vita, benedicendo il morente perché potesse sentire tutta la tenerezza del Signore e dei propri cari. 

Tutti sulla stessa barca

La vicinanza e l’aiuto del “cielo” si sono concretizzati anche nel volto degli scienziati e dei ricercatori che hanno lavorato alacremente per trovare il tanto “invocato” vaccino, capace di un freno al dilagarsi di questa pandemia. Ancora: nell’impegno dei nostri responsabili di governo, che hanno fatto sforzi immani per trovare vie condivise per arginare il contagio; negli insegnanti ed educatori chiamati a trovare modalità inedite per fare scuola alle nuove generazioni. 

La grazia più grande che, tuttavia, vorrei evidenziare è stata quella di scoprirci vicendevolmente “tutti sulla stessa barca”, fratelli e sorelle chiamati a “remare insieme”, perché l’umanità tutta possa giungere unita ad una vita più umana e umanizzante. 

Le cose andate bene non sono mancate, cara Giuditta: nella certezza che il nostro Dio non salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza, compiendo proprio lì i suoi prodigi, iniziamo un nuovo anno con la fiducia di colui che si sente sempre sostenuto e accompagnato dalla provvidenza del Padre.

È questo il nostro auspicio per il nuovo anno!