Covid-19: Luca Viscardi racconta l’inferno della malattia e il ritorno alla vita “a piccoli passi”

“Sono sempre stato un soggetto in perfetta salute e in tutta la mia vita ho trascorso in ospedale al massimo cinque o sei giorni. Il Covid-19 è arrivato con una violenza incredibile e mi ha costretto a più di trenta giorni di ricovero, di cui oltre venti steso a letto, senza nemmeno la forza di camminare”. È una testimonianza forte quella del bergamasco Luca Viscardi, uno dei più noti e apprezzati conduttori radiofonici italiani, blogger e youtuber, innovatore e divulgatore, che ha deciso di raccoglierla nel libro “La vita a piccoli passi” (Sperling & Kupfer). Luca ricorda il percorso fatto per tornare a una vita normale attraversando il vuoto, una frontiera sconosciuta, una malattia misteriosa.

Viscardi racconta l’esperienza profonda della fragilità, la fatica di affrontare l’inaspettato, l’imponderabile: “Ho studiato il Coronavirus appena comparso, ero convinto di essere informato e predisposto a ogni evenienza, eppure quanto accaduto mi ha trovato impreparato quando ha suonato alla mia porta”.

Ci sono stati i medici ad accudirlo, ma più di tutto il conduttore racconta di aver sperimentato quanto sia necessario “fare squadra”, creare legami, lasciarsi aiutare in situazioni difficili come questa: “Una delle cose che ho imparato da questa esperienza, per alcuni versi dolorosa, è che ci sono momenti in cui la testa è più forte del nostro corpo. Ci sono passaggi in cui la carezza di un amico, anche nella forma di un messaggio, rafforza e migliora l’effetto di un medicinale. Quando fare anche un solo passo era impossibile, perché non riuscivo a uscire dal letto, lo stimolo più grande a reagire è venuto da un mio amico alpinista, Marco. Penso non sia stato un caso: un uomo abituato a sfidare quote impossibili, a resistere senza ossigeno, a stare al freddo in condizioni quasi disumane è stato una guida a distanza. Mi ha preso per mano e, anche da lontano, mi ha trasmesso quella voglia di reagire e quel desiderio di combattere che hanno fatto la differenza. Mi ha infuso la convinzione che i dottori e i farmaci, da soli, non avrebbero potuto sostituire il mio impegno e il mio sforzo per vincere la battaglia”. 

È drammatica la descrizione dei primi due giorni al pronto soccorso dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, fra le barelle “parcheggiate ovunque” e i pazienti con gli occhi smarriti e la maschera di ossigeno sul volto.

Il racconto di Luca è semplice, diretto, per quanto possibile auto-ironico, sincero, intessuto di riflessioni e ricordi che aiutano a leggere da una prospettiva molto personale la situazione della pandemia, insieme esperienza singola e collettiva, soprattutto a Bergamo. Viscardi mette un accento speciale anche sul modo in cui generalmente affrontiamo la sofferenza, la malattia, il dolore e il lutto, con la grande fatica di condividere, di superare la barriera del silenzio: “Un abbraccio anche virtuale è un propellente spettacolare, non costa nulla e funziona alla grande”. La copertina del libro è l’opera che l’artista Alessandro Adelio Rossi ha dedicato a Bergamo, e che ha deciso di donare a chi sostiene l’attività dell’ospedale Papa Giovanni XXIII: grazie a questa iniziativa sono già stati raccolti oltre diecimila euro.