Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. Apriamo i nostri scrigni

“E ti vengo a cercare
anche solo per vederti o parlare,
perché ho bisogno della tua presenza
per capire meglio la mia essenza.” 

(F.Battiato)

Siamo all’inizio di un nuovo anno, il tempo di festa è terminato, ritorniamo ad una quotidianità che appare quanto mai piena di incertezze; una quotidianità che sembra essere solo un tempo di passaggio, in attesa di un tempo in cui essere davvero liberi, in cui essere davvero felici. 

Ma se fosse proprio questo un tempo benedetto, un tempo di occasione?

Mi affascina sempre molto contemplare i Re Magi, questi sapienti che si sono lasciati stupire da come il Signore si presentava, anche se forse in modo totalmente diverso da come se lo erano immaginati: deposto in una mangiatoia e nei panni di un bambino in fasce, piccolo, fragile, bisognoso di tutto. 

I Re Magi si muovono perché provano un desiderio: sentire una promessa di bene. Mi stupisco perché quel desiderio di essere benedizione l’abbiamo proprio tutti nel cuore: a volte lo sentiamo con forza, altre lo proviamo a nascondere, perché svela la nostra fragilità, altre ancora sta in attesa che noi lo ascoltiamo. 

Eppure sta lì. A volte seguiamo i segni luminosi che ci sembrano rispondere a quel desiderio, altre di segni non ne vediamo nemmeno l’ombra, altre ancora quei segni che abbiamo seguito si rivelano solo flebili luci destinate a spegnersi. Eppure quel desiderio sta lì.

Mi stupiscono i Re Magi perché non aspettano un altro tempo, altre condizioni. I Re Magi hanno la grazia di cogliere nel loro tempo, nelle loro condizioni e nelle loro libertà la presenza del Signore, così come decide di manifestarsi, non aspettando che il tempo cambi, che le condizioni siano diverse, che vengano fatti dei passi.

Il Signore è nato esattamente in quel tempo, in quelle condizioni, in quel luogo, non in un altro.

Colti dalla gioia di fronte ad una simile scoperta aprono i loro scrigni, aprono il loro cuore, la loro parte più intima, deponendo a quel bambino la loro ricchezza, le loro preghiere, le loro ferite.

Sì, perché se è nato in quel tempo, in quelle condizioni, loro non possono far altro che consegnargli quello che sono, esattamente così com’è, dentro le contraddizioni, le ambiguità e le bellezze che li abitano e che abitano quel tempo.

Allora contemplare in questo tempo di ripresa questa scena bellissima, in cui questi tre uomini “prostratisi lo adorarono”, diventa un augurio perché la nostra vita sia Epifania, perché quella ricerca di bene che sentiamo possa trovare un bambino avvolto in fasce esattamente nella nostra storia di oggi. 

Apriamo il nostro scrigno, lasciamo che il nostro io più intimo, fatto di relazioni, fragilità, ricchezze, lavoro e passioni, si lasci trasformare da quel bambino avvolto in fasce, perché è solo così che il nostro cuore può vedere questo tempo e questa quotidianità come benedetti.

Che sia un tempo benedetto!