La protesta degli studenti di Nembro: “La scuola è sempre l’ultima ruota del carro”

professore, mascherina

Pubblichiamo – come spunto di approfondimento e dibattito, anche negli oratori – la lettera di un gruppo di studenti di quinta superiore di Nembro, scritta per motivare la protesta di oggi contro il prolungarsi della didattica a distanza e in generale per far emergere una cronica mancanza d’attenzione alla scuola e ai giovani.

La scuola è la base del nostro futuro, rappresenta le fondamenta su cui poggiano la civiltà e lo Stato. Ultimamente, però, sembra piuttosto evidente che l’interesse verso di essa sia venuto meno, soprattutto da parte di chi dovrebbe occuparsene con più riguardo e passione.

Non ci stiamo riferendo soltanto a questo periodo di difficoltà generale, ma anche alla situazione di “normalità” in cui ci trovavamo prima di essere catapultati, a marzo dell’anno scorso, in un vortice di inadeguatezza e di scarico delle responsabilità.

È vero, se c’è una cosa che questa emergenza ha mostrato con chiarezza, è che la scuola è l’ultima ruota del carro, l’ultima priorità, l’ultimo naufrago a cui lanciare il salvagente. Ma se guardiamo con più attenzione, ci accorgiamo che il sistema scolastico è da sempre trascurato, in favore di altre questioni considerate più rilevanti, più impellenti, o più semplici da risolvere.

Lo dimostrano la scarsa tendenza ad innovare e ad innovarsi, la mancanza di mezzi e di fondi per il mantenimento degli istituti, l’incapacità di adattarsi ai nuovi strumenti, la poca considerazione per chi dentro alla scuola lavora per garantire un futuro alle prossime generazioni, la negligenza istituzionale sulla questione dei trasporti e molti altri fattori ancora.

La stessa didattica a distanza si è rivelata un’arma a doppio taglio. Per quanto utile per un periodo temporaneo, alla lunga sono emerse delle problematiche: da alcune ricerche del Censis e della Brown University è emerso che il 28,5 % delle scuole italiane ha escluso ed esclude fino al 5% degli studenti per il mancato accesso a smartphone e pc e a svantaggi di tipo economico; la perdita stimata a livello di apprendimento è di circa il 35% nella lettura e del 50-63% nella matematica.

È chiaro, la didattica a distanza doveva essere un mezzo che ci trasportasse intatti a lidi più sicuri, in attesa che le questioni di sicurezza legate alla scuola venissero sistemate. Eppure, dopo un mese di tentato rientro, rieccoci qui, di nuovo a casa, di nuovo davanti ad uno schermo. Di nuovo in fondo alla lista delle cose da fare.

Abbiamo capito, alla fine, che l’interesse che la nostra fascia di età suscita è in realtà soltanto un interesse di facciata. Per questo, di fronte a delle istituzioni insensibili alle nostre richieste e incapaci di elaborare in dieci mesi un piano efficiente di ritorno in presenza, abbiamo deciso di prendere noi l’iniziativa.

Lunedì 18 gennaio, scenderemo in piazza e faremo didattica a distanza da lì, sperando con la nostra forma di protesta, di far scattare qualcosa in chi di dovere e di mandare un segnale forte. Un segnale che parli di novità, di pari opportunità, di maggiore considerazione e maggior riguardo verso quella che è la nostra porta sul futuro.

Sappiamo bene che il momento è critico, e rimarremo in DAD per quanto verrà ritenuto opportuno finché i contagi non scenderanno, ma desideriamo anche essere parte fondante di un cambiamento radicale del modo di rivolgersi all’istituzione scuola, che sfoci in un’attenzione maggiore al suo sostentamento e alle istanze di chi ci vive o ci lavora, fino ad ora largamente ignorate.

“Il domani appartiene a chi oggi si prepara ad affrontarlo”. Siamo noi, e dobbiamo fare qualcosa per salvarlo.

Filippo Ghilardi, Fabio Tomassoni, Francesco Tombini, Asia Brugnetti, Gaia Morzenti, Davide Lena, Alice Sana, Sebastiano Foresti, Luca Barcella, Giordano Galbusera, Luca Galbusera