Pandemia e preghiera: “Abbiamo riscoperto il bisogno di gridare a Dio il nostro dolore”

Care sorelle, secondo il mio parroco la pandemia ha portato una maggiore attenzione alla preghiera e alla dimensione spirituale. Dice che la gente sembra partecipare con più entusiasmo alla Messa, forse perché è diventata una delle poche occasioni per ritrovarsi nella comunità. Voi che ne pensate?

Maria

Indirettamente la pandemia ha portato maggiore attenzione alla preghiera e alla dimensione spirituale come non si sperimentava da decenni, cara Maria! 

In tempo di grande dolore, di sofferenza indicibile, di lutti inimmaginabili dai numeri apocalittici, in assenza totale di risposte adeguate in campo medico, tutti abbiamo riscoperto il bisogno di gridare a Dio il nostro dolore, il nostro smarrimento, pregando e riflettendo. Come i discepoli sul mare in tempesta abbiamo innalzato al cielo il nostro grido, la nostra supplica: «Signore, salvaci!». 

Nel tempo dello stretto lockdown, la preghiera domestica, soprattutto quella del rosario o di adorazione, vissuta in collegamento on line da soli o insieme ai propri familiari, è divenuta quotidiana nelle nostre case, segno di un bisogno del cuore, di una necessità dell’anima smarrita e travolta da questo vero e proprio tsunami. 

Anche la partecipazione alla santa Messa quotidiana o festiva in diretta streaming è stato un grande aiuto per i cristiani “in esilio”, una vera grazia: impossibilitati a riunirci come comunità nelle nostre chiese, per celebrare il sacrificio di Cristo, ascoltare la sua parola e percepire la vicinanza e il conforto dei propri sacerdoti, abbiamo potuto seguire, almeno attraverso i social, le diverse liturgie. Durante le fasi acute della pandemia e dello stretto confinamento, dunque, le celebrazioni in diretta streaming si sono rivelate una vera e proprie benedizioni per tutti i credenti.

Tali celebrazioni, tuttavia, ci hanno privati di una dimensione indispensabile per la celebrazione della santa messa: quella comunitaria. L’Eucarestia, infatti, non è mai un evento privato, individuale, ma necessita, per sua natura, della partecipazione concreta e reale della Comunità, senza la quale non è possibile celebrare. L’Eucarestia, infatti, fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucarestia. 

In questo tempo in cui ci è ridonata la possibilità di frequentare, pur con le dovute precauzioni, le nostre chiese, la partecipazione alla santa Messa in presenza (a parte per gli ammalati, gli anziani, e per coloro che realmente non possono uscire dalla propria abitazione) è necessaria. 

L’osservazione del tuo parroco è molto consolante! Constatare che i propri fedeli, dopo un tempo di forzato “digiuno” liturgico comunitario, ritornano con entusiasmo a partecipare alla Messa, con la gioia di riconoscersi fratelli e sorelle, in ascolto del Risorto che ogni volta ci spiega le Scritture, spezza il pane e ci invia nel mondo per portare il suo amore, è incoraggiante; ciò non è scontato, dato il generale e diffuso assottigliarsi dei fedeli praticanti per diversi motivi. 

Speriamo, augurandocelo di tutto cuore, che la tua comunità non sia un “isola felice”, ma esprima il “sentire” di molte altre parrocchie, di molti altri fedeli desiderosi di riappropriarsi, magari con un maggior approfondimento formativo, della propria vocazione ad essere membra vive della Chiesa, Corpo di Cristo. «La Chiesa è il corpo di Cristo! E non si tratta semplicemente di un modo di dire: ma lo siamo davvero!» (papa Francesco nell’udienza generale del 22 ottobre 2014). 

Auspichiamo vicendevolmente di crescere in questa consapevolezza che qualifica la fede di ogni cristiano.