Sergio Piazzolla, volontario del Servizio Esodo: “Attenzione e accoglienza anche ai tempi del covid”

Sergio ha 58 anni. Impegnato da sempre nel volontariato, otto anni fa ha cominciato a prestare servizio anche alla mensa della stazione. E da lì non ha più smesso.

“Avevo sempre fatto volontariato in parrocchia – inizia a raccontare -, quando sono riuscito a liberarmi da alcuni compiti che svolgevo, sono andato io da don Fausto perché mi aveva sempre incuriosito questo mondo. Don Fausto mi ha detto di andare subito. Quando ho cominciato io la sede della mensa era nel prefabbricato sotto la pensilina”.

L’inizio, come per tutti, non è stato facile. “Le prime sere ero spaesato, sono realtà che senti, sai che esistono ma andare lì è diverso. Facevo il compitino che mi veniva richiesto, come portare l’acqua o tagliare il pane, ma non mi relazionavo con le persone. Serve tempo per entrare in sintonia con il loro modo di comunicare. Ma dopo poco la difficoltà è passata, io sono un tipo che si adatta, loquace. E allora cerco spesso un argomento per entrare in relazione, può essere il cane, l’Atalanta o qualsiasi cosa. Mi sono sempre trovato bene, in questi otto anni è successo raramente che ci fossero diverbi”.

Gli spazi sono cambiati. Con il Covid anche le modalità di distribuzioni dei pasti. Ma lo spirito di carità che anima il servizio resta immutato. “Ogni volontario va una volta a settimana, don Fausto voleva che fosse così. Io faccio il giovedì sera insieme ad altri giovani, adulti e pensionati, uomini e donne. Dalle 19 alle 21.30/22 siamo presenti per distribuire il cibo, attualmente nei sacchetti. Normalmente serviamo ai tavoli gli ospiti, i senza fissa dimora che entrano. In ogni turno ci sono 56 persone sedute e noi con i vassoi serviamo loro la cena. Era una delle indicazioni di don Fausto: non fare un self-service ma garantire l’accoglienza e l’attenzione”.

Adesso Sergio non riuscirebbe più a fare meno di questa esperienza. “Lo faccio per un’esigenza di fede – spiega -, credo che in queste persone sia presente Cristo e io posso incontrarlo tramite loro. C’è anche chi su questo non è così convinto, lo fa solo per spirito di solidarietà umana e va bene comunque. Di sicuro è più che quello che prendiamo, che portiamo a casa, di quanto di buono possiamo fare noi. Andare tre ore a settimana, la sera, non ci costa molto”.

E Sergio ci tiene a ribadire che tutti possono farlo. “Quando ne parlo con gli amici o i conoscenti a volte dicono che noi volontari siamo eccezionali, abbiamo doti da superman, ma non è vero, il tempo da dedicare è poco, serve un minimo di pazienza e autocontrollo, ma tutti possono farlo”.

E nel servire un piatto caldo a un senza tetto si costruisce un’esperienza densa di umanità. “È una scuola di conoscenza di situazioni, relazioni, modalità di sopravvivenza alle difficoltà: vedi come ognuno elabora le proprie strategie e le condivide con te. Se impari a metterti in relazioni, conosci modi di vivere che non avresti immaginato”.

La conoscenza delle persone e la condivisione dei vissuti è infatti fondamentale. “Con qualcuno si riesce a instaurare un rapporto di confidenza, direi quasi di amicizia. Sai che certamente non risolvi tutti i problemi ma noi dobbiamo esserci: è un altro degli insegnamenti di don Fausto. Se dai un aiuto bene, ma la cosa più importante è esserci, stare vicino. Qualcuno è chiuso, riservato, prende il cibo e va senza dire una parola, ma anche questo è da mettere in conto e va rispettato. Ci sono persone che invece si aprono, raccontano la propria storia e ascoltare è la cosa più importante. Penso a quelli che ti chiamano in un angolo, non vogliono che altri ascoltino, e ti mostrano qualcosa di importante, dimostrandoti la fiducia che hanno riposto in te”.

Un’esperienza di una gratuità disarmante. “Alcuni fanno fatica a credere che siamo lì come volontari, credono che siamo pagati, probabilmente perché non hanno mai sperimentato la gratuità”.

Un servizio che dona gioia e soddisfazione ogni settimana. E che ha scolpito nel cuore ricordi indelebili. “A volte è capitato di fare il turno in giorni particolari. Mi ricordo in particolare 4 anni fa la sera della vigilia di Natale e abbiamo festeggiato con loro. Dopo cena siamo rimasti insieme al caldo, qualcuno aveva la chitarra o la fisarmonica. C’era un’atmosfera bellissima”.

Quel sapore di casa che non dimentichi mai. Anche per chi una casa non ce l’ha.