Stare vicini ai malati: la terapia della fiducia ai tempi del covid-19

“Sempre con la luce si perde qualcosa – scrive Alessandro D’Avenia ne “L’arte di essere fragili” – e sempre con le tenebre qualcosa si guadagna. E magari è l’essenziale”. La Giornata mondiale del malato ai tempi della pandemia assume un significato diverso e centrale: all’improvviso la salute è diventata l’argomento dominante del dibattito quotidiano, e la malattia costituisce una presenza ingombrante, difficile da allontanare. L’inizio di questa crisi mondiale ha segnato anche l’apertura dell’”età dell’incertezza”, che ha rimesso al centro la fragilità, così come la intendeva Ungaretti: “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Contemporaneamente si è manifestata la necessità di riscrivere la scaletta delle priorità, rimettendo in discussione valori, scelte, prospettive per il futuro. Papa Francesco nel suo messaggio richiama in quest’ambito il modello di comportamento indicato nel Vangelo: “Gesù propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio”. Mettendo l’accento sulla fiducia, il pontefice invita a prendersi particolare cura delle relazioni. Spesso chi è colpito da una malattia si ritrova ai margini e soffre per solitudine, pregiudizi, emarginazione e discriminazione in una società che mette al primo posto l’efficienza e la produttività: “La malattia ha sempre un volto, e non uno solo – scrive ancora il Papa -: ha il volto di ogni malato e malata, anche di quelli che si sentono ignorati, esclusi, vittime di ingiustizie sociali che negano loro diritti essenziali”. 

Le limitazioni causate dalla pandemia hanno cambiato completamente lo scenario anche nel mondo della cura: con i familiari e i volontari eslclusi dagli ospedali, i malati sperimentano nuove forme di solitudine, e il personale sanitario si trova ad assumere responsabilità aggiuntive che riguardano, ancora una volta, i rapporti umani, e si sommano a terapie, interventi e farmaci. Come indica il messaggio del Papa, un momento di oscurità e di difficoltà come questo non è solo un tempo “da perdere”, “da dimenticare”, oppure da mettere da parte in attesa di un futuro migliore. Può diventare invece un’occasione per aprire strade diverse e scoprire orizzonti inediti, a partire dallo stile delle relazioni: “La vicinanza, infatti, è un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. In quanto cristiani, viviamo la prossimità come espressione dell’amore di Gesù Cristo, il buon Samaritano, che con compassione si è fatto vicino ad ogni essere umano, ferito dal peccato. Uniti a Lui per l’azione dello Spirito Santo, siamo chiamati ad essere misericordiosi come il Padre e ad amare, in particolare, i fratelli malati, deboli e sofferenti (cfr Gv 13,34-35). E viviamo questa vicinanza, oltre che personalmente, in forma comunitaria: infatti l’amore fraterno in Cristo genera una comunità capace di guarigione, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili”.