“La preghiera toglie la ruggine dal cuore”. Il piccolo training di don Rocco Malatacca

Il 17 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, è iniziata la Quaresima, cammino che prepara alla celebrazione della Pasqua, culmine delle festività cristiane. Anche questa Quaresima, come è avvenuto lo scorso anno, sarà contraddistinta dalla pandemia e dalle misure anti Covid-19 che scandiscono la vita della Chiesa nel nostro Paese. Dunque in questo tempo nel quale l’umanità sta vivendo l’esperienza di una epidemia virale sempre più complicata, chissà quanti di noi avranno sentito la necessità di raccogliersi in preghiera, anche per la prima volta, per cercare conforto o per tentare di dare un senso a quello che sta avvenendo. 

Don Rocco Malatacca, sacerdote per la Diocesi di Lucera-Troia, parroco in San Nicola di Bari in Orsara di Puglia, in provincia di Foggia ha redatto un testo pensato per chi vuole avvicinarsi per la prima volta (o riavvicinarsi) alla preghiera:“Il cuore altrove. Un piccolo training per chi desidera pregare” (Edizioni San Paolo 2020, pp. 176, 15,00 euro). Un percorso originale, sorprendente, quello di don Rocco, nato a Lucera il 23 aprile 1982, da noi intervistato, cioè costruire un training di preghiera per giovani e adulti, che vivono e cercano, oggi, la vita.

Don Rocco, scrivendo il testo ha accettato una sfida non indifferente. Come è nata l’idea del libro?

«La richiesta di scrivere mi è arrivata in un momento di personale difficoltà interiore, in cui cercavo di trovare un tempo giusto per me; chiedevo al Signore come volesse parlare alla mia vita. Sentivo il bisogno di una grande sintesi, che mi pulisse la ruggine dal cuore e mi mettesse in movimento. Ho scritto per obbedienza alla vita, quando don Luigi Epicoco mi ha chiesto di ascoltare la richiesta di Natale Benazzi della casa editrice San Paolo e accettare di prendere in mano la penna. All’inizio è stato uno sforzo ma poi, lentamente, il contenuto ha preso forma, perché prendeva forma quasi un dialogo interiore, col quale volevo raggiungermi in profondità e ritrovarmi. Volevo trovare il modo per vivere il desiderio di pregare fino a toccare il respiro della vita e volevo trovare il modo per dirlo. Ho pensato quindi a un lavoro quasi fotografico: una serie di istantanee per dire a scatti un movimento che arrivi all’osso dell’anima, da mettere insieme per una panoramica con a fuoco la vita»

Più che di un training per chi desidera pregare, è un accompagnare a riscoprire la preghiera?

«Riscoprire: una parola che mi affascina. Il mio vescovo aveva invitato tutti noi sacerdoti a riscoprire il volto del Signore Gesù, con la sensazione della prima volta. Ho voluto quindi parlare della relazione a mani nude, che possiamo avere col Signore: pensavo fosse il modo più bello per parlare di pregare, sia per chi vuole iniziare e scoprire come e quando pregare, sia per chi vuole ricominciare e riscoprire quando e come farlo.Ho pensato quindi che accompagnare è il verbo più adatto per dirlo: da una parte ci sono queste pagine che vogliono accompagnarsi alla vita di chi vuole camminare insieme al Signore Gesù ma, dall’altra, c’è l’esperienza di vita di Gesù con cui vorrebbe che il lettore accompagni la propria esperienza di vita. Se chi legge questo basic decide di esporsi alla relazione al Signore, se accetta di aprirsi alla vulnerabilità, alla sfida, alla crisi e alla fiducia di un rapporto umano col Signore Gesù, questo basic ha raggiunto il suo corpo».

Ha chiamato ogni capitolo step, perché ogni capitolo è un passo?

«Più pensavo a pregare e a una lenta, necessaria maturazione, come una consapevolezza in briciole che nutrisse l’anima, più mi veniva in mente che tutto ciò sembrava un cammino, una strada da fare insieme. Ho pensato a come suggerire di vivere a passo d’anima e ho pensato a un libro che non fosse seduto in poltrona: pregare con il cuore in movimento, che possa fare passi possibili verso il Signore ma anche insieme al Signore».

Nel volume il lettore coglie anche l’occasione di immergersi nella tradizione mistica delle Chiese. Ce ne vuole parlare?

«Il libro vuole essere un basic di spiritualità (che avrà un seguito di approfondimento), il che non significa un insieme di idee personali e convincenti: spirituale è un cammino che lo Spirito Santo fa fare a tutti, con le risorse dei nostri punti di vista. Nella chiesa ci sono tante prospettive e il libro le usa attingendo dall’oriente e dall’occidente, dal passato e dal presente. 

La tradizione greco-latina rassicurerebbe un uomo che può pregare in qualsiasi situazione: dà alla mente la priorità e parlerebbe di un itinerario della mente verso Dio. Al contrario, la tradizione palestinese parte da un altro punto di vista, guarda all’uomo in carne e ossa, che vive di mercato, nel grande mercato, e si chiede come possa farlo, in questa situazione di vita. In che modo può muoversi? In che direzione può andare? Cosa può fare? 

Per rispondere invece alla domanda “cosa può fare” il libro prende la prospettiva dalla tradizione latina nord-europea, polacca: Wojtyla (filosofo) suggerisce all’uomo di muoversi anzitutto verso un altro uomo, con una mistica per così dire orizzontale, una relazione da uomo a uomo, recuperando una capacità. Chi vive nel mercato può fare questo primo passo in orizzontale e cominciare così. Il libro intreccia, cioè, diverse prospettive per un cammino unico e il lettore è ispirato da suggestioni e consigli di epoche e luoghi differenti tra loro. Lo fa con una prospettiva mistica, perché prospetta a chi vuole pregare, di allenarsi con l’umanità per aprirsi alla divinità, abbandonarsi all’umano per sentire la presenza e l’azione dello Spirito Santo come impronte, a tatto, lasciate sulla carne della nostra umanità».

Pregare nel tempo della fragilità, avvicinarsi per la prima volta o riavvicinarsi alla preghiera per questo tempo di emergenza legato al Coronavirus. Tutto ciò rende il Suo libro straordinariamente attuale. Che cosa ne pensa?

«È stata una coincidenza incredibile che il libro abbia preso corpo nel periodo di isolamento che abbiamo vissuto, perché è una preghiera corpo a corpo, uomo a uomo, in un periodo in cui abbiamo sofferto l’astensione dal contatto umano e abbiamo sacrificato la presenza degli altri esseri umani. Se fosse un accompagnamento alla preghiera in cui si esercitasse la mente e fosse fatto di solitudine non sarebbe stato così attuale, ma il libro richiama ed esige carne e ossa, interrogando prepotentemente l’uomo sulla possibilità di pregare con l’umanità. La rinuncia di questo periodo forse aumenta il bisogno e il desiderio di umanità, in questo momento. 

Questo libro presuppone un’esperienza di umanità come sperimentata nella pandemia: non ne ha paura, anzi, la chiede. Ci siamo sentiti appartenenti, imparentati, attaccati a una stessa vita come nodi di una stessa rete, coinvolti: è questa l’esperienza necessaria che il libro usa. Il libro aiuta a pensare, a chiederci se non sia il caso di usare proprio questo per pregare e per trovare un senso, se ci sia bisogno di tutta la nostra umanità per pregare e se pregare non ci coinvolga più profondamente con la nostra stessa umanità. “Il cuore altrove” aiuta a dare un senso a tutto ciò, perché vuole arrivare fino a sfiorare l’essere umano, aiutare a riconoscerne la vita e a “stare davanti a un uomo come si stesse davanti a Dio e stare davanti a Dio come si stesse davanti a un uomo” ».