Un anno di pandemia. Suor Chiara: “Anche nel deserto nasce la speranza. Nuovi legami di fraternità”

Bambini e educatori con la mascherina e il distanziamento sociale.

Care sorelle,
guardando la televisione in questi giorni ho visto tanti servizi che ripercorrono i primi giorni dell’inizio della pandemia. Sembra che sia trascorso moltissimo tempo, a volte mi sembra quasi di aver dimenticato il modo di vivere spensierato “di prima”. Confesso di avere ancora molta paura, e mi sembra di non saper più trovare gioia nel futuro. Voi come state vivendo questo anniversario? È vero che la vostra vita si svolge sempre in un monastero ma avete risentito anche voi dei cambiamenti? Come tenete accesa la speranza? Vi ringrazio e se potete vi chiedo una preghiera anche per me.

Gaia

Cara Gaia, anche noi in questi giorni abbiamo ripercorso gli eventi accaduti dello scorso anno, riportando alla memoria i giorni tragici che hanno cambiato il corso della vita. La pandemia, che ha colpito in maniera drammatica la nostra terra, ci ha ferito negli affetti con la morte di alcuni familiari, parenti e amici molto cari alla nostra fraternità. Siamo state immerse in una profonda sofferenza e abbiamo camminato con tutti voi nel deserto che la pandemia ha scritto nelle nostre esistenze personali e fraterne.

Vivere questo anniversario è stato rivedere volti amati, immagini drammatiche che hanno fatto il giro del mondo, provare ancora sentimenti di paura e timore di fronte a un nemico invisibile e inafferrabile che ancora non vuole lasciare l’umanità. Li abbiamo guardati con uno sguardo nuovo che il tempo trascorso ha trasformato colorandolo di una suffusa speranza nata dalla fede nel Padre dei cieli che, misteriosamente e con pazienza divina, crediamo conduca la storia e le nostre fragili esistenze e continuando ad edificare il regno nel consumarsi della passione che affligge il mondo. Ci siamo sentiamo vicine a tutti i fratelli e le sorelle toccati dal virus, ai loro parenti, ai medici e operatori sanitari, ai volontari, in particolare a quelli dell’ospedale di campo che hanno operato e operano vicino noi.

Come papa Francesco più volte ha detto, siamo “tutti sulla stessa barca”, anche se constatiamo con sofferenza che le disuguaglianze ci pongono in situazioni diverse perché i poveri sono ancora più poveri, gli emarginati sempre più esclusi. La preghiera di intercessione si è fatta, ed è molto più persistente: continuamente portiamo al Padre delle misericordie le suppliche che tanti ci rivolgono attraverso il telefono, internet e le visite in parlatorio, chiedendo sostegno, forza e speranza per vivere questo tempo così confuso e complesso. La fiducia nella preghiera che molti ci testimoniano, ci commuove e accresce la nostra responsabilità a vivere con radicalità quell’umile e nascosto quotidiano intessuto di lavoro, preghiera e relazioni fraterne, come l’offerta che, unita quotidianamente a quella di Cristo, eleviamo al Padre per l’umanità.

La quaresima di questo anno poi dà una connotazione diversa alla dimensione penitenziale: siamo consapevoli che il digiuno, la carità e la preghiera “feriscono” in maniera più concreta la nostra esistenza riconosciuta più solidale e prossima nei confronti dei fratelli in umanità. “Nel ripercorrere il cammino quaresimale che ci conduce verso le celebrazioni pasquali, ricordiamo Colui che umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. In questo tempo di conversione rinnoviamo la nostra fede, attingiamo l’acqua viva della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle in Cristo”. Vogliamo radicarci ogni giorno nel mistero pasquale di Cristo credendo che tutto non sarà più come prima: la pandemia non sarà passata invano, solo se ciascuno chiederà la grazia della conversione del cuore e degli stili di vita incominciando a cambiare sé stessi e il proprio piccolo o grande ambiente di vita generando il vincolo della condivisione e della comunione. Viviamo quotidianamente anche noi la sfida alla fraternità, fondata su relazioni evangeliche continuamente rinnovate dal perdono reciproco e dalla cura vicendevole.

Crediamo che legami fraterni nuovi possano generare comunità e società nuove più umane e umanizzanti, e questo è sorgente di speranza. La pandemia da combattere è anche quella dell’indifferenza e dell’individualismo che ingenerano diffidenza e minano la convivenza. Non possiamo più pensarci da soli e onnipotenti: i segni dei tempi  mostrano chiaramente che la fraternità umana e la cura del creato sono l’unica via verso lo sviluppo integrale e la pace. A ciascuno, secondo la propria vocazione, accettare la sfida di essere tessitori di fraternità per andare incontro al futuro con speranza.