Periferie. Dall’eterotopia alla rigenerazione. Il saggio di Emanuele Iula

La proposta di lettura della Biblioteca diocesana del Seminario Giovanni XXIII di Bergamo: Emanuele Iula, Periferie. Dall’eterotopia alla rigenerazione, Queriniana, 2020

Emanuele Iula, gesuita romano, specializzato in etica e filosofia politica e docente presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, affronta in questo saggio il tema delle periferie, urbane ed esistenziali, che mantengono la loro perenne attualità nei fatti di cronaca, nella gestione politica e che recentemente sono oggetto di una specifica attenzione pastorale nel magistero di papa Francesco.

Nella sua riflessione l’autore si lascia orientare da alcune domane che rimangono un continuo sottofondo: che cos’è una periferia? Come nasce? Come funziona? E come fare per rigenerare chi vive quotidianamente in quei luoghi di esclusione?

Nel primo capitolo serrato è il confronto, soprattutto sul piano epistemologico e filosofico, con Michel Foucault e Jacques Derrida: oltre che luogo fisico, o meglio non-luogo perché terra di mezzo tra il centro città e l’aperta campagna, la periferia è una modalità di esistenza trasversale nel tempo e nello spazio, ben espressa dalla categoria foucaultiana di eterotopia. La forza di questa categoria è il suo carattere di discontinuità e di opposizione (che può essere reversibile o no) rispetto ai luoghi e stili e canoni di vita che si è soliti frequentare (l’ospedale, la prigione, il manicomio, il ricovero, il cimitero) e che nel corso di vita di ciascuno può diventare un’eterocronia, cioè un tempo di passaggio (la professione, la malattia, l’anzianità). 

Periferie quindi non sono solo le zone dismesse della città o quartieri degradati lontani dal centro che detiene l’ordine e l’efficienza, ma sono tutti quei luoghi che segnano una separazione e una disparità sociale tra le persone.

In questo complesso scenario, il paziente sforzo dell’autore consiste nel ricostruire il profilo umano di chi abita le periferie (o eterotopie), segnato dall’esperienza dell’essere messi a distanza (l’essere stigmatizzati indipendentemente da qualsiasi merito o demerito personale) e privati di una relazione fondamentale paritaria che permetta di radicarsi e quindi costantemente precari (dove precaria è quella vita che “è sempre in qualche modo nelle mani altrui”). Iula disegna così l’ontologia sociale dell’essere periferico: sono gli Altri perché diversi, gli Stranieri e gli Esclusi, tutti alla fine diminuiti dal punto di vista dei diritti e dei doveri. 

In chiusura al saggio l’autore lancia la sfida che consiste nel trasformare questa separazione che vivono i periferici in radicamento: è la strada della rigenerazione sociale, della trasmissione paziente e intergenerazionale, il cui strumento di analisi è la teoria nota come “etica generativa”, capace di interrompere sterili automatismi e fuorvianti precomprensioni  e di offrire un futuro,  sia nel caso in cui questo sia costruito con le proprie mani, sia nel caso in cui questo sia ricevuto dalle mani di un altro. 

Silvia Piazzalunga