Pandemia, il tempo sospeso è un deserto da abitare. Come? Impariamo ad ascoltare

Care sorelle,

La Lombardia (e quindi anche Bergamo) si ritrova di nuovo in “zona rossa”, una condizione che probabilmente comprenderà anche la Pasqua. Siamo molto affaticati dal prolungarsi della pandemia: quest’ultimo anno è stato lungo e difficile, pesante da sopportare. Mi piacerebbe riuscire a trasformare questo nuovo deserto in un’occasione per me e per la mia famiglia, ma non so come fare. Mi potete dare qualche consiglio?

Giorgia

Cara Giorgia, ci ritroviamo in una condizione di restrizione che comprenderà anche la Pasqua e ci lascerà ancora nell’incertezza. Vorremmo che tutto questo finisse in fretta, che qualcuno ci garantisse un futuro in cui la pandemia fosse solo un ricordo da cancellare dalla memoria. Tutte queste attese, questi desideri rimangono sospesi e non sono immediatamente realizzabili.

Condivido con te che questo anno sia stato lungo e difficile da sopportare e portare, aggravato anche dalla precarietà delle condizioni economiche e sociali. Stiamo attendendo il vaccino come fosse la nostra salvezza. Ma è solo questo di cui abbiamo veramente bisogno? Tu, Giorgia, paragoni questo tempo a un deserto, perché, come, tale è stato caratterizzato dalla sobrietà, dall’assenza delle condizioni abituali di vita. Il deserto però non è solo vuoto, assenza, fatica, ma è anche opportunità nella quale poter scoprire qualcosa di inedito e sconosciuto, risorse celate che mai si pensava di avere o di poter mettere in atto. Questa può essere anche per te la sfida.

Forse si tratta di imparare ad abitare anche questo tempo come si presenta e non solo di subirlo aspettando che passi o che accada qualcosa che magicamente cambi la situazione. Veniamo da anni di “agiatezza e spensieratezza” dove siamo stati abituati a gestire il tempo come volevamo, a fare ciò che desideravamo. Assumere la novità di vita che mai avremmo scelto è una chiamata a mettere in gioco energie nuove, incominciando ad abitare la casa, le relazioni in modo diverso. Si tratta di “fare casa, creare casa” di rinnovare i legami con i tuoi imparando a non dare per scontato la conoscenza, la convivenza di anni. Dare spazio al dialogo per raccontarsi e dirsi quanto si è vissuto in un passato vicino o lontano, che cosa vi sta a cuore, quali i sogni, i desideri, le paure. Impegnarsi in attività lavorative, magari nella pulizia della casa, nella preparazione del pranzo, nella realizzazione di qualche hobby, ecc. Piccole e semplici modalità del vivere quotidiano per assaporare la semplicità dei gesti, delle attenzioni non più frettolose, di una certa calma che fa gustare lo stare insieme senza alcuna pretesa o scopo, se non la sola gratuità del vivere e dello “stare”.

Il tempo a disposizione può essere prezioso anche per recuperare una dimensione di silenzio: viviamo continuamente connessi con il cellulare, il computer, la televisione e altro, e non siamo più capaci di rimanere soli con noi stessi, di ascoltare ciò che si muove nel cuore, di dar voce ai nostri desideri più profondi, per vivere non nella superficie, ma in profondità. Silenzio per dare spazio a chi ci sta vicino, imparare ad ascoltare veramente e non solo ad udire, dando risposte pre-confezionate o banali. Ascoltare il silenzio per fare verità su ciò che ci abita, sui sentimenti e gli affetti che ci muovono, per dare voce a quel mondo sommerso che nascondiamo con il rumore assordante nel quale viviamo, con le molteplici attività che ci occupano e preoccupano ogni giorno. Fare silenzio e creare uno spazio per la preghiera personale e familiare, per riscoprire la bellezza di essere piccola comunità, chiesa domestica radunata attorno alla Parola; per recitare insieme un salmo affidando al Padre la situazione di sofferenza che coinvolge il mondo intero. Non so se abbiamo risposto alle tue attese: ciò che ci sta cuore è la riscoperta di una vita più semplice e condivisa, che questo “deserto” ci può donare. Buon cammino.