Poesie sul tempo. Per scoprire meraviglie e semi di rinascita in un periodo oscuro

“Ogni fine ha un nuovo inizio….Rivedrò chi ho già perduto/ gli dirò ciò che ho taciuto”. Parla di rinascita la raccolta di poesie “Tempo al tempo” (Salani) di Gianluca Caporaso, lettore e narratore, impegnato in ambito sociale, nel mondo dell’associazionismo culturale e del volontariato. È una raccolta di 37 filastrocche nate per “trasformare anche il tempo brutto in meraviglia, perché la scrittura questo è: un desiderio di felicità che prova a dire in modo bello anche le cose tristi e infelici”.

“Da sempre – racconta Caporaso – mi sono interessato al modo in cui poeti, studiosi, filosofi hanno immaginato e formulato modi di concepire lo spazio e il tempo con strumenti che potessero essere utili per gli uomini, le loro comunità e relazioni. Poi ho iniziato a formulare una serie di filastrocche da condividere con grandi e piccoli. La filastrocca dell’anno nuovo l’ho scritta per Capodanno, quella del ritorno alla fine delle vacanze scolastiche. Ho rappresentato con le parole il senso della ricorrenza nello scorrere del tempo”.

Cos’è cambiato con la pandemia – dal punto di vista di un poeta come lei – nel modo in cui viene percepito e rappresentato il tempo? 

“All’improvviso ci siamo trovati costretti nei nostri domicili. Il tempo ha fatto irruzione nello striminzito spazio delle nostre vite sottratte alle piazze e agli incontri con tutta la sua immane vastità. In quei primi giorni il disorientamento è stato tanto, e altrettanto lo è stato l’ascolto nei confronti di una dimensione che la nostra frettolosa quotidianità ci aveva fatto un po’ dimenticare. Un tempo che si ferma, si sospende, si allarga. Dentro il cuore bisogna iniziare a nutrire pensieri nuovi. Ho pensato in quel periodo che potesse essere bello cantare in rima i momenti che mancavano”.

Quali sono le dimensioni del tempo che le interessava di più far emergere?

“Parlo prima di tutto delle misure del tempo: secondi, minuti, ore, giorni, mesi, anni, ma anche del tempo come esperienza di inizio, fine, presente, passato, della vigilia, del modo in cui esso scrive nelle nostre vite una sapienza, delle esperienze. C’è un terzo aspetto che riguarda le emozioni: la gioia, la noia, l’amore, la tristezza, la rabbia, la malinconia. Il modo in cui noi – fatti di tempo e in viaggio nel tempo – coloriamo la vita”.

“Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo” si legge nel libro del Qoelet. Sono molti gli autori che hanno messo il tempo al centro delle loro opere. 

A offrirmi ispirazione sono stati soprattutto poeti come Eliot con i suoi “Quattro quartetti”, Rilke con le sue Elegie duinesi, Borges, Valery, filosofi come Eraclito. L’idea era dialogare silenziosamente con questi formidabili pensatori, ma anche portare il tempo della vita attraverso le vite degli altri, provando, usando la dimensione sonora delle parole, a bonificare il tempo quando è triste, a farlo sorridere quando si incupisce, a farlo volare quando striscia. Se è vero che siamo fatti di tempo e il tempo vola, nella letteratura troviamo la possibilità di volare con lui. Così possiamo provare ad abitare la dimensione dell’impossibile.

Ha usato una forma di poesia leggera, semplice, normalmente confinata al mondo dell’infanzia, ma reinterpretandola in modo diverso.

La filastrocca affonda le sue radici nel linguaggio popolare, ma io cerco di portarla anche a un livello diverso, trasformandola in qualcosa di più potente e importante a partire dai temi trattati. Immagino la filastrocca come una persona che si mette in cammino e si addentra nei sentieri della poesia, invitandola a percorrere tragitti nuovi, che possano offrire una direzione a chi legge. 

Come si fa a trasformare un tempo oscuro in meraviglia?

Anche i tempi inospitali come quello della noia possono diventare propizi nel momento in cui provano a “scardinare uno scompiglio dal buco nero di uno sbadiglio”. L’obiettivo è sempre fraternizzare con il tempo e abitarlo fino in fondo. Nelle culture contadine “dare tempo al tempo” voleva dire lasciare che questo gran sovrano dopo il lavoro disponesse a suo piacimento delle sorti di ognuno di noi, e dentro questo modo di dire c’erano una fiduciosa rassegnazione, attesa e speranza. Ma potrebbe anche significare dare vita alla vita, trascorrere ogni istante in pienezza. Ogni libro ha sempre una sorta di missione che è la felicità e la bellezza. Mettere insieme le persone e seminare meraviglia sui cammini e nei destini”.

Molti pensano a quest’ultimo anno di lockdown e pandemia come a un tempo rubato. Lei che ne pensa?

“A un certo punto Alice rimprovera il Cappellaio matto per alcuni gesti che fanno perdere tempo, e lui le risponde: “Se tu conoscessi il tempo non parleresti di perderlo”. Non è qualcosa che come una moneta può esserci sottratta. Questo periodo ci provoca invece a cercare un nuovo modo di concepire il rapporto con la vita e con il mondo, aprendo sentieri più umani rispetto a quelli che a volte avevamo immaginato nella nostra prepotente illusione di grandezza. Un passaggio così potente nella fragilità può essere un’occasione straordinaria per concepirsi in modo nuovo alla luce della propria vulnerabilità, immergendosi nella forza delle cose che davvero contano, e che nessuno ci può togliere. L’incontro, le relazioni, i dialoghi, lo stare insieme, il tentativo di seminare stupore sono le prove che io per primo mi do anche mentre cado e mentre fallisco”.

Le filastrocche rappresentano anche un invito a cambiare prospettiva?

La mia speranza è che siano lette ad alta voce, condivise, ricondotte a una logica dello stare insieme che può sedare molte ansie, solitudini e angosce, mettendo insieme anche gli universi dei grandi e quelli dei bambini, che subiscono in modo più forte questi passaggi, soprattutto se non trovano qualcuno che li prenda per mano per affrontarli insieme. Ognuno ha un senso del tempo che è influenzato dalla sua irripetibile traiettoria di vita. Immagino questo libro come una mappa in cui ci sono regioni del tempo. Attraverso queste parole forse diventa possibile aprire un dialogo  con aspetti che nella frettolosa quotidianità da cui siamo divorati finiscono per scomparire. Assaporare per esempio la vigilia come scuola dell’attesa, la fine come preparazione di un nuovo inizio, il passato come qualcosa che in realtà non passa perché lo portiamo con noi. Un inno a celebrare il tempo e quindi a celebrare la vita.