Prove tecniche di libertà (e di rinascita). L’estate come banco di prova

“L’uomo crede di volere la libertà – scrive Erich Fromm -. In realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi”. C’è un acceso dibattito, da quando è iniziata la pandemia, sulla limitazione delle libertà personali, un forte desiderio di ribellione alle restrizioni che si è accentuato col passare dei mesi, e che si è manifestato in modo spesso caotico ed esasperato (come nelle recenti manifestazioni di no-vax, no-mask e simili). La sofferenza è legittima e colpisce tutti sotto diversi punti di vista: prima di tutto economico, e poi psicologico, sociale, culturale. Le limitazioni e le loro conseguenze possono diventare però anche un’occasione per riflettere sul rapporto tra desiderio e responsabilità, tra gesti individuali e ricadute collettive, tra azioni dei singoli e vita della comunità. “Le decisioni comportano rischi” dice Fromm, e in quest’ultimo anno a caricarsi del peso delle scelte sono stati principalmente i governi – centrali e periferici -, in nome di un bene comune che trascende quello degli individui. Con le riaperture la palla torna – almeno per un po’ – in mano a ognuno di noi, e forse non guasta ricordare che il futuro dipende da ciò che ne faremo. Non solo, crediamo, dal punto di vista sanitario – l’osservanza delle regole, la disponibilità a ricevere il vaccino – ma dal punto di vista sociale, economico, relazionale. Ci sono ferite da sanare, vuoti da colmare, cocci da ricomporre. “Le comunità cristiane non si sono mai fermate” ci hanno raccontato molti preti che abbiamo intervistato negli ultimi mesi. Tuttavia il desiderio di rilancio e di rinascita si sente in modo forte anche in questi ambienti, a partire dagli oratori. L’estate sarà un banco di prova e nell’amministrare la libertà che abbiamo c’è un aspetto che forse, più di altri, è importante tenere a mente: è tempo di ri-pensare e ri-costruire, non possiamo solo aspettare tempi migliori, bisogna affrontare i limiti e sfruttare le possibilità di oggi, con tutto il peso della fragilità e dell’incertezza, con la consapevolezza che la pandemia ha portato cambiamenti profondi e duraturi nel nostro stile di vita, nello sguardo che posiamo sul mondo, perfino nel nostro modo di lavorare e produrre, nell’interpretazione del tempo e dei legami. Questo potrebbe portare a progetti, attività, decisioni, alleanze inedite: in fondo sono tutti modi per rispondere all’invito che il vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi ha rivolto all’inizio dell’anno pastorale, chiedendo di “Servire la vita dove la vita accade”. In questa missione c’è spazio per la creatività e per l’entusiasmo delle persone. C’è l’occasione di reinventarsi, di cercare nuove opportunità. L’estate, intanto, sarà diversa: più serena, ci auguriamo, ma anche più intensa: segnerà il riaccendersi delle attività più che – come accadeva prima del covid – un periodo di sospensione. Sarebbe bello – sarebbe un sogno – che questi mesi diventassero palestra, trampolino, luogo per un concorso di idee, la vera preparazione al cosiddetto di “rinascimento” di cui già molti hanno riempito le pagine, anche se non esiste ancora, e forse l’abbiamo atteso già fin troppo a lungo, e la forza di realizzarlo possiamo trovarla nello spirito di squadra, nella collaborazione, o se vogliamo scomodare Papa Francesco, nella fraternità (è ora di remare).