Diario di Ramadan: “Ama il prossimo tuo come te stesso”

Proponiamo anche quest’anno una rubrica per raccontare il Ramadan e capire meglio e più da vicino che cosa accade in questo periodo nelle comunità musulmane che vivono tra di noi. L’iniziativa nasce in collaborazione con l’Ufficio diocesano per il dialogo interreligioso di Bergamo: un approfondimento culturale a sostegno della conoscenza reciproca e del dialogo. Protagonista di questo “diario” è una giovane studentessa universitaria di origini libanesi che vive e lavora nella nostra provincia.

Questa settimana è zona gialla. Dato che negli ultimi giorni il sole sembrava essere sbucato, mi ero fatta un sacco di programmi: andare al lago a godermi le belle giornate , qualche passeggiata in montagna, qualche visita ad amici che non abitano nel comune e che non vedo da tempo. E invece… lunedì il cielo era tutto coperto e grigio. Poi ha iniziato a piovere e secondo le previsioni sarà così tutta la settimana. Essendo a digiuno non posso fare merenda al bar o pranzare fuori. L’unica cosa che mi resta da fare è andare al supermercato a fare la spesa. Mi vesto, metto una giacca impermeabile, zaino in spalla con tanto di buste riutilizzabili, mascherina ed esco. Non prendo l’ombrello perché odio tenerlo in mano: tiro su il cappuccio, ci nascondo dentro i capelli e sono pronta a dirigermi verso il supermercato. Per fortuna la pioggia è leggera e, dato che il pullman arriverà solo tra 10 minuti, decido di continuare a piedi: invece che stare dieci minuti ad aspettare sotto la pioggia, camminerò per 15. Ho dimenticato gli auricolari a casa: dovrò farmi la strada senza musica, né podcast, né nulla. “Ottimo” penso sarcasticamente. Sentire i rumori della città, inizialmente, mi mette a disagio ma poi mi abituo e mi perdo tra i miei pensieri. Senza accorgermene, in men che non si dica, arrivo a destinazione. Tiro fuori la lista e inizio a comprare ciò che mi serve, partendo dalle verdure. Ho proprio voglia di farmi un piatto di fatoush, un’insalata tipica libanese che nel mese di Ramadan viene consumata tutti i giorni poiché essendo piena di verdure, non solo è nutriente, ma è anche leggera sullo stomaco e lo prepara ad accogliere il cibo che non ha ricevuto per tutto il giorno. Finisco il giro, pago alla cassa e raggiungo la fermata. Fuori diluvia e come al solito ho esagerato con la spesa. Al-hamdulillah (grazie a Dio), non ho dovuto aspettare molto. Benedico chi ha deciso di mettere il pullman alle 17,11, salgo, mi siedo e aspetto. Il pullman è tranquillo: ci sono qualche ragazzo giovane, alcuni pensionati e un paio di signore di mezza età. Ecco che, poco dopo, in quel momento di silenzio quasi totale una voce meccanica a tutto volume inizia a recitare “Allahu akbar, Allahu akbar”. È l’ora della preghiera del pomeriggio e la mia applicazione me lo stava notificando con l’adhan (il richiamo alla preghiera appunto) impostato come suoneria. Subito metto la mano in tasca alla ricerca del mio telefono e abbasso il volume più che posso. Poi lo tiro fuori e metto il silenzioso. Mi sento le guance in fiamme, mi guardo intorno e noto che quasi tutti mi stanno fissando. In particolare, le signore di mezza età hanno gli occhi spalancati. Sicuramente il mio outfit non aiuta. Sembrano terrorizzate e, forse è solo una coincidenza, scendono alla prima fermata. Distolgo lo sguardo, impanicata, e faccio dei respiri profondi. Odio essere al centro dell’attenzione, ancor di più se di sconosciuti. Ma soprattutto odio lo sguardo di accusa e di pregiudizio che sento puntato addosso per il semplice fatto di essere riconosciuta come musulmana. Cerco di calmarmi e inizio a pensare ad altro.

L’adhan, che tanto spaventa persone che non ne conoscono il significato, è forse una delle cose che preferisco. Le parole recitate sono empowering, per usare un termine all’ordine del giorno. Invitano alla preghiera come mezzo per il successo: sono cinque minuti da dedicare a sé stessi, staccare dalle faccende di questo mondo e connettersi con la propria spiritualità. È una sorta di meditazione. Solitamente quando esco tolgo la suoneria per evitare situazioni del genere ma oggi me ne sono completamente dimenticata. Potrei cambiare e mettere una semplice vibrazione o una suoneria predefinita del cellulare. Ma mi piace ascoltarlo, è calmante e mi fa sentire più vicina alla mia fede. Ma oltre a questo aspetto più universale, a me nello specifico ricorda anche le estati passate in Libano dove i minareti recitano l’adhan cinque volte al giorno. Essendo Ramadan un mese interamente dedicato all’adorazione per potersi riconnettere con Dio e con la propria fede, ovviamente i minareti sono più attivi per ricordare alle persone l’importanza di questi giorni sacri. Un po’ mi dispiace che in Italia, almeno per quanto ne sappia, non ci siano minareti che recitano. Qui non ci sono moschee o minareti che scandiscono i tempi della preghiera, ecco perché ho scaricato l’applicazione e perché lo tengo come notifica.  Ancora una volta penso a come in Libano la convivenza delle religioni sia invece all’ordine del giorno. Quando sono a casa di mia nonna, infatti, essendo una zona abitata sia da musulmani che cristiani, durante il giorno si sentono i rintocchi delle campane e l’adhan, spesso anche in concomitanza. Ovviamente, in Italia è diverso perché è sempre stato un Paese cristiano e l’Islam è una religione di una minoranza, mentre in Libano le due religioni convivono da più di un millennio. Tuttavia, sentirli entrambi in unico luogo rimane per me fantastico non solo per questioni melodiche o di fede, ma anche perché sono una prova che, se volessimo, potremmo davvero convivere tutti in pace gli uni vicini agli altri rispettandoci e amandoci. “Ama il prossimo tuo come fossi te stesso” per seguire gli insegnamenti del Profeta Issa (Gesù) o quelli del Profeta Muhammad “Nessuno di voi sarà un vero credente fino a quando non desidererà per suo fratello ciò che desidera per sé stesso”. Credo che forse, se tutti cominciassimo a vivere secondo questo principio, piano piano creeremmo un mondo migliore. Alla fine, le due religioni non sono così lontane. Chissà. E mentre penso a questo il pullman si ferma alla mia fermata così prendo le mie buste, scendo, mi dirigo verso casa e una volta lì mi preparo per pregare.
Noha Tofeile

Noha è anche nel podcast dei ragazzi dell’oratorio di Nembro Senti chi parla in diretta “AxO'”. Vi invitiamo a guardare l’episodio, eccolo qui: