Diario del Ramadan: cogliere una straordinaria opportunità di perdono

Proponiamo anche quest’anno una rubrica per raccontare il Ramadan e capire meglio e più da vicino che cosa accade in questo periodo nelle comunità musulmane che vivono tra di noi. L’iniziativa nasce in collaborazione con l’Ufficio diocesano per il dialogo interreligioso di Bergamo: un approfondimento culturale a sostegno della conoscenza reciproca e del dialogo. Protagonista di questo “diario” è una giovane studentessa universitaria di origini libanesi che vive e lavora nella nostra provincia.

Oggi con i ragazzi dello studentato (sia digiunanti che non) abbiamo deciso di cucinare tutti assieme. Ognuno fa qualcosa e lo porta da fare assaggiare agli altri. Ci troviamo in cucina tutti insieme e ci dividiamo i compiti (e le poche piastre  elettriche a disposizione per cucinare) cercando di preparare il tutto per l’ora dell’iftar. C’è chi taglia le verdure per l’insalata e chi arrotola involtini. C’è chi cuoce la zuppa, chi prepara il riso e chi inforna il pollo. Insomma, oggi che possiamo, non ci facciamo mancare niente. A un certo punto partono simultaneamente le notifiche dell’adhan da alcuni dei nostri telefoni e ci accorgiamo subito di essere qualche minuto in ritardo per la cena. Nulla di grave, beviamo l’acqua, mangiamo i datteri (in numero dispari, mi raccomando!) e finiamo di cucinare con calma. Dopo venti minuti, il cibo è pronto, mettiamo tutto a tavola e, nonostante dopo il primo boccone siamo pieni, continuiamo a gustarci il cibo che abbiamo preparato. Quando finiamo di mangiare rimane un bel po’ di cibo che conserviamo per il giorno dopo: no agli sprechi! Dopo un’oretta di pausa ci gustiamo un bicchiere di atay (thè marocchino) caldo ed ecco sbucare la torta preparata il mattino stesso. Credo di non riuscire a fare stare più nulla nello stomaco e quindi lascio il mio pezzo di torta per il souhoor (il pasto prima dell’alba, l’ultimo prima di riprendere il digiuno). Dopo chiacchiere varie decido di tornare in camera perché è stata una lunga giornata e sono esausta. Prego la preghiera del ‘isha (della sera) e decido di avviare una chiamata mia sorella che non sento da tempo perché tra i miei impegni e il suo lavoro è difficile trovare un momento libero per parlare. La aggiorno su ciò che sto facendo in università, i miei progetti di scrittura e la mia ricerca del lavoro. A sua volta lei mi racconta come con tanta pazienza ogni giorno deve cercare di mantenere la calma di fronte a clienti che la incolpano perché l’agenda che vogliono non è prodotta nel colore che a loro piace o perché non ha risposto quando tre giorni prima hanno chiamato durante la loro pausa pranzo. “Ma questi pensano che io non faccia pausa e che rimanga in negozio tutta la giornata? Per non parlare dei ragazzini che vengono toccano tutto, provano le sedie ignorando il cartello ‘non sedersi’ e se ne vanno urlando e inseguendosi in giro per il negozio”. Parliamo per più di due ore e quasi perdo la concezione del tempo. Chiudiamo la chiamata e decido di chiamare i mei genitori. È tardi ma so che mia mamma è sveglia, infatti mi risponde subito. Mi ricorda che oggi è la notte tra il 22 e il 23. In men che non si dica siamo arrivati agli ultimi dieci giorni del mese di Ramadan e io, da sbadata che sono, me ne ero completamente dimenticata! In questi giorni bisogna cercare di essere ancora più bravi e ancora più buoni. È in una di queste ultime dieci notti che il Corano è stato rivelato. È chiamata la notte del destino, leylatu al qadr.  Non si sa quale notte sia di preciso ma solo che sia una tra i giorni dispari (quindi la notte tra il 20 e il 21, o tra il 24 e il 25, ad esempio). Una sura del Corano è dedicata a questa notte e uno dei suoi versetti recita che “la notte del destino è meglio di 1000 mesi”. Ciò significa che tutto ciò che facciamo durante questa notte è come se l’avessimo fatto per mille mesi. In questo modo siamo portati e aumentare le nostre preghiere e i nostri dua’a  e le nostre buone azioni e non sapendo quando questa notte cade di preciso, si tende a farlo tutti i giorni per non perdere un’opportunità così grande di perdono e di ascolto delle nostre preghiere. Così, chiusa la chiamata, apro internet e cerco informazioni sui dua’a migliori da recitare in questa notte e se c’è un modo particolare per pregare la preghiera volontaria. Anche io ho ancora molto da imparare della mia religione e per questo motivo giorno per giorno cerco di scoprire qualcosa di nuovo.
Noha Tofeile

Puoi ascoltare qui l’intervento di Noha ad “Axò” podcast dei giovani dell’oratorio di Nembro.