La storia delle visite pastorali a Bergamo: Radini Tedeschi e Bernareggi

Siamo quasi giunti al termine del nostro cammino storico sulle visite pastorali dei vescovi di Bergamo alla diocesi, giungendo alla prima metà del Novecento, segnato da grandi figure di vescovi a livello nazionale, cioè Giacomo Maria Radini Tedeschi e Adriano Bernareggi. Nella prima metà del Novecento, anche in Italia si imponevano nuovi fenomeni che incidevano in profondità sul tessuto sociale, economico e religioso: irruzione delle masse nella storia, abbandono delle campagne per trovare lavoro nelle industrie in città e nei centri maggiori e avere reddito più sicuro, spopolamento delle zone montane, decollo dell’industria a scapito del comparto agricolo, scioperi, diffusione del socialismo. In pratica, iniziava lo sgretolamento della società semplice che da secoli caratterizzava la vita quotidiana. Nella Bergamasca l’evoluzione era più lenta a causa della forza della cultura rurale. La Chiesa si allertava di fronte alla nuova realtà in formazione che portava a trascurare la pratica religiosa e ad allontanarsi dai valori cristiani. I vescovi più sensibili tastavano in profondità la realtà della diocesi per esplorare nuove strategie, mentre altri idealizzavano il tempo passato, scivolando in sterili lamentazioni. Anche i questionari inviati ai parroci per la visita pastorale subivano una profonda trasformazione con l’irruzione di centinaia e centinaia di quesiti, che investigavano anche ambiti fino ad allora inesplorati o assenti nelle analisi dei vescovi.

GIACOMO MARIA RADINI TEDESCHI (1905-14)

Mons. Giacomo Maria Radini Tedeschi

Della pattuglia di vescovi intrepidi faceva parte indubbiamente Giacomo Maria Radini Tedeschi, piacentino, uomo del progetto e di un attivismo prodigioso tanto da sconcertare il clero bergamasco. A pochi mesi dal suo ingresso, iniziò la visita pastorale (1905-09), per conoscere subito la realtà diocesana, a cui ne sfece seguire una seconda (1911-14) per le parrocchie più importanti. Fu accompagnato come convisitatore dal fedele segretario don Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro papa Giovanni XXIII. Il questionario inviato ai parroci era suddiviso in ben 29 parti, con domande anche su archivio parrocchiale, biblioteca del clero, associazionismo cattolico, stampa, lavoro festivo, scuole, maestri, osterie (allora molto diffuse e viste in concorrenza alla parrocchia perché distoglievano dalle Messe e dalla dottrina cristiana). La visita pastorale gli mostrò l’incrinatura dell’immagine monolitica della «prima diocesi d’Italia», come gli aveva detto papa Pio X all’atto della nomina alla sede orobica. Giudicò il clero come attivo, zelante e vicino ai fedeli, anche se non brillante per cultura, restio all’organizzazione, facile al pettegolezzo e ancora diffidente verso il movimento cattolico. Il Radini, non facile alle lodi, affermò che nelle parrocchie aveva trovato dovunque «il sufficiente, in moltissimi luoghi il conveniente e di non pochi davvero l’eccellente». Alla prima visita pastorale fece seguire un eccellente Sinodo (1910), atteso invano dal 1724.

LUIGI MARIA MARELLI (1915-36)

Mons. Luigi Maria Marelli

Della pattuglia dei vescovi nostalgici e pessimisti sul tempo presente apparteneva Luigi Maria Marelli, milanese, che dimostrò un «insieme di diffidenza e di paura di tutto ciò che è nuovo, è più preoccupato di schivare gli inconvenienti e di risolvere lì per lì alla meglio le singole questioni quotidiane che di segnare una linea di programma e di dare ad esso un impulso energico» (Roncalli). Fortunatamente la diocesi, grazie alla struttura consolidata dal predecessore, superò positivamente le non facili vicende del periodo (Amadei). Con l’avanzare dell’età, il Marelli fu sempre meno capace di guidare la diocesi, che rasentava «un po’ di anarchia» (Amadei), per cui la Sante Sede gli impose Adriano Bernareggi come coadiutore con diritto di successione. La sua visita pastorale, non minuziosa come quella del Radini, gli fece esprimere un giudizio lodevole sulla diocesi e sul clero.

ADRIANO BERNAREGGI (1936-53)

Mons. Adriano Bernareggi

Il governo diocesano passo nelle mani sicure del vescovo Bernareggi già nel 1932, al suo arrivo come coadiutore. La prima visita pastorale (1934-39), conclusa con un Sinodo, fu molto attenta e minuziosa. Le domande del questionario dimostravano una grande capacità di lettura della realtà. La visita gli mostrò una diocesi molto attiva, ma ancora troppo legata agli schemi del mondo rurale che stava tramontando, mentre non pochi parroci restavano convinti della tenuta religiosa grazie alla religiosità tradizionale o allo scarso successo dei comunisti alle elezioni. Questa realtà era attentamente ristudiata anche nella seconda visita pastorale (1949-51), con domande sul volto sociale della parrocchia (operaia o contadina, pendolarismo, emigrazione, gioventù, socialismo).

(Continua…)