L’agenda si riempie, di nuovo. Voglio un’agenda da servo inutile

“Don, questa settimana hai un’oretta per la nostra chiacchierata?”. “Caspita.. tutto pieno, facciamo domenica pomeriggio prima delle 16 o inizio settimana prossima!”. Era da tempo che non mi capitava di dover dare questa risposta. In zona rossa le riunioni erano online, in zona arancione qualche breve riunione serale era in presenza, ma i colloqui quasi esclusivamente online. Ora, con la zona gialla e il tempo estivo in arrivo, riparte tutto in presenza, forse eccetto gli scrutini scolastici (che pure preferirei svolgere in presenza..). Insomma, mi basta dare un’occhiata alla mia agenda, una Moleskine nera con i giorni sulla pagina sinistra dove segno gli appuntamenti e le righe sulla destra, dove appunto quello che devo preparare per quelle giornate e quegli incontri, per accorgermi che l’agenda si sta riempiendo. Alla faccia di chi, più o meno scherzosamente, mi dice che i preti, oltre la Messa, hanno ben poco da fare e dovrebbero provare ad andare a lavorare… Beh, rinnovo loro il mio invito (ai più scherzosamente, a qualcuno un po’ meno) a prendere il mio posto per un mesetto, eccetto che a Messa (quella la celebro volentieri io); rilancio loro pure la mia scommessa: tempo dieci giorni mi restituiscono il mio incarico di vicario interparrocchiale. Battute a parte, questo riempimento mi suscita riflessioni. E una speranza, che ho chiarissima: non voglio che la mia agenda torni ad essere quella del tempo pre-pandemico. Non può, non deve tornare così. Significherebbe che questo tempo di prova, le tante persone che non ci sono più, perfino quanto ho meditato nella preghiera sulle letture della Messa quotidiana verrebbe spazzato via e gettato come scarto da eliminare e dimenticare. E sarebbe grave, gravissimo. Ne andrebbe della mia umanità e della mia fede. Il tempo della pandemia deve insegnarci qualcosa: non possiamo permettere sia soltanto una parentesi che, una volta chiusa, condurrà a un ritorno alla vita vissuta fino al febbraio 2020.

In questi mesi ho ascoltato persone, accompagnato esistenze ferite, dato tanto tempo alla preghiera; ho anche letto e studiato, per capire la vita, la società, gli uomini e le donne, la Sacra Scrittura, la teologia e la pedagogia. E ho sperimentato la bellezza dell’inutilità. Sì, a oratorio chiuso ho sperimentato di essere inutile, perché la vita va avanti benissimo anche se il prete non può aprire gli oratori e non può far riunioni (e, lo scorso anno, per qualche settimana, nemmeno la Messa con i fedeli). Ma, attenzione, non è quell’inutilità che conduce a rassegnazione e risentimento, ma quell’inutilità del servo inutile del Vangelo, che fa quello che deve fare e, se ha un valore, ce l’ha proprio per la sua inutilità. Perché, in fondo, come ha scritto splendidamente don Ivo Seghedoni in un suo testo, “l’esperienza cristiana non è nell’ordine dell’utile, ma dell’in-utile. È nell’ordine del non necessario. Si vive la vita cristiana e si partecipa alla preghiera, alla fraternità e al servizio di una comunità cristiana non perché “serva” a qualcosa, ma perché si ama vivere qualcosa di gratuito, di libero, di “inutile”. Convinti che ciò che nutre, ciò che anima la speranza, ciò che motiva la gioia di vivere, è questo “non utile”, più decisivo e appassionante di qualsiasi cosa utile e necessaria. Anzi, ogni cosa necessaria assume spessore e vita perché ha dietro una motivazione che si pone sul piano della passione, dell’amore, della fiducia, della speranza …, cioè dell’inutile.” 

Sì, io un’agenda piena dalle sette del mattino a mezzanotte, con la rincorsa a “pezzi” di breviario e preghiera da vivere lottando con il sonno, tutto per accumulare prestazioni, per paura che, senza queste, la Chiesa e la pastorale non servano o non diano sufficiente visibilità al fare della Chiesa, non la voglio più. Farò quello che devo fare, è chiaro: farò il curato degli oratori, con tutto ciò che vi è annesso, insegnerò a scuola con passione e impegno. Ma voglio spazi di relazioni che non rispondano alla logica dell’ “utile” economicamente intesa: voglio dare più tempo alle persone e alle loro storie. E alla mia storia con Dio. E chi dirà che il prete non fa nulla? Beh, mi spiace per lui.. : sappia che non mancherà la mia preghiera, forse inutile, ma spero gradita a Dio.