Il coraggio di Naomi Osaka: affrontare le proprie ferite per vincere di nuovo

Naomi Osaka indossa una mascherina con il nome di Emmet Till, una delle tante vittime di violenza razziale negli Stati Uniti

Ha iniziato a giocare a tennis quando aveva solo tre anni, oggi ne ha 23 ed è al numero 2 del ranking Wta, la classifica delle migliori tenniste del mondo. Il suo curriculum è una lista di grandi vittorie. Naomi Osaka, però, in questi giorni è diventata famosa per un altro motivo: ha lasciato il Roland Garros, una delle competizioni sportive più importanti, perché, come ha dichiarato lei stessa “la sua salute mentale non è buona” e ha preferito prendersi del tempo per affrontare il problema. Questa decisione non è maturata sicuramente a cuor leggero e le è costata fra l’altro una multa da 15 mila dollari. 

Naomi Osaka è una giovane piena di coraggio: l’anno scorso durante l’Us Open 2020 (che poi ha vinto) è scesa in campo indossando in ogni partita una mascherina diversa, con il nome di una persona afroamericana che ha perso la vista per abusi di violenza. Lei stessa, nata da un matrimonio misto, con il padre haitiano e la madre giapponese, ha vissuto in giro per il mondo, in Giappone e negli Stati Uniti, e ha già sperimentato in molti modi cosa significa sentirsi “straniera” e “diversa”, ha dovuto confrontarsi con l’ostilità e i pregiudizi. Questa volta – probabilmente sfibrata dagli impegni, dagli allenamenti, in un ambiente che spinge gli atleti a superare continuamente i propri limiti per arrivare “al massimo” – ha parlato pubblicamente di “malattia mentale”, infrangendo un tabù molto forte nel mondo dello sport, dove l’immagine di una campionessa come lei ha un valore – anche economico – elevato. È stato un gesto forte e significativo. Questa volta potrebbe aiutare tante persone che come lei devono lottare con la depressione a rompere il silenzio. Il suo esempio potrebbe essere importante per chi ha paura di confessare il suo disagio perché non vuole ritrovarsi addosso lo stigma e l’esclusione sociale. Secondo il sentire comune, infatti, “se non stai bene, se le tue performance non sono al massimo, sei un fallito”. Ma Naomi Osaka stavolta ha tirato un gran rovescio agli stereotipi, in un momento in cui la pandemia ha reso ancora più importante mostrare che la fragilità è parte integrante della nostra vita, e che ognuno di noi è fatto anche del dolore e delle ferite che porta nel cuore.