«Mi rimetto in gioco»: offrire una seconda possibilità, un’opportunità di rinascita è l’obiettivo del progetto messo in atto nella “Terra delle fragilità-Cet 9”, promosso da Caritas locale, i Centri d’Ascolto di Villa d’Almè e Sant’Omobono, le tre conferenze San Vincenzo della zona e l’associazione Bondequo, legata al gruppo missionario di Villa d’Almè. Un progetto attuato proprio nel territorio dove il vescovo monsignor Francesco Beschi ha iniziato in questi mesi il suo pellegrinaggio pastorale. Un esempio positivo di collaborazione e coordinamento tra diverse realtà che si occupano di fragilità in questa zona.
«“Mi rimetto in gioco” è un progetto di respiro ecclesiale, partito prima della pandemia – sottolinea Nino Romano, responsabile della Caritas di Villa d’Almè. Questo ci ha dato un vantaggio notevole, perché ha avviato connessioni e rapporti di collaborazione che sono stati le nostre armi segrete in un momento così complicato. Ci hanno mostrato concretamente che mettersi in rete dà una marcia in più di fronte alle difficoltà”. Ogni anno vengono offerte nel territorio sette borse lavoro, con uno stanziamento di circa 15 mila euro: “Ne hanno usufruito – prosegue Nino – sia adulti disoccupati, sia giovani e in particolare alcuni “neet” (rimasti fuori da percorsi di studio e lavoro). Durano in media sei mesi, vengono affidate attraverso il Comune oppure con alcune cooperative, ma il modo in cui si realizzano dipende dai progetti formulati in base alle esigenze e alle prospettive dei diretti interessati. A volte la durata si prolunga, il nostro auspicio è che questa iniziativa possa dare lo slancio per migliorare stabilmente la loro situazione, anche se sono rari i casi in cui la borsa si trasforma in una vera e propria assunzione».
«In questo periodo – sottolinea Massimiliano Fumagalli, coordinatore del centro d’ascolto Caritas di Cepino-Sant’Omobono – è difficile trovare cooperative che possano attivare posizioni di lavoro per il progetto “Mi rimetto in gioco”. Ci auguriamo che questo momento di difficoltà, causato dalla pandemia, termini presto. Ci è capitato di attivare anche tirocini lavorativi in ambienti parrocchiali magari con un servizio di pulizie in parrocchia o al Santuario della Cornabusa. Le persone devono essere coinvolte nel loro percorso per poter essere autonome e autosufficienti, con risorse proprie».
Il Centro d’Ascolto di Sant’Omobono puà contare su una quindicina di volontari, la maggior parte ha dai 70 anni in su. Da quando è iniziata la pandemia per tutelare le persone più anziane solo i cinque più giovani si occupano dello sportello e della distribuzione dei pasti ai bisognosi.
«Il lavoro – sottolinea Fumagalli – in questo momento è uno dei bisogni più evidenti, per questo progetti come “Mi rimetto in gioco” sono preziosi. Con il covid la situazione è notevolmente peggiorata, soprattutto per le persone immigrate che hanno a volte una situazione stabile da molto tempo in Italia ma non hanno intorno una rete di sostegno sociale e hanno pochissimi mezzi su cui contare. Stiamo offrendo loro un pacco viveri, il pagamento di alcune utenze e aiuti promossi anche in collaborazione con la Caritas di Bergamo. Alcune situazioni si sono protratte nel tempo, altre persone invece sono costrette a tornare allo sportello a intermittenza, perché non riescono a trovare alternative, spesso ottengono solo contratti precari».
La Valle Imagna ha una vocazione prevalentemente edilizia: ci sono molti muratori che escono al mattino e rientrano alla sera lavorando a giornata, ma questo settore – come molti altri – negli ultimi tempi è andato in crisi. Anche il settore della cura alla persona – pulizie di casa, badanti – è stato messo in difficoltà dalla pandemia.
Mette in atto principi e azioni analoghe il Centro d’ascolto interparrocchiale, nato nel 1996 a Villa d’Almè, punto di riferimento per tutte le comunità della fraternità 1 della Cet 9.
“I volontari sono una quindicina – sottolinea il coordinatore Gianmario Salvi – di età media intorno ai 55 anni, e di solito si alternano per garantire i turni di apertura. Con il lockdown e poi con l’alternarsi di zone rosse e arancioni, però, abbiamo dovuto individuare strade diverse. Abbiamo preparato borse di generi di prima necessità da recapitare in collaborazione con i Servizi sociali del Comune alle famiglie in difficoltà, che in questo periodo sono sensibilmente aumentate”. Sono state distribuite in un anno circa 12 tonnellate di generi alimentari. Sessanta famiglie del territorio sono state aiutate grazie al fondo “Ricominciamo insieme” e altre ventotto con il progetto “Nessuno resti indietro”, entrambi promossi da Caritas diocesana. “Negli anni – osserva Gianmario – sono aumentati i nuclei italiani in difficoltà, che ora superano il 50%”.
L’attività della Caritas non si limita alle iniziative concrete a favore dei più fragili: “A Villa d’Almè – racconta Nino – è nata nel 1993 e fin dall’inizio è stata presente nel Consiglio pastorale per raccogliere e stimolare la sensibilità caritativa in tutti i gruppi e le associazioni, con una funzione di animazione e di coordinamento. Ora sicuramente la pandemia ci sta spingendo a una riflessione profonda, che forse porterà cambiamenti nel nostro modo di agire e di partecipare alla vita della comunità”. Fra i progetti attuati negli anni ci sono anche una scuola di italiano, con tante iniziative “di socializzazione e di integrazione reciproca, promuovendo il dialogo tra culture diverse”, e la gestione di alcuni alloggi di emergenza dedicati a situazioni di particolare fragilità. Le comunità della zona rispondono con generosità agli appelli dei gruppi caritativi: “Anche nel periodo della pandemia – conclude Nino Romano – le nostre parrocchie hanno messo molto in comune. Ci sono periodicamente raccolte di offerte dedicate ai nostri progetti, spesso alimentate da donazioni di privati e iniziative spontanee. Nell’ultimo anno abbiamo sofferto molto la solitudine e la mancanza di relazioni, speriamo di poter presto riprendere a ragionare insieme sul futuro e ad ascoltare davvero, da vicino”.